Libia: la democrazia delle Tribù
di Mordechai Kedar
(Traduzione dall'ebraico di Sally Zahav, a cura di Giovanni Quer)
Mordechai Kedar
Il fine settimana scorso si sono tenute, per la prima volta nella storia della Libia, libere elezioni per l'assemblea costituente, che sarà composta di 200 membri, di cui 120 rappresentanti delle tribù e delle città, e 80 scelti dalle liste elettorali nazionali. Secondo le previsioni, le forze islamiche saranno minoritarie in parlamento, benché gli osservatori non sottovalutino la forza del movimento salafita jihadista capeggiato da Abd Elhakim Belhaj.
La struttura sociale libica è influenzata dalla conformazione geofisica dello Stato, il cui territorio è per la maggior parte desertico, costringendo gli individui a insediarsi nelle vicinanze delle oasi, la cui ricchezza influenza la grandezza dell'insediamento. Più piccola è una famiglia, più dovrà esser feroce nella difesa delle proprietà e dell'onore dei propri membri, in particolare delle donne.
Il regime dittatoriale di Gheddafi è stato un ulteriore elemento che ha rafforzato i legami tribali, in quanto la tribù serviva anche come difesa dell'individuo dalle persecuzioni del regime, che deve qui di trattare con la tribù e i suoi leader, con le sue leggi e tradizioni - lo stesso vale anche per i beduini in Israele e in Egitto, dove le tribù trattano con gli Stati.
La realtà inospitale del deserto e la dittatura di Gheddafi hanno rafforzato il legami tribali, rendendo le tribù delle milizie senza scrupoli in combattimento. Le difficoltà generano caparbietà, la lotta giustifica la violenza, e i problemi rafforzano la solidarietà. È per questo che Gheddafi si è dimostrato così spietato e crudele nell'imporre il proprio regime alla popolazione per così lungo tempo. In Libia si dice che ci siano almeno due kalshnikov per abitante, e anche se fosse un'esagerazione, non sarebbe poi così lontana dalla realtà come dimostra l'alto livello di violenza di una società abituata alla vendetta e con aperti conflitti.
In democrazia, i conflitti vengono risolti con metodi non violenti e secondo procedure stabilite dalla legge gli individui agiscono liberamente e non secondini dettami della propria famiglia. Tuttavia non è pensabile di eliminare il sistema tribale in poco tempo, così che si rende necessario il coinvolgimento delle istituzioni tribali, etniche e tradizionali nei sistemi delle giovani democrazie, che devono confrontarsi con problemi di legittimità e sopravvivenza. La società libica è tribale, con un passato dittatoriale ancora forte, e non è pensabile che rinunci alla propria struttura tribale - come dimostra il fallimentare tentativo marxista in sud Yemen. Un detto beduino dice: "è facile far uscire un beduino dal deserto, ma non così facile far uscire il deserto dal beduino".
Dalla caduta di Gheddafi, sono scoppiati molti conflitti tra le tribù e i gruppi etnici principali (arabi e berberi), il cui unico punto di convergenza è l'inutilità della lotta contro il sistema tribale. Così il Consiglio Nazionale, che governa il Paese dalla caduta di Gheddafi, ha assegnato 120 seggi, cioè il 60% del parlamento, agli eletti tra i candidati indipendenti, che rappresentano le tribù, e solo il 40% agli eletti tra le liste nazionali che rappresentano i partiti. I risultati erano prevedibili: gli islamisti erano in minoranza, i liberali in maggioranza. Questa strategia politica è stata elaborata in conseguenza agli sviluppi in Tunisia, dove la grande libertà accordata ai partiti ha permesso agli islamisti di salire al potere, in quanto presentavano un'ideologia conosciuta e coerente, al contrario dei moderati, che presentano invece idee nuove e contrapposte a tradizione e religione.
La shari'a sarà ovviamente fonte del diritto, e non stupisce che sia così, visto che tutti i cittadini libici sono musulmani, ma non sarà applicata così meticolosamente come altrove, poiché le regole tribali prevalgono su quelle islamiche, così che se qualcuno beve birra o whisky in casa non è poi così grave fintantoché rispetta le norme sociali della tribù.
Il nuovo regime dovrà trovare un bilanciamento tra tribalismo e individualismo, tra tradizione e modernismo, tra Islam e moderatismo, tra le forze in gioco nelle regioni di Tripolitania e Cirenaica, tra i vari interessi in gioco.
La sfida che dovrà affrontare la Libia del dopo Gheddafi è grande e la strada lastricata di difficoltà, ma l'unica alternativa sarebbe tornare ad una dittatura e affondare nel sangue dei conflitti tribali. Invio agli amici libici gli auguri dei cittadini israeliani, che possano riuscire nella missione che la storia ha loro affidato, ricordandosi che sulle coste del mediterraneo c'è un piccolo Stato democratico pronto a condividere con la Libia le esperienze in campo industriale, agricolo, idrico, scientifico e artistico.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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