Libia: vittoria quasi certa per Mohammed Jibril, ex collaboratore di Gheddafi non vuole essere definito 'liberale', ma 'moderato'. Come i Fratelli Musulmani ?
Testata: Il Foglio Data: 10 luglio 2012 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Dai brogli al 'liberali sarete voi'. I segreti della nuova Libia»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/07/2012, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Dai brogli al “liberali sarete voi”. I segreti della nuova Libia".
Mahmoud Jibril
Roma. In Libia è stata ieri rinviata la proclamazione ufficiale dei risultati elettorali e non c’è dunque conferma della vittoria autoproclamata già domenica sera dall’Alleanza delle forze nazionali, il partito di Mohammed Jibril (l’ex primo ministro del Consiglio nazionale di transizione di Bengasi) e quindi della prima sconfitta dei Fratelli musulmani di Giustizia e Costituzione in una competizione elettorale libera nei paesi arabi. La regolarità del voto è stata sanzionata da poche decine di osservatori dell’Unione europea (in numero assolutamente insufficiente per la missione) ed è stata con tutta probabilità relativa, visto che il voto è stato “garantito” da ben 80 mila miliziani irregolari armati (il 6- 7 per cento dei maschi adulti dell’intera Libia), che non hanno certo avuto bisogno di sparare per “convincere” le singole famiglie e tribù a “votare bene”. L’irregolarità sostanziale del voto è stata confermata dai risultati di molte città in cui l’uno o l’altro schieramento raccoglie risultati bulgari, con più del 90 per cento di schede assegnate a un solo partito. Questa situazione di instabilità è però ammantata dalla comica apoteosi della “nuova Libia” (nuova perché liberata dall’operazione “umanitaria” decisa dall’Onu e portata avanti dalle bombe della Nato) da parte dei media occidentali, che arrivano al punto di definire in maniera grottesca come “liberale” Mohammed Jibril e il suo partito (che peraltro preferisce la definizione di “moderato” e dice di dare di “liberale” a qualcun altro, non a lui: “Molti media si sono riferiti a noi come liberali – ha detto – Non è vero, siamo formati da molte e diverse formazioni politiche”). E’ un non piccolo mistero come possa essere definito “liberale” un economista di alto livello come Jibril (è laureato a Harvard) che sino al febbraio del 2011 è stato un collaboratore dell’ex colonnello Muhammar Gheddafi, che aveva fiducia in lui, tanto che l’aveva nominato presidente dell’Ufficio per lo sviluppo economico nazionale, che controllava l’economia libica secondo regole iperstataliste e ipergheddafiane. Jibril, a spoglio ancora aperto, parlando dall’estero dove prudentemente risiede – salvo rapide puntate in Libia – da mesi (altra stranezza, legata ad aperte minacce di morte) si è espresso per la formazione di un governo di unità nazionale: “Lanciamo un appello onesto al dialogo nazionale per creare una coalizione, sotto un’unica bandiera, un appello onesto e sincero rivolto a tutti i partiti politici attivi in Libia”. Questa mossa è parsa obbligata, a causa non soltanto delle tensioni fra forze politiche in una fase così delicata, ma soprattutto del fatto che le elezioni coprono una realtà drammatica di frantumazione del paese. Dopo il morto di domenica ad Agedabia, a Sheba, violenti scontri tra fedelissimi di Gheddafi e miliziani hanno fatto un altro morto e sei feriti. E’ la riprova di una rivalità neppure troppo sotterranea che trova forti ragioni a esprimersi a fronte della rinnovata politica centralista imposta dai tripolitani ai cirenaici e agli abitanti del Fezzan. Poiché non esiste nessun censimento attendibile, hanno prevalso le sole ragioni politiche: sono così stati attribuiti agli elettori della Tripolitania ben 100 parlamentari su 200, mentre la Cirenaica ne ha avuti soltanto 60 e 40 il Fezzan. I parlamentari della Tripolitania avranno gioco facile a imporre al governo (qualunque esso sia) una ripartizione dei benefici petroliferi a tutto vantaggio della loro base elettorale, mentre Cirenaica e Fezzan hanno trovato in questa minorità certa di rappresentanza a cui sono stati condannati ulteriori motivazioni per la loro vocazione autonomista o addirittura scissionista, anche se i secessionisti di Bengasi, che hanno tentato sino all’ultimo di fare slittare la data delle elezioni, sono stati sconfitti da una partecipazione popolare massiccia al voto.
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