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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2012 Siria: armi iraniane in arrivo nascoste su voli di linea tedeschi
analisi di Maurizio Molinari, cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2012
Pagina: 11
Autore: Maurizio Molinari - Giordano Stabile
Titolo: «Così l’Iran sfrutta la Germania per spedire armi a Damasco - Gli abitanti di Tremseh: massacrati nelle case»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2012, a pag. 11, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Così l’Iran sfrutta la Germania per spedire armi a Damasco ", a pag. 10, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Gli abitanti di Tremseh: massacrati nelle case ".
Ecco i pezzi:

Maurizio Molinari - " Così l’Iran sfrutta la Germania per spedire armi a Damasco "


Maurizio Molinari, Mahmoud Ahmadinejad con Bashar al Assad (foto d'archivio)

Teheran fa arrivare i rifornimenti di armi al regime di Bashar Assad sfruttando gli aerei di linea iraniani sulle rotte con Damasco e Beirut ma anche grazie a triangolazioni con tre dei maggiori aeroporti tedeschi: a rivelarlo è il dossier confezionato da una task force dei servizi di sicurezza dell’Arabia Saudita, che ne ha messo al corrente Berlino e altre capitali europee nel tentativo di impedire che gli scali dell’Unione Europea possano essere sfruttati per facilitare le consegne di armamenti destinati a essere usati contro la popolazione civile.

Il dossier è il risultato della scelta di Riad di creare una particolare unità di intelligence per ostacolare gli aiuti di Teheran a Damasco e, più in generale, per impedire alla Repubblica islamica e ai suoi alleati libanesi di Hezbollah di creare in Medio Oriente un network di cellule ostile alle nazioni arabe sunnite. Dal documento emerge che Teheran per far arrivare armi leggere, strumentazioni di intelligence, lanciamissili e, a volte, anche missili, sfrutti soprattutto gli aerei della compagnia di bandiera, l’Iran Air, ripetendo saltuariamente le operazioni con le più piccole Mahan Air e Yas Air. A gestire le spedizioni sono i comandi delle Guardie rivoluzionarie iraniane, che dipendono dalla Guida Suprema della Rivoluzione Alì Khamenei, attraverso la Forza Al Quds, ovvero le proprie unità all’estero.

La direzione dell’intelligence di Riad nel mese di giugno ha deciso di raggruppare circa 50 agenti, in gran parte sauditi ma anche stranieri sotto contratto, con esperienza nell’industria dell’aviazione civile e competenza sulla gestione degli aeroporti internazionali al fine di disegnare una mappa il più possibile dettagliata delle rotte seguite dagli aerei iraniani verso Damasco oppure verso Beirut, da dove le armi vengono poi portate oltre confine via terra dagli Hezbollah.

Ciò che emerge è che il quantitativo maggiore di spedizioni avviene grazie all’Iran Air. In particola re due degli Airbus A300 in servizio fra Damasco e Teheran - codici di volo IRA516 Epibc e IRA517 Epiba - e un Airbus A310 - codice di volo IRA513 Epibk - che vola sulla rotta Teheran-Beirut. Tale traffico viola le sanzioni dell’Onu contro Damasco, votate a seguito della repressione dei civili da parte del regime, ma le autorità internazionali hanno difficoltà a intercettarlo a causa dei voli diretti e dei forti legami politici fra Iran, Siria e Libano. Ma il bisogno di rifornimenti da parte di Damasco è considerevolmente cresciuto negli ultimi due mesi e dunque le rotte Teheran-Damasco e Teheran-Beirut non bastano più ad alimentare le forze di Assad. Da qui la scelta della Forza Al Quds di sfruttare anche gli aerei dell’Iran Air che volano in Europa e soprattutto in Germania. In particolare sono gli scali di Francoforte, Colonia e Amburgo a essere usati per le triangolazioni: gli aerei passeggeri dell’Iran Air arrivano carichi di armi nella stiva e decollano poi per Damasco portando il carico a destinazione. L’entità del fenomeno è tale che, dopo i contatti fra servizi di sicurezza, il governo saudita sta pensando di sfruttare i normali canali diplomatici per chiedere a Berlino, come ad altre capitali europee, di accrescere i controlli e la pressioni sull’Iran Air per bloccare tale traffico.

Se finora la Germania non è intervenuta è per l’assenza di specifiche sanzioni, Onu o Ue, che consentono di limitare le operazioni di volo delle compagnie aeree iraniane o autorizzano ispezioni delle stive degli aerei atterrati. Un’ipotesi potrebbe essere inserire le parti di ricambio per aerei civili nelle sanzioni internazionali: è stata recentemente discussa in seno al gruppo 5+1 che include Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania ma l’intesa ancora non è stata raggiunta.

