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La Stampa Rassegna Stampa
23.07.2012 Darsi fuoco per protesta: tragedia personale ?
L'articolo di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 23 luglio 2012
Pagina: 16
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Israele, s'immola un altro indignato»

Sulla STAMPA di oggi, 23/07/2012, a pag.16, con il titolo " Israele, s'immola un altro indignato", la cronaca di Aldo Baquis sul suicidio di Moshe Silman dopo che si era cosparso di benzina e dato fuoco.
Ecco l'articolo:

Nell’estate 2012, la protesta sociale degli indignati in Israele vede, con suo massimo orrore, in prima fila, le torce umane. E adesso teme che possa diventare un terribile domino. A indicare la strada, nel primo anniversario delle manifestazioni di piazza, è stato sabato 14 luglio l’attivista sociale Moshe Silman, 58 anni, che si è cosparso di benzina e si è dato fuoco ai margini di una manifestazione a Tel Aviv, dopo aver distribuito duri volantini di protesta contro il premier Benjamin Netanyahu e il suo ministro delle Finanze.

Nei giorni successivi altri cinque israeliani hanno cercato di suicidarsi col fuoco, dopo aver maturato la sensazione di essere rimasti con le spalle al muro: ma sono stati fermati in tempo da guardie, o passanti. Ieri tuttavia un altro «indignato» - Akiva Mafi’I, 45 anni - ha destato orrore fra i passanti della cittadina proletaria di Yahud, 20 chilometri da Tel Aviv, quando si è versato addosso un liquido combustibile e si è appiccato il fuoco. Le fiamme lo hanno presto avviluppato, assieme con la sedia a rotelle su cui era costretto. Automobilisti di passaggio hanno estratto estintori: ma all’arrivo dell’ambulanza, l’uomo aveva ormai ustioni sull’80 per cento del corpo. «Difficilmente sopravviverà», prevedono i medici. La sua vita era stata segnata a 23 anni da una ferita riportata nel servizio militare: il resto della esistenza era trascorso negli uffici della assistenza sociale.

Nelle stesse ore, a breve distanza, si sono svolti i funeral di Silman: un piccolo imprenditore trascinato sul lastrico, a suo dire, da anni di prevaricazioni da parte di una burocrazia ottusa. Centinaia di attivisti sociali seguivano il suo feretro, con slogan e bandiere. «Siamo tutti Silman» affermava un cartello. Secondo gli assistenti sociali, gli israeliani che versano in condizioni estreme di indigenza sono almeno 15 mila. Ogni anni in Israele i suicidi sono 400-450.

Ma il gesto di Silman ha avuto un effetto dirompente: perché non si è tolto la vita di nascosto, nella propria stanza di fortuna che in precedenza aveva ospitato animali, bensì in piedi, nel centro di Tel Aviv, maledicendo ad alta voce la politica economica del Likud. Da qui, affermano i sociologi, il rischio che il suo suicidio possa essere emulato. Di fronte ai suicidi l’ebraismo è severo: ordina che siano sepolti in appezzamenti separati.

Per Silman il rabbino capo Shlomo Amar ha fatto ricorso a una dose di clemenza, supponendo che nel momento estremo non fosse in grado di distinguere fra bene e male. Ma ieri, di fronte al tentato suicidio di Mafi’I lo stesso rabbino Amar ha lanciato un appello pubblico ed accorato. «Mai e poi mai togliersi la vita», ha esclamato. «Sempre troverete un ebreo caritatevole che vi darà una mano». Eguale allarme è stato espresso dai dirigenti del movimento di protesta J14: manifestare è morale - hanno ribadito - ma suicidarsi è sempre uno sbaglio.

Di Silman Netanyahu ha detto che si è trattato di una «terribile tragedia personale»: dunque priva di un significato sociale generale. La stampa di destra accusa il movimento di protesta di aver creato una grande «pentola a pressione» allo scopo di spingere al suicidio elementi marginali. Secondo questa teoria, Silman (e Mafi’l) sarebbero vittime dei loro stessi compagni.

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