Questioni immobiliari
Abu Mazen, Bibi Netanyahu
Cari amici,
in fondo la contrapposizione fra Israele e gli arabi locali si può raccontare come una causa immobiliare: di chi è la terra? Chi ha diritto di abitarvi? Chi può costruirvi? E, se lo fosse, le contraddizioni arabe sarebbero tantissime. Per esempio, l'Autorità Palestinese non vuole assolutamente che Israele costruisca dentro le "colonie" che si trovano sulla terra di cui non è ancora chiara la proprietà - tant'è vero che se ne discute. A dire il vero questa pretesa è recente, prima della presidenza Obama non ne avevano mai parlato, nei trattati di Oslo non ce n'è traccia, ma essa ora è veemente e ultimativa: non un pollaio, non un balcone, né a Gerusalemme né in Giudea e Samaria, se no non si fanno le trattative, che infatti non si fanno - tanto che viene da pensare che la questione dei pollai e dei balconi nelle "colonie" sia solo un pretesto per non farle (e tocca ad Israele, naturalmente, trovare "incentivi" per indurre i virtuosi palestinesi a tornare al tavolo negoziale: http://www.jpost.com/DiplomacyAndPolitics/Article.aspx?id=277497...)
Ma torniamo alla disputa immobiliare. Benissimo, in questi termini si può capire, anche se ci sono di mezzo storie un po' più grosse come una guerra e la storia millenaria: se un terreno è conteso, nessuno deve modificarlo, fare come si dice dei "fatti sul terreno". Ma appunto, nessuno. Quel che l'Autorità Palestinese non dice e tacciono anche i giornali e i politici di mezzo mondo è che essa su quei terreni costruisce eccome, non pollai, ma grattacieli e paesi e città (http://www.reuters.com/article/2010/08/02/us-palestinians-israel-construction-idUSTRE67129P20100802; http://www.emporis.com/city/ramallah-palestinianterritories). Come la mettiamo? O si blocca tutto, ma tutto e non si costruiscono balconi ad Ariel e Maleh Adumim e perfino a Gilo, ma neanche grattacieli e centri commerciali a Ramallah e a Jenin. Oppure si costruisce secondo le necessità, ciascuno nel pezzo che controlla e nel frattempo magari si discute e si cerca di mettersi d'accordo.
Altra contraddizione, ben nota, ma val la pena di ripetere. C'è una idea diffusa e spesso ripetuta a destra e a manca, anche da fonti illustri, cardinali di Santa Romana Chiesa, filosofi deboli, pacifisti combattivi, secondo cui l'intera Striscia di Gaza, che non è piccolissima, 50 km di lunghezza per 10 di larghezza circa, sia un Lager, un immenso campo di concentramento, una Auschwitz a cielo aperto e via deprecando. Be', in termini puramente immobiliari, senza valutazioni su quel che vi accade, si può ritenere che la tipologia del Lager sia alquanto degradata, con baracche tutte uguali e affollatissime, senza verde o strutture di divertimento, senza alcun lusso. Guardate per favore queste immagini (http://www.israpundit.com/archives/47550#) e ditemi se la classificazione immobiliare in campo di concentramento vi sembra giusta. Da mancato impiegato di un'agenzia di vendita di case, la trovo, come dire, un tantino sottostimata.
Terza contraddizione. Come sapete gli arabi e i loro amici europei strillano moltissimo ogni volta che una costruzione abusiva viene abbattuta a Gerusalemme e dintorni: è l'imperialismo, il colonialismo, l'occupazione. Guardate qui, per esempio (http://boicottaisraele.wordpress.com/tag/demolizione-case/). C'è addirittura una intera Ong che si occupa di lottare contro questa malvagissima applicazione della legge: http://www.webgaza.net/palestine/ngo_profiles/ICAHD.htm. Piccolo problema: che succede se a distruggere "case palestinesi" abusive e costruite su suolo pubblico è un'autorità araba, e magari anzi la più dura e pura di tutte, il "governo" islamico di Hamas? Capita, ecco qui la cronaca (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/157650#.UAFC2vXFniz). Vi dico che cosa succede: niente. Tutti buoni, tutti zitti, neanche l'ombra di una protesta. Perché se il sindaco di Gerusalemme, regolarmente eletto e obbligato a rispondere a leggi e regolamenti, fa applicare il piano regolatore, il suo è un crimine; ma se lo fa il "governo" di Gaza, frutto di un sanguinoso colpo di Stato e del tutto disinteressato a sottoporsi a verifiche elettorali, be' quello è normale.
Ultima contraddizione immobiliare, almeno per oggi. Come sapete, buona parte dei "poveri palestinesi" vive da sessant'anni nei campi profughi. Sessant'anni fa o poco più ci viveva anche un bel po' di italiani, esuli dall'Istria e dalla Dalmazia. Io mi ricordo personalmente alcune di quei baraccamenti sull'altipiano del Carso, vicino a Trieste. Poi abbastanza presto chiusero, per fortuna o piuttosto per giusto impegno collettivo: i profughi erano stati ricollocati, avevano ricevuto appartamenti e rimborsi. Questo non cancella la pulizia etnica esercitata dalle truppe di Tito, ma in una decina d'anni i problemi personali più urgenti furono risolti, in Italia come nel resto d'Europa, dove i profughi erano milioni e così anche in India dopo la scissione del Pakistan e altrove. Solo i "profughi" palestinesi, i loro figli, nipoti, pronipoti, pro-pronipoti sono destinati a restare per sempre nei campi, per la semplice ragione che i paesi che li ospitano, inclusa l'Autorità Palestinese, che dovrebbe essere il loro governo, non hanno mai fatto nulla per ricollocarli. C'è addirittura un'Agenzia dell'Onu, l'UNRWA che invece di cercare di trasformare gli abitanti dei campi in gente normale, ha cura di mantenerli come tali e di assegnar loro il titolo ereditario di profughi. Come se un ospedale avesse cura soprattutto di mantenere a malati e infortunati il loro statuto sanitario, cercasse di impedire che guarissero, anzi trasmettesse in eredità la malattia a figli ed eredi per saecula saeculorum.
Bene, voi potete pensare che si tratti di - come dire - pigrizia mediorientale, che i poveri governi arabi (e anche quelli meno poveri, forniti di petrolio a volontà) non abbiano trovato il tempo, le energie e i soldi per occuparsi di questa cosa. Falso. I governi mediorientali vogliono fortemente non integrare i profughi, che in questa maniera servono loro per tenere aperta la "questione palestinese" e demonizzare Israele. C'è una storia molto carina in proposito, che vi invito a leggere qui: http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/06/07/il-mito-dei-campi-profughi-2/. Conquistata Gaza nella guerra del '67, Israele si pose il problema dei profughi e cercò di risolverlo a modo suo, cioè in maniera pragmatica e operativa: si mise dunque a costruire nuove case e villaggi decenti per loro, distruggendo i vecchi campi. Sapete che cosa accadde? Che l'Olp (l'organizzazione per la Liberazione della Palestina, di cui l'attuale Autorità Palestinese è il braccio operativo dopo Oslo), si mise a strillare come un'aquila e ottenne un paio di risolzioni dell'Onu - eh già, l'Onu - per diffidare Israele da questo terribile abuso. Per esempio, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite Risoluzione 34/52 del 23 novembre 1979 dichiara che: “le misure di reinsediamento dei rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza, allontanati dalle loro case e proprietà dalle quali sono stati spostati, costituisce una violazione del loro diritto inalienabile al ritorno; Invita ancora una volta Israele a desistere dalla rimozione ed il reinsediamento dei profughi palestinesi nella Striscia di Gaza" (http://unispal.un.org/unispal.nsf/a06f2943c226015c85256c40005d359c/0c3dd3aff78323e5852560da006da567?OpenDocument). Israele la smise, naturalmente: come aiutare chi ti sputa in un occhio per il fatto che lo aiuti?
Ecco, vedete, il conflitto in Medio Oriente è anche una questione immobiliare. Ma non certo quella che propagandano i megafoni arabi.
Ugo Volli