Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 15/07/2012, a pag. 27, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo "Gilad Shalit da ex ostaggio a star mediatica".
Gilad Shalit con Christophe Bigot, ambasciatore di Francia in Israele
Per la festa nazionale del 14 luglio, l’ambasciatore di Francia in Israele Christophe Bigot ha voluto con sé due ospiti d’onore: il capo dello Stato Shimon Peres e Ghilad Shalit, il soldato liberato lo scorso ottobre dopo una lunga prigionia a Gaza.
In suo onore l’ambasciatore ha sollevato un calice di vino: «La sua presenza testimonia la saldezza delle relazioni fra i nostri Paesi» ha detto a Shalit, che detiene anche la cittadinanza francese. Il giovane si è limitato a replicare con un sorriso impacciato. Per quanto trascurabile, l’episodio è stato ripreso dalla stampa, che è ormai travolta dalle apparizioni in pubblico del giovane per cui il Paese ha palpitato per sei anni.
Da un lato, l’ex prigioniero tace sulla sua traumatica esperienza e sul prezzo che Israele ha dovuto pagare a Hamas: la liberazione di mille palestinesi reclusi per aver realizzato o assecondato attentati terroristici. Dall’altro, Shalit pare ormai onnipresente: in posa nelle discoteche, nei concerti pop, nei set cinematografici e negli stadi di basket.
Ora qualcuno comincia a storcere il naso. In particolare dopo che il quotidiano più diffuso, Yediot Ahronot, gli ha dedicato la copertina di un suo supplemento e ha iniziato a pubblicare una sua rubrica settimanale nelle pagine dello sport. «È evidente – nota il polemista Mati Golan – che la proposta non è scaturita da una sua particolare perspicacia in questioni agonistiche», ma piuttosto, suggerisce, dal tentativo di soddisfare una certa morbosità dei lettori. Verso la famiglia Shalit, l’umore nazionale sta mutando: Ghilad, gli viene mandato a dire, viva pure la sua vita. Ma non urti la sensibilità dei familiari delle vittime degli attentati per i quali la sua liberazione ha significato la riapertura di dolorose ferite.
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