Il materiale accumulato dai sauditi, secondo fonti di intelligence occidentali, porta a dedurre che le cellule di Al Quds di base all’aeroporto Hariti di Beirut e allo scalo internazionale di Damasco hanno la responsabilità della gestione dell’intera rete di voli, che include i vettori di Mahan Air e Yas Air. Il vicecomandante della Forza Al Quds, Esmail Ghaani, in maggio ha confermato pubblicamente di inviare a Damasco «materiale per sostenere il governo» ed è stato inserito dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nella lista nera degli individui implicati nel traffico di armi con Damasco. Sono il ministero della Difesa e il ministero dell’Intelligence di Teheran a selezionare di volta in volta le richieste di Damasco decidendo cosa spedire: nella maggioranza dei casi di tratta di strumentazioni elettroniche per la sorveglianza di intelligence ma nelleultime settimane sono aumentati anche giubbotti anti-proiettili, fucili automatici, mortai, kalashnikov e munizioni,a seguito del fatto che i ribelli sono riusciti a impossessarsi di alcuni depositi dell’esercito. In singole occasioni Teheran ha imbarcato sull’Iran Air anche missili antinave. La previsione dei sauditi è che questi traffici aumenteranno perché Damasco ha adesso crescente bisogno di pezzi di ricambio per blindati, tank, elicotteri e jeep che non può più acquistare sul mercato a causa delle sanzioni internazionali. La preoccupazione di Riad è che tali spedizioni aeree portino a un’escalation della crisi siriana sui cieli del Medio Oriente e anche dell’Europa, con il risultato di vedere la Forza Al Quds ad estendere ulteriormente le proprie attività. Se Riad considera tali cellule delle Guardie della rivoluzione come il maggiore avversario è per la loro implicazione nel corso del 2011 nel complotto per uccidere l’ambasciatore saudita a Washington, nell’uccisione di un agente di sicurezza saudita a Karachi e nel tentativo di far esplodere l’ambasciata saudita e il ponte re Fahd in Bahrein.

Giordano Stabile - " Gli abitanti di Tremseh: massacrati nelle case "


Bashar al Assad

Il rapporto Onu sul massacro di Tremseh innesca un nuovo braccio di ferro fra Damasco e la comunità internazionale, anche se questa volta il regime di Assad è in un posizione meno scomoda, in quanto nel villaggio della provincia di Hama l’esercito regolare ha sì violato il piano di pace Annan, usando armi pesanti, ma nell’ambito di quello che anche ai caschi blu appare un raid, «un’operazione mirata», per schiacciare un nucleo di insorti. Il ministero degli Esteri siriano ha negato l’uso di artiglieria ed elicotteri, ma alcune testimonianze raccontano di una battaglia durissima, e di uomini uccisi a freddo da miliziani alawiti.

I racconti dei superstiti Particolarmente crudo è il racconto di un abitante di Tremseh raggiunto a casa sua da un giornalista della France Presse al seguito dei caschi blu. Un orrore, «con la gente che veniva sgozzata» dagli shabiha, i miliziani pro-regime. Una persona, racconta, «si è nascosta, rannicchiata in un armadio, ma i soldati l’hanno scoperta e uccisa». Nel retro dell’abitazione ci sono i resti di altre vittime, polverizzate da una granata esplosa nel giardino. Tracce di sangue ovunque sui muri. «Gli autori del massacro - precisano altri abitanti - sono stati gli shabiha, che hanno ucciso con armi bianche e arrestato molti giovani». Il Consiglio Nazionale Siriano, principale forza di opposizione ha subito reagito, invitando gli Stati Uniti a intervenire. «Barack Obama, non può attendere fino alla sua eventuale rielezione per fermare il massacro di civili in Siria», ha commentato il presidente del Cns Abdel Basset Sayda.

La smentita di Damasco La battaglia si è svolta fra giovedì e venerdì mattina. Il numero delle vittime è stimato fra 70 e 200, ma i conteggio è reso difficile dal ritardo con cui sono arrivati gli osservatori dell’Onu sul posto, sabato pomeriggio. Gli attivisti dell’opposizioni sostengono che molti corpi sono stati sepolti in fosse comuni o giacciono ancora sotto i detriti. Ma il governo siriano smentisce sia la strage di civili («solo due vittime») che l’uso di armi pesanti. «L’esercito non ha usato tank, aerei, elicotteri o artiglieria ha riferito il portavoce del ministero degli Esteri, Jihad Makdisi -; le forze di sicurezza hanno usato solo armi leggere e lancia-granate a spalla». Anche gli osservatori, ha continuato, «hanno constato danni a cinque edifici, quelli occupati dagli uomini armati». Per Damasco nell’operazione sono stati uccisi 37 militanti.

Altre 46 vittime negli scontri Dalle versioni contrastanti emerge comunque uno scenario di guerra civile, certificato ieri dalla Croce rossa internazionale: «dai punti caldi di Idleb, Homs e Hama», secondo Ginevra, il conflitto «si è ormai esteso a tutto il Paese». Legalmente ciò significa che i soldati coinvolti non sono più coperti dalla convenzione di Ginevra e quindi più facilmente imputabili di crimini guerra. Secondo l’Osservatorio siriano per diritti umani ieri ci sono state 46 vittime, 17 a Homs di nuovo bombardata. Scontri fra insorti ed esercito si sono registrati anche ad Aleppo e, con violenza mai vista, nei sobborghi di Damasco, tanto che è stata decisa la chiusura della strada che porta all’aeroporto.

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