Il futuro dei giovani israeliani
di Manfred Gerstenfeld
Manfred Gerstenfeld
La frase ‘sono preoccupato per il futuro dei miei nipoti’ in bocca a un israeliano ha una dimensione ben diversa da frasi analoghe che esprimono simile preoccupazione in altri paesi. Le preoccupazioni europee riguardo al futuro sono causate dal peggioramento dello scenario sociale e politico. Un certo numero di europei sono in ansia anche per i cambiamenti climatici. Per gli israeliani invece la prima preoccupazione è la sopravvivenza fisica, al di là di tutti gli altri – pur numerosi - problemi.
La società israeliana corre pericolo di sterminio da parte di settori del mondo islamico, dove l’odio antisemita è rampante. Israele rischia una seconda Shoah, di cui si stanno oggi ponendo le basi ideologiche. Componenti importanti del mondo islamico come le elites iraniane e Hamas vogliono il genocidio degli ebrei e di Israele. Se in future situazioni di caos i terroristi mettessero le mani su materiale fissile o bombe atomiche, ne deriverebbero altri pericoli gravi.
La società palestinese è oggi permeata di simpatie per al-Qaeda, la più criminale fra le organizzazioni islamiche di rilievo. Persone che considerano gli ‘accordi di pace’ come una tappa nel percorso di distruzione di Israele non sono interlocutori affidabili cui fare concessioni. Ma dato che in futuro potrebbero verificarsi cambiamenti radicali in medio oriente, oggi non prevedibili, non è da escludere che entro il secolo non si possa raggiungere una pace vera. Ma prima occorreranno molti altri sviluppi rischiosi.
Molti nelle nuove generazioni d’Israele saranno soldati e una parte rischierà la vita. Quando si rischia la vita, tutto il resto conta poco. La grande differenza nelle passate esperienze degli israeliani rispetto a quelle di altre società significa che gli israeliani vivono diversamente la realtà e hanno visioni diverse del mondo rispetto ad altre società.
Essere stati soldati significa non poter condurre una vita così totalmente individualista come in Europa. Lo si capisce ad esempio dalle parole del primo ministro Netanyahu il Giorno della Memoria Nazionale 2012: ‘Quando questa sera sentiremo la sirena, saremo una sola famiglia e i cittadini d’Israele saranno uniti nella memoria’. I cittadini dell’Europa occidentale ben di rado sono una sola famiglia. Può capitare occasionalmente - in caso di catastrofi naturali o di campionati internazionali di calcio.
In Israele ben poche persone presumono che il loro lavoro sia garantito nel tempo, a parte quello a servizio dello stato, perché l’economia e la politica hanno sbalzi su e giù. Questo ha formato una percentuale molto maggiore di persone con mentalità e attitudini molto flessibili per affrontare situazioni inaspettate. Molti giovani israeliani capiscono, a differenza di molti occidentali, di dover molto alla società, e che c’è un limite a quello che la società deve a loro.
L’unità di Israele è minacciata, pur con modalità molto diverse, da due settori importanti della popolazione: gli arabi israeliani e gli ultraortodossi, oltre che da minuscoli ma rumorosi gruppuscoli della sinistra estrema.
Il pericolo che il paese sia distrutto per Israele non è affatto un’ipotesi astratta. In questa realtà che cosa si può consigliare ai ragazzi israeliani che oggi crescono in una società che corre pericoli ben diversi da quelli d’Europa? Prima di tutto, che continuino ad imparare sul campo per tutta la vita. Che investano nella propria intelligenza quanto più possibile. Sarà la risorsa principale – e portatile - nelle situazioni di crisi.
Gli israeliani debbono acquisire tutte le capacità possibili, incluse quelle che possono servire all’estero. E debbono parlare bene l’inglese, che rimarrà la lingua franca anche in questo secolo. Trascorrere qualche anno all’estero in gioventù è estremamente utile per il futuro, ovunque nel mondo. In un ambiente incerto come quello israeliano ci sarà spesso necessità di saper improvvisare, perciò questa è una capacità da sviluppare sempre più.
La legge di Murphy non è necessariamente valida: non tutto quello che può andar storto andrà storto davvero. Se Israele continuerà a svilupparsi come ha fatto sino ad ora, le capacità sviluppate serviranno per trovarsi un ruolo nella società israeliana.
In Israele, così come altrove, c’è sempre una minoranza di persone di straordinario talento. Se hanno anche una intelligenza emotiva di buon livello, nelle future società sempre più complesse avranno opportunità importanti come non mai.
La generale complessità della vita quotidiana e gli ulteriori sviluppi tecnologici emargineranno sempre più persone nei paesi più avanzati. Per affrontare tale complessità occorrerà ben altro che saper leggere e far di conto. I pochi dotati di grande talento e flessibilità hanno più possibilità in ambienti difficili. Troveranno aperture interessanti nelle società occidentali, qualunque cosa accada. E anche in Israele.
Manfred Gerstenfeld fa parte del gruppo direttivo del Jerusalem Center for Public Affairs, dove è stato presidente per 12 anni.
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