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Informazione Corretta Rassegna Stampa
12.07.2012 Omaggio a Nella Mortara, a beautiful mind
Piera Prister recensisce 'Coriandoli nel deserto', di Alessandra Arachi

Testata: Informazione Corretta
Data: 12 luglio 2012
Pagina: 1
Autore: Piera Prister
Titolo: «Omaggio a Nella Mortara, a beautiful mind»

Omaggio a Nella Mortara, a beautiful mind
di Piera Prister


Nella Mortara, Piera Prister, Alessandra Arachi, Coriandoli nel deserto (ed. Feltrinelli)

“Mamma, tu non sai che una donna, una scienziata ebrea, faceva parte del gruppo dei “Ragazzi di via Panisperna” di Roma, si chiamava Nella Mortara… tu ci parli sempre di quel gruppo di fisici atomici di Roma, tutti uomini, sapevi che tra di loro ci fosse una donna?” Cosi’ mi apostrofa trafelata e raggiante Giuditta, mia figlia, entrando in casa, con gli occhi da bambina che le scintillano come quando scopre qualcosa “ho gia’ ordinato il libro che ne parla, si intitola “Coriandoli nel deserto” di Alessandra Arachi, una giornalista del Corriere della Sera e scrittrice, e’ edito da Feltrinelli”, ed e’ in Italiano! “No, Non ne sapevo niente –le rispondo- non la conoscevo, anche se nei primi anni sessanta, all’universita’ di Roma noi studenti di Filosofia della Scienza e di Epistemologia eravamo affascinati da quel gruppo di menti eccelse di via Panisperna, erano il vanto della nostra universita’. Ci scapicollavamo il lunedi’ alle 11.00 di mattina giu’ per l’ampia scalinata della Facolta’ di Lettere e Filosofia, dopo la lezione di Letteratura Latina del prof. Ettore Paratore, per attraversare il piazzale della Minerva e correre alla facolta’ dirimpettaia di Fisica ad ascoltare con inizio alle 11.05, la lezione del prof. Edoardo Amaldi, uno del gruppo di ricercatori di Via Panisperna –gruppo che si dissolse con le Leggi Razziali del ’38- un docente dai capelli d’argento che su una pedana rettangolare, davanti ad una lavagna piena zeppa di formule, dissertava in modo semplice e avvincente sui principi della fisica, della gravitazione universale e di Archimede. A ripensarci, no, non si sapeva nulla di Nella Mortara, nemmeno una citazione, risultava essere un’illustre sconosciuta. Eppure era l’unica donna del gruppo ben degna di attenzione e apprezzamento per i suoi meriti nella ricerca dell’energia atomica… e invece. Ed ora ecco che appare in libreria il libro dell’Arachi in cui tra l’altro si cita il giovane Edoardo Amaldi amico di Fermi, il cui solo nome mi fa fantasticare e ritornare indietro agli anni sessanta quando noi studenti tanto temevamo il chiarissimo prof. Paratore quanto stravedevamo per l’altrettanto chiarissimo prof. Amaldi. Entrambe le loro aule erano sempre gremite, con code all’ingresso di studenti che a stento riuscivano ad entrare. Il libro “Coriandoli nel deserto”, allude ai pezzettini di carta che Enrico Fermi fuggito dall’Italia negli Stati Uniti nel 1938 in seguito alle Leggi Razziali, sparo’ in alto il 16 luglio del 1945 nel deserto di Los Alamos nel New Mexico dopo il test dell’esplosione della bomba atomica per misurarne la potenza, dallo spostamento indotto dalla sua deflagrazione. Ma in verita’ il titolo serve solo da sfondo, perche’ il protagonista non e’ Enrico Fermi, ma Enrico Persico, suo caro amico d’infanzia e anche lui uno dei ragazzi di via Panisperna che, eterno secondo, pur nella sua grandezza, rimase sempre nell’ombra. Il libro inizia con il racconto delle ultime ore di vita di Persico in un letto del Policlinico di Roma negli anni sessanta. Lo stesso, guardandosi indietro nel tempo e preso dal cumulo delle memorie si rammarica delle occasioni perdute, non afferrate al balzo, ripensa all’amico Fermi premio Nobel, scopritore dell’energia atomica, all’aiuto che gli diede nelle ricerche sulla lentezza dei neutroni, e si strugge anche per non aver mai dichiarato il suo amore e la sua magnetica attrazione per Nella Mortara. Nella apparteneva ad una famiglia ebraica illustre, suo padre era stato senatore del parlamento italiano, era nata nel 1893, s’era laureata in fisica a Roma nel 1916, era diventata ricercatrice e insegnante dell’istituto prestigioso di Fisica di via Panisperna negli anni venti e trenta. Ne facevano parte altri nomi illustri, come Enrico Fermi, Emilio Segre’, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti, Ettore Majorana, Edoardo Amaldi, nonche’ lo stesso Enrico Persico. Di lei se n’e’ parlato poco, eppure nel gruppo la sua posizione era rilevante. E’ chiaro che l’autrice Alessandra Arachi ne e’ rimasta incantata, infatti la protagonista non protagonista del libro e’ proprio lei, Nella, una donna bruna alta esile, con gambe e braccia lunghe, dal viso affilato, come un cameo di Modigliani. Doveva essere proprio cosi’ come e’ la ragazza rappresentata nella fotografia della copertina, ripresa vestita, di spalle che si sveste sulla spiaggia deserta, d’inverno, pronta a tuffarsi, una borsa lasciata sulla sabbia ed un cane, un cocker, che le fa da compagnia e da guardia. Secondo la testimonianza dello stesso Enrico Persico, Nella amava bagnarsi anche d’inverno nelle acque gelide, salire e scendere dagli aerei come da una bicicletta, cosi’ come su una bicicletta, andava su e giu’ per i sette colli di Roma, pedalando ed eludendo la sorveglianza delle guardie fasciste in piena promulgazione delle Leggi Razziali. La sua era una continua sfida, una sfida ai neutroni, all’energia atomica, alle persecuzioni antisemite –era scappata in Brasile e dopo un anno vincendo la paura, era ritornata a Roma- e soprattutto era una grande sfida a se stessa, nel mettersi sempre alla prova, unica donna in un mondo maschile competitivo, senza rinunciare alla sua femminilita’. C’era riuscita a realizzarsi in tutto quello che desiderava, pur nel mancato riconoscimento degli altri, di cui era trascendentemente al di sopra e da cui ora Alessandra Arachi sembra riscattarla. Erano pochissime le donne che frequentavano l’universita’ in quei tempi, la stessa Maria Montessori dovette faticare molto per farsi ammettere alla facolta’ di Medicina sempre nello stesso ateneo di Roma.

Il libro infatti ruota essenzialmente sulla figura di Nella che pure deve aver animato con la sua presenza tutto il gruppo di ricercatori, per il suo contributo dato alla ricerca dell’energia atomica in cui eccelse Enrico Fermi di otto anni piu’ giovane, che fuggito dall’Italia in America sempre in seguito alle Leggi Razziali, -sua moglie era ebrea- proprio nel deserto di Los Alamos negli Stati Uniti, mise a punto la bomba atomica insieme ad un altro gruppo di ricercatori. E’ chiaro che dietro Fermi c’era tutto il gruppo di via Panisperna di Roma. Il merito apparteneva anche a loro. “Enchanting and captivating” incantevole il libro, pieno di curiosita’ che ci fanno sentire piu’ vicini, nella loro dimensione umana, quegli scienziati che nel tempo libero cantavano in duetto arie di musica classica, o come bambini davano da mangiare ai pesci della fontana dell’istituto di Panisperna o cacciavano le salamandre. Un libro che mi ha catturata e che come un flash back da Dallas mi ha fatto tornare indietro negli anni alle lezioni romane di Amaldi e mi ha fatto riflettere molto sull’antisemitismo e sulla condizione femminile di molti decenni fa. Ma dove era allora Nella Mortara? Bella che ignorata, mentre degli altri del gruppo si sapeva molto e la fama li aveva raggiunti. La vedo ora con i capelli raccolti sulla nuca in una fotografia on line degli anni ottanta, ridotta per un incidente sulla sedia a rotelle, ma il suo viso ovale e’ sempre straordinariamente giovanile. Se ci pensiamo bene a Nella Mortara sarebbe piaciuto -anche se ce la immaginiamo schiva- se qualcuno l’avesse immortalata, forse un cantore un poeta un pittore o un fisico atomico come il prof. Enrico Persico, l’eterno secondo che pure aveva contribuito al Nobel della Fisica assegnato all’amico, l’aveva amata di un amore stilnovista senza dichiararsi. Ma forse piu’ che amata, l’aveva ammirata non per altro che per quella sua “beautiful mind” che le faceva affiancare “l’amore alla morte” come “il neutrone alla distruzione”. In effetti tutti quei ragazzi di via Panisperna dovevano un po’ delle loro scoperte a Nella Mortara che dalla sua cattedra come docente trentenne deve essere stata un’ispirazione per loro che erano solo piu’ che ventenni. Eppoi, e’ per un puro caso che lo stesso Enrico Fermi abbia dato il nome di Nella a sua figlia? 


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