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La Stampa Rassegna Stampa
08.07.2012 Siria, coinvolgere l'Iran per aiutare chi ?
Kofi Annan intervistato da Natalie Nougayrede

Testata: La Stampa
Data: 08 luglio 2012
Pagina: 15
Autore: Natalie Nougayrede
Titolo: «La resa di Kofi Annan: sulla Siria abbiamo fallito»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/07/2012, a pag. 15, l'intervista di Natalie Nougayrede a Kofi Annan dal titolo " La resa di Kofi Annan: sulla Siria abbiamo fallito ".

Kofi Annan sostiene che si dovrebbe coinvolgere l'Iran nella soluzione della situazione in Siria. Ma come si può pensare che ad Ahmadinejad interessi defenestrare il suo alleato Assad ?
Ecco l'intervista:


Kofi Annan

Le violenze in Siria durano da 16 mesi, e sembrano aggravarsi. I bilanci parlano di almeno 16 mila morti, di un milione e mezzo di persone hanno bisogno degli aiuti umanitari, di centomila rifugiate nei Paesi vicini. E lei, Kofi Annan, inviato internazionale dell’Onu e della Lega araba per la Siria, che bilancio fa della sua missione? Lei pensa che la missione stia fallendo?

«Questa crisi dura da 16 mesi, ma io sono stato coinvolto solo tre mesi fa. Sforzi importanti sono stati fatti per cercare di risolvere la situazione in modo pacifico e politico. A quanto si vede, non ci siamo riusciti. E forse non c’è nessuna garanzia che ci riusciremo. Ma abbiamo studiato delle alternative? Abbiamo messo altre opzioni sul tavolo? Ho detto queste cose al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, aggiungendo che questa missione non era illimitata nel tempo, come anche il mio ruolo».

L’accordo per una «transizione politica» in Siria adottato il 30 giugno a Ginevra dalle grandi potenze non comporta una data finale. Non è una nuova occasione per Assad di guadagnare tempo?

«Non abbiamo incluso nel piano un calendario perché volevamo sottolineare che il processo deve essere condotto dagli stessi siriani. Non vogliamo imporre nulla di irrealistico. Un calendario non può che essere il risultato di consultazioni. Uno degli obiettivi dell’incontro di Ginevra era che i partecipanti (Paesi occidentali e arabi, Turchia, Russia, Cina, ndr) si mobilitassero di nuovo per una soluzione politica. E che i governi della regione utilizzassero la loro influenza sui partiti in Siria per spingerli a un risultato».

Sembra che lei punti sull’influenza russa.

«C’è forse un’alternativa? La Russia, come molti altri Paesi, ha interessi in Siria e nella regione. Una volta che si parte dal principio che esistono anche interessi comuni, a medio e a lungo termine, la questione diventa: come proteggere questi interessi? Non è forse desiderabile che questi Paesi trovino il modo di lavorare insieme, per essere certi che la Siria non esploda in mille pezzi e non diffonda i problemi tra i vicini, creando una situazione incontrollabile per tutti? Oppure questi Paesi continueranno sulla strada intrapresa, portando a una competizione distruttiva, nella quale ciascuno finisce per perdere? Più che tutto, occorre pensare ai poveri siriani e agli abitanti della regione. Spero che la ragione avrà la meglio, almeno quando si tratta della difesa degli interessi degli Stati. In questo caso, è nell’interesse della Russia, come degli altri Paesi, trovare il modo di lavorare insieme».

Lo scenario più realistico non potrebbe essere quello in cui i russi contribuiscono a cambiare la direzione politica in Siria, ma facendo in modo che l’apparato della sicurezza resti strettamente legato a loro?

«Non sono sicuro di poter rispondere. Sono in gioco più fattori e gli eventi sono forgiati da più attori. La Russia ha dell’influenza ma non sono certo che gli eventi saranno determinati dalla sola Russia».

Allude all’Iran?

«L’Iran è uno degli attori. Dovrebbe fare parte della soluzione. Ha dell’influenza e noi non possiamo ignorarla. Invece si parla molto della Russia e poco sia dell’Iran sia di altri Paesi che inviano armi e denaro e pesano sulla situazione in campo. Questi Paesi sostengono di volere una soluzione pacifica, ma poi prendono iniziative individuali e collettive che minano il senso stesso delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il fatto che ci si focalizzi solo sulla Russia irrita molto i russi ».

Per l’opposizione siriana l’accordo di Ginevra comporta troppe concessioni, soprattutto alla Russia...

«Mi spiace che gli oppositori abbiano reagito in questo modo. Il comunicato di Ginevra è stato elaborato da un gruppo di Stati che all’80 per cento sono membri del “Gruppo di Amici della Siria”. Per questo è piuttosto curioso sostenere che l’opposizione è stata “tradita” o “venduta”».

In assenza di una tregua, la presenza in Siria di 300 osservatori ha senso?

«A volte si sente dire che gli osservatori, che peraltro non sono armati, non sono riusciti a far cessare le violenze. Ma quello non era il loro compito! Sono entrati in Siria per verificare se le parti rispettavano l’impegno a cessare le ostilità. E per un attimo, il 12 aprile, così è stato. Non riuscivo a crederci. Se è stato possibile per un giorno, perché non per un mese? Invece c’è stata una escalation della violenza. Ma se la situazione migliorerà, gli osservatori sono pronti a riprendere il loro lavoro».

Le defezioni militari siriane , in particolare quella del generale Tlass, possono essere il risultato di un’azione diplomatica? Di pressioni esercitate sottobanco dalla Russia? Dall’accordo di Ginevra sembrano essersi moltiplicate...

«Noi leggiamo i rapporti sulle diserzioni, e quest’ultimo caso riguarda una figura importane del regime, ma è difficile determinare che cosa abbia portato a queste decisioni».

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