Il presunto giallo sulla morte del terrorista palestinese Arafat continua a occupare spazio sui quotidiani di questa mattina, 05/07/2012.
Riportiamo dal GIORNALE, a pag. 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Il giallo di Arafat? Siluro contro Israele", miglior commento a tutte le cronache pubblicate.
Peccato per lo scivolone nell'occhiello, che recita : "I palestinesi vogliono accusare il Mossad, ma Tel Aviv non aveva interesse a eliminarlo". La capitale israeliana è Gerusalemme, non Tel Aviv.
Ecco il pezzo:
Fiamma Nirenstein, Yasser Arafat
Ieri Suha Arafat in coro con Hamas («ecco di nuovo il terribile volto dell'occupazione.. ») ha chiesto la riesumazione del corpo di Yasser Arafat in seguito all’inchiesta di Al Jazeera sulla morte del marito. Strano che non abbia nel contempo annunciato che intende consegnare la cartella clinica del marito che si è sempre tenuta stretta, e che anche l’ospedale francese dove è morto non ha mai lasciato vedere a nessuno. Quelle cartelle cliniche, e non Al Jazeera, descrivono tutta la verità sulla molto chiacchierata conclusione della vita del capo dell'OLP.
Ma Al Jazeera è riuscita nel colpo politico tipico della sua linea di suscitare grande scandalo internazionale su un improbabile identificazione dei motivi in un avvelenamento al polonio: l’avrebbe ricavata da analisi chimiche compiute da un istituto di Losanna sulla sua biancheria e sul suo spazzolino da denti.
In quali mani e che strada abbiano fatto in tutti questi anni questi oggetti del rais, sempre che siano autentici, naturalmente non si sa.
Ma si sanno tante cose che dovrebbero dissuadere da questa ennesima