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Il Giornale Rassegna Stampa
13.07.2012 Concedere la grazia a un criminale nazista per via dell'età avanzata ?
La longevità rende meno colpevoli di assassinio ? L'assurda proposta di Mario Cervi

Testata: Il Giornale
Data: 13 luglio 2012
Pagina: 24
Autore: Mario Cervi
Titolo: «Priebke, a 99 anni resta prigioniero dell'ipocrisia di guerra»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 13/07/2012, a pag. 24, l'articolo di Mario Cervi dal titolo "Priebke, a 99 anni resta prigioniero dell'ipocrisia di guerra".


Erich Priebke         Mario Cervi

Cervi sostiene che bisognerebbe concedere la grazia a Priebke per via della sua età avanzata. Il criminale nazista sta scontando un ergastolo, cioè il carcere a vita, perchè, dopo essere stato scovato in Sudamerica è stato processato e ritenuto colpevole per il massacro delle Fosse Ardeatine.
L'età non conta nulla. Priebke può scontare la sua condanna agli arresti domiciliari.
Non è possibile trovare una giustificazione ai suoi crimini, come fa Cervi quando scrive : "
Ma a mio modesto avviso un ufficiale disposto a essere «boia» durante un conflitto epocale, allevato nell'atmosfera fanatica del regime hideriano e da quel regime indottrinato, è meno colpevole, per essersi associato a una spaventosa mattanza, di altri «giustizieri» che, vivendo in una democrazia e avendo la possibilità di conoscere e di dibattere, decisero di mettere a morte degli innocenti in obbedienza a una «causa» dissennata.". La giustificazione 'eseguivo solo gli ordini di una dittatura' non è accettabile, anche se è la scusa che hanno fornito tutti i criminali nazisti quando sono stati processati. E allo stesso modo non è possibile mettere in relazione gli omicidi commessi da Priebke con quelli commessi da altri assassini.
Priebke è stato punito secondo la legge. Il fatto che sia longevo non alleggerisce le sue colpe.
Ecco il pezzo:

Che sia un primato nessuno può metterlo in dubbio. L'Italia è, a quanto risulta, l'unico Paese al mondo che tiene prigioniero un centenario. Erich Priebke compirà 99 anni il 29 luglio e 100 -se ci arriverà, il che gli auguro fervidamente - nel 2013. Lo so, la sua detenzione è virtuale, la sconta nel domicilio del suo avvocato e amico Paolo Giachini, esce, fa la spesa. La moglie è morta. I due figli vivono uno a NewYork, l'altro a Bariloche, in Argentina, dove lui venne scovato da una troupe televisiva statunitense. Ma lo vengono a trovare di rado. Molto lucido e, per quanto consente l'età, in buone condizioni di salute, Priebke trascorre molto tempo rispondendo, a mano, alle molte lettere che gli arrivano.Alcune di coetanei solidali e compassionevoli, alcune di nostalgici delle dittature fascista e nazista. In maggioranza sono lettere di gente comune che non ignora e non dimentica cosa fu la strage delle Fosse Ardeatine, ma non approva l'accanimento contro un rottame di guerra in un Paese dove i piùferoci assassini degli annidi piombo circolano a piede libero, scrivono libri, partecipano ai talk-show, si autocapiscono quando non si autoassolvono. Il capitano Priebke apparteneva al comando del colonnello Herbert Kappler, cui fu affidato l'infame compito di sacrificare dieci ostaggi per ogni tedesco - in realtà si trattava di sudtirolesi. È statoaccertato, ma non mi interessa molto, che Kappler aveva superato per zelo sanguinario quel rapporto di uno-dieci. C'era stato un errore nella tragica contabilità, con cinque ostaggi uccisi in più. Ma la rappresaglia non era solo militare, il fatto che tra le 335 vittime ci fossero ben 75 ebrei dimostra che era anche perversamente ideologica. Qui mi concedo una parentesi. Chi si oppone a ogni misura di clemenza per Priebke sottolinea che i crimini contro l'umanità non hanno prescrizione. E così. Ma a mio modesto avviso un ufficiale disposto a essere «boia» durante un conflitto epocale, allevato nell'atmosfera fanatica del regime hideriano e da quel regime indottrinato, è meno colpevole, per essersi associato a una spaventosa mattanza, di altri «giustizieri» che, vivendo in una democrazia e avendo la possibilità di conoscere e di dibattere, decisero di mettere a morte degli innocenti in obbedienza a una «causa» dissennata. Fine della parentesi. Ho preso le parti di Priebke. Prima con Montanelli, adesso senza Montanelli. Mi auguro che nessuno voglia addebitarmi simpatie perla croce uncinata e per il fascio. La mia Storia della Guerra di Grecia è uno spietato atto d'accusa delle bellicose smargiassate mussoliniane.L'Olocausto mi fa orrore e le immagini dei bambini ebrei rinchiusi nei lager e votati a una fine atroce mi danno i brividi ogni volta chele vedo. Non di questo si tratta. Si tratta del comportamento italiano nei confronti di Erich Priebke, comportamento che è stato meschino einiquo.Il Paese che s'ègiustamente rifiutato di consegnare a chi ne faceva richiesta inostrigenerali o ufficiali implicati in azioni di rappresaglia nei Balcani - ce ne sonostate, edure-hatrovatolavolut-tà del rigore per Priebke. Il quale coni sui «camerati» delle Ss mise a morte degli sventurati di nulla colpevoli. Ma nel 1948 dal Tribunale militaredi Roma fu celebrato ilprocesso a Kapplere ai suoi collaboratori. Tra i quali non era Priebke, citato come testimone, ma in quel momento irreperibile. A Kappler fuinflittol'ergastolo,tuttii suoi ufficiali furono prosciolti per aver ubbidito a ordini superiori (sentenza confermata in appello e in Cassa-zione).Sarebbe stato prosciolto anche Priebke, se presente. Non vi furono proteste. Nella cronaca del Corriere della Sera si scriveva che «la sentenza è stata accolta con grida di approvazione dai familiari dei caduti». Ma quando Priebke fu scoperto nel suo rifugio sudamericano e estradato in Italia Kappler non c'era più, e per questo Priebke diventò Kappler.In libertà da mezzo secolo, con sentenza definitiva, gli altri ufficiali, ma per lui l'ergastolo.E avendolo il Tribunale militare condannato con una formula che riconosceva la sua colpevolezza e tuttavia mettendolo sostanzialmente in libertà, ci fu una sollevazione. E la giustizia, inchinandosi alla piazza, tanto fece che finalmente l'agognato ergastolo arrivò. E a questo seguito di miserie, di cavilli, e di ostentato zelo resistenziale che Montanelli e io - ma era d'accordo con noi anche Massimo Fini- ci siamo opposti a un clamore conformista.Allo slancio redentore e purificatore in un'Italia che accetta tutto e dimentica tutto nel volgere di poco tempo. Ma che solo perdare addosso a questo centenario - ancora adesso vigilato, caso mai ne volesse combinare qualcuna delle sue - da agenti di polizia ha una memoria di ferro.

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