Il CORRIERE della SERA di oggi, 18/07/2012, a pag.12, pubblica due servizi sulla Libia di Lorenzo Cremonesi. Il primo, con il titolo "In Libia vittoria a metà dei liberali, il rebus dei candidati indipendenti", analizza le difficoltà di formare il governo. Il secondo, dal titolo "Non siamo fanatici e non vogliamo il velo" è una intervista con Mohammed Sawan, l'ex leader religioso dei Fratelli Musulmani.
Cremonesi scrive la parola 'liberale' senza tenere conto che quel termine non ha nessun significato nel linguaggio arabo-islamico. Anche se può esserci una parte della società libica, in ogni caso irrisoria come numero, che potrebbe schierarsi su posizioni non fanaticamente islamiche. Ma ciò che accomuna le varie posizioni politiche è la Sharia. Dimenticarlo, come fa Cremonesi, è pericoloso, perchè dà della Libia un ritratto che non corrisponde alla realtà. Certo, i Fratelli Musulmani, in un primo momento si presentano come una forza poltica aperta e moderata, giacca e cravatta, all'occidentale, niente galabja, barba rasata, ma l'avviso che lanciano è chiaro: la Sharia arriva, prima o poi. Questo sarà il destino anche della Libia.
E la Sharia non si interpreta, la si applica.
Ecco i due articoli:
"In Libia vittoria a metà dei liberali, il rebus dei candidati indipendenti"

DAL NOSTRO INVIATO
TRIPOLI — Sarà una lunga estate di negoziati per la formazione del primo governo eletto democraticamente dalle ceneri della dittatura di Muammar Gheddafi quella che attende i 200 membri del nuovo Parlamento nato dalle elezioni del 7 luglio. Sarà il polo liberale a fare la parte del leone, forte della maggioranza relativa guadagnata sugli 80 seggi destinati ai partiti. Ma è ancora lunga la strada per arrivare alla soglia dei cento seggi più uno necessaria a garantire la governabilità. E i Fratelli musulmani potrebbero lavorare di sponda cercando consensi tra la pletora di candidati indipendenti. Ieri sera la Commissione elettorale si è riunita nelle sale lussuose del grande centro congressi presso l'Hotel Rixos per comunicare i risultati ufficiali.
Il pubblico, i circa 3.000 candidati e gli esponenti degli oltre 130 partiti in lizza hanno ora due settimane di tempo per chiedere chiarimenti e presentare contestazioni. A fine luglio verranno ufficializzati i risultati definitivi, verrà sciolto il vecchio Consiglio nazionale transitorio (nato sin dai primi tempi delle sommosse nel febbraio 2011) ed entro la prima settimana di agosto dovrebbe riunirsi il nuovo Parlamento. «Non avremo un nuovo governo prima di settembre, la sfida che attende i nuovi politici è gigantesca. Si tratta di avviare complicate trattative con i candidati indipendenti. Molti dei quali non hanno alcuna vera posizione ideologica e sono pronti a schierarsi con il maggior offerente», ci ha detto Khaled Alì Sahli, membro influente della Commissione elettorale. La lettura dei risultati è proseguita a lungo nella serata, verso le 23 è emerso comunque evidente che la coalizione formata da una sessantina di liste e guidata dal liberale Jibril sarà il vero ago della bilancia.
Non è sicuro che Jibril si candidi al posto del premier. «Potrebbe attendere i 18 mesi di questa legislatura transitoria, sostanzialmente finalizzata a formulare la nuova Costituzione. E invece candidarsi alle prossime elezioni, guidando da dietro le quinte il nuovo governo ad interim», sostengono i suoi consiglieri più prossimi. La prossima fase della politica in Libia si svolge dunque sul cercare di mettere assieme gli 80 deputati eletti nei ranghi dei partiti con i 120 indipendenti, molti dei quali sconosciuti agli stessi esponenti dei gruppi maggiori. Ieri sera è stato comunque definito che il partito guidato da Jibril, l'«Alleanza delle forze nazionali», controlla 39 seggi, contro i 17 di «Giustizia e ricostruzione», la lista dei Fratelli musulmani. Tra le ipotesi più diffuse quella di una coalizione di unità nazionale tra le due liste maggiori. A sostenere Jibril sono i 2 deputati legati al gruppo di Alì Tarhouni, ministro del Petrolio dimissionario, oltre ai 3 del «Fronte nazionale» di Mahmoud al-Meghrafi, storico intellettuale della dissidenza a Gheddafi in esilio che veniva dato tra i favoriti e invece rimane deluso. Forte delusione anche per «Al Watan» di Abdel Hakim Belhaj, leader salafita di spicco che fu tra i combattenti della «guerra santa» al fianco dei talebani in Afghanistan e poi catturato dalla Cia, prima di venire consegnato otto anni fa agli aguzzini di Gheddafi. Sperava di andare bene grazie alla fama conquistata durante le rivolte come capo militare della regione di Tripoli. Ma non avrebbe guadagnato neppure un seggio. Anche Darna, la sua roccaforte sulle montagne della Cirenaica religiosa, vota in massa per Jibril. Quanto alle candidate donne, ieri sera tardi i giornalisti libici le stavano ancora contando, pare siano più di trenta.
" Non siamo fanatici e non vogliamo il velo"

DAL NOSTRO INVIATO
TRIPOLI — «Sotto il nostro governo le donne saranno libere di scegliere se coprirsi il capo con l'hijab o meno. L'Islam è un modo di vivere completo e coerente. Ma noi non intendiamo imporlo con la forza, anche se riteniamo evidente che la sharia (la legge islamica) sarà alla base della prossima legislazione». Mohammed Sawan risponde quasi con fastidio alle domande riguardanti la questione femminile e l'Islam: «Chi pensa che la religione musulmana reprime le donne non la conosce o cerca di denigrarla». Si è tolto la lunga tunica bianca che portava l'anno scorso al tempo della rivoluzione e ora indossa giacca e cravatta. Segno tangibile del suo cambio di ruolo: da leader religioso dei Fratelli musulmani in Libia (per 8 anni nelle prigioni di Gheddafi) a capo del loro braccio politico, il partito «Giustizia e ricostruzione», che ora mira a diventare partner centrale del prossimo governo.
Come spiega il vostro scarso successo elettorale come partito?
«Nostro punto di forza sono i candidati indipendenti, molti di loro sono in verità schierati con noi».
Quanti?
«Probabilmente la maggioranza degli eletti nelle liste individuali. E comunque noi ci siamo piazzati bene a Misurata e nel Sud. Siamo stati molto contenti delle elezioni. Abbiamo tutti i numeri per guidare il prossimo governo coalizzati con gli indipendenti».
E non pensa a un governo unitario con Jibril?
«È una possibilità che non scartiamo. Ma va esplorata».
Pensa che i successi dei Fratelli musulmani in Egitto e Tunisia influenzino la Libia?
«Assolutamente sì. È un fenomeno regionale. Abbiamo la stessa ideologia, ci rafforziamo a vicenda».
Come intende rassicurare i libici laici, specie in Tripolitania, spaventati dalla crescita dell'elemento religioso?
«Quella libica è una società conservatrice. In verità noi siamo molto più voluti e amati di quanto si racconti sui media occidentali».
Come intende smantellare le milizie?
«Sarà un processo lento e graduale. Ai miliziani verrà offerto di far parte delle forze di sicurezza, senza differenze tra esercito o polizia».
E i rapporti con l'Italia?
«Resteranno ottimi, come sono sempre stati. Non muteremo i contratti riguardanti i prodotti petroliferi. Se ci sarà un cambiamento, sarà per il meglio».
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