Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/07/2012, a pag. 22, l'intervista di Alain Elkann al Gran Rabbino della Gran Bretagna e del Commonwealth Jonathan Sacks dal titolo " La missione della religione è la speranza ".
Alain Elkann Jonathan Sacks
Dal 1991 lei è il Gran Rabbino della Gran Bretagna e del Commonwealth, è uno scrittore, professore all’Università ebraica di Gerusalemme, autore di vari libri tra cui «The dignity of difference», in cui affronta molti problemi fondamentali del mondo odierno, dall’economia alla globalizzazione, all’educazione, alla famiglia... A che punto siamo oggi Lord Sacks?
«In Gran Bretagna abbiamo stabilito relazioni eccellenti tra le religioni, ma l’Europa attraversa un momento arduo, crisi e disoccupazione sono difficili da affrontare».
Difficili anche per Israele?
«Certo, c’è stato un cambiamento dalla guerra dei kamikaze che si fanno esplodere ai missili. Vuol dire che Israele è vulnerabile e che gli Hezbollah sono pericolosi. E poi c’è lo spettro di un Iran nucleare. Israele è in prima linea come del resto sempre lo sono stati gli ebrei, considerati diversi per mille anni in un’Europa cristiana e ora in un Medio Oriente musulmano. Nel mio libro difendo le differenze perché se non ci sono queste, non c’è l’umanità».
Egitto e Siria sono gravi problemi secondo lei?
«Destabilizzano il mondo e la zona in cui si trovano. Mi viene in mente l’aneddoto di quello studente americano che arriva a Oxford e si domanda come mai l’erba sia così verde. Un inglese gli risponde: facile, si zappa, si fertilizza, si semina e poi si aspettano mille anni! La democrazia non cresce in una notte».
E in un mondo secolarizzato quale il nostro qual è il ruolo della religione?
«Per me l’ebraismo è una voce di speranza nella conversazione del genere umano. Giorni fa, mentre registravo una trasmissione tv, con il famoso ateo Richard Dawkins lui mi diceva che anche secondo lui bisogna avere speranza. Allora gli ho chiesto: mi dimostri per quali motivi. Mi ha risposto: è solo un’intuizione. Ma anche la religione è un’intuizione. Il ruolo della religione nell’ebraismo è quello della speranza per la gente povera e senza potere. In tal senso, la voce più grande è sicuramente Isaia. Per me gli ebrei non sono ottimisti, vista la Storia, ma non perdono mai la speranza».
Quanti sono gli ebrei in Gran Bretagna?
«Circa 300 mila, più dei due terzi sono membri di sinagoghe e mandano i figli a scuole ebraiche. Vent’anni fa solo un quarto degli ebrei andava a scuole ebraiche».
Cos’è cambiato?
«Abbiamo lavorato molto. Nel 1993 ho scritto un libro e penso che la gente non l’abbialetto, ma forse il titolo sì».
E qual è il titolo?
«”Avremo nipoti ebrei?”».
In Inghilterra come si trovano gli ebrei?
«L’Inghilterra è uno dei pochi paesi dove la guerra contro l’antisemitismo è fatta da parlamentari non ebrei e il governo è sempre stato molto sensibile. L’ex primo ministro Gordon Brown finanziò ogni scuola della Gran Bretagna per mandare due studenti e un professore a visitare Auschwitz così che potessero essere educati a quanto è successo. E il governo attuale ha continuato sulla stessa strada».
Lei ha parlato di antisemitismo, ma essere contro Israele è come essere antisemiti?
«Sovente chi è contro Israele non è contro gli ebrei. C’è una critica legittima e una illegittima. Non ogni critica è antisemitismo. Ma ogni critica che mette in dubbio il diritto di Israele a esistere è antisemitismo e ogni critica che accusa solo Israele per i problemi del Medioriente è antisemitismo. Va aggiunto poi che grazie a Israele gli ebrei hanno una casa. Come dice il poeta Robert Frost: “Casa è dove quando devi andare devono lasciarti entrare”. Per me il momento decisivo resta la conferenza di Evian del 1938 quando si riunirono i maggiori leader europei sapendo che qualcosa di terribile sarebbe successo agli ebrei, ma nessuno fu pronto a lasciarli entrare. Gli ebrei capirono allora che non c’era un centimetro che potessero chiamare casa».
Come sono le relazioni con i musulmani e con il mondo cristiano?
«Ottime. Nel 2010 ho ricevuto a Londra il Papa. Sono poi andato a trovarlo a Roma e ho fatto una lezione all’Università Gregoriana. Con i musulmani in Gran Bretagna è più difficile comunicare. Sono 2 milioni e mezzo e non esiste un’unica comunità né un solo leader. Ho però un ottimo dialogo con i musulmani moderati».
E’ vero che tra qualche tempo si ritirerà a insegnare?
«E’ la mia passione. Andrò negli Stati Uniti e in Israele per formare i nuovi rabbini».
Per lei a che punto è la religione?
«Il libro che resta fondamentale per questo è “La democrazia in America” di Tocqueville. La religione porta famiglia, comunità e rinforza il desiderio di vivere insieme. Deve però stare lontana dai partiti».
Cosa significa essere ortodosso come lei?
«E’ la grande tradizione dei profeti, dei rabbini, dei codificatori della legge e della strada maestra della storia ebraica, ma io credo fermamente nel non giudicare i non ortodossi perchè anch’essi sono ebrei come gli altri».
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