Hijab, niqab, burqa. Non hanno nulla a che vedere con la religione sono solo simboli di sottomissione della donna. Commento di Souad Sbai
Testata: Libero Data: 08 luglio 2012 Pagina: 16 Autore: Souad Sbai Titolo: «I veri musulmani sanno che il velo è un crimine»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/07/2012, a pag. 16, l'articolo di Souad Sbai dal titolo "I veri musulmani sanno che il velo è un crimine".
Souad Sbai, Gamal al Banna
«L’hijab è stato menzionato solo una volta nel Corano per significare una porta o una parete, ma mai un velo che copre una donna. Mettere un hijab vuol dire essere dietro una porta: nel Corano è una separazione fra le stanze delle donne del Profeta e gli altri. Nel periodo pre-islamico poi, le donne mettevano il Khimar per coprire i capelli, ma non per una religione o credo, solo per proteggerli dal sole del deserto o dalla sabbia. In quei tempi, il vestito della donna aveva anche una larga fessura sul davanti, che serviva ad allattare il bambino, oppure a infilarsi il vestito. Con l’arrivo dell’islam, il Corano ha detto: mettano i loro Khimar sui loro petti, e questo è l’unico testo chiaro nel Corano in cui si consiglia di coprire una parte del corpo della donna». Nonostante questo sia il mio pensiero da sempre, non sono io a parlare, stavolta. Colui che pronuncia queste parole in un’intervista visibile sul sito almaghrebiya. it è Gamal al Banna, fratello minore di Hassan al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani in Egitto. Ieri Mohammed Rashed, studioso egiziano di Al Azhar, oggi Gamal al Banna. Chi sa parla così e non ha paura della verità. Perché la verità fa paura solo a chi vuol fare dell’estremismo lo strumento per rendere la vita di donne e intellettuali una prigione. Gamal al Banna parla del foulard, dell’hijab, ne parla come di un frutto dell’interpretazione strumentale e culturalmente delittuosa a opera del radicalismo, sfruttatore del testo sacro per svuotare le menti e costruire l’alternativa oscurantista all’islam occidentale che vorrebbe essere parte integrante dell’Europa. Che vorrebbe creare un altro islam, che non ha nulla a che fare con quello che tutti conosciamo. Ed ecco che in questa ottica ci troviamo da anni, mentre Al Banna, Rashed e tanti altri parlano nel mondo arabo senza ambiguità né paura, a combattere non più l’hijab ma il niqab e il burqa. Che lo stesso al Banna, nel suo libro “El hijab”, non esita a definire «un atto criminale ». Cosa che io penso da sempre e che ribadisco senza mezzi termini. Nonostante questo possa non far piacere a una setta di convertiti sgrammaticati e proprio per questo pericolosissimi, nelle intenzioni e nelle modalità di azione: a chi vuole convertirsi insegnano un islam che non esiste, perché falsamente e artatamente interpretato, un modus operandi e vivendi salafita e criminogeno, dal quale però l’Italia pare non voler rifuggire. Rischiando di cadere nella trappola del multiculturally correct, che accomuna, in un errore culturale e storico gravissimo, il l’hijab e il velo degli ordini religiosi cristiani, omettendo però che il secondo è un vero e proprio segno di riconoscimento di un ordine religioso, mentre il primo sarebbe rivolto a tutte le donne arabe. Quando nel mondo arabo esso identifica alcune realtà ben precise, dalle prostitute alle principesse. Se però esiste una volontà di fondo, superiore, che decide di andare in questa direzione, io qui mi fermo. Perché se andiamo avanti di questo passo si scontreranno non solo islam occidentale e islam orientale, ma anche Oriente e Occidente, perché non si può non ascoltare studiosi di teologia come Al Banna, Rashed o altri e nello stesso tempo assecondare chi ci vorrebbe propinare la castroneria che le culture, anche se distorte, sono tutte accettabili. No, se sono deviate verso la non libertà, non lo sono. Al Banna, Rashed e come loro molti altri studiosi man mano stanno venendo alla luce con la loro straordinaria capacità di leggere il testo sacro come esso davvero è. Il crimine vero, e qui la responsabilità di pseudo intellettuali e pseudo opinionisti è gravissima, sta nel non ascoltarli, non diffonderli, non farli parlare a chi vuole e sa ascoltare. Ma nonostante questo ormai il tappo sulle bugie estremiste è saltato e la verità non tarderà a divenire consapevolezza. Il velo non è un obbligo, il niqab è un crimine. Noi non abbiamo fretta. Prendetevi pure l’oggi, perché il vostro radicalismo non vedrà nemmeno l’alba di un domani già in mano a moderati, donne e intellettuali.
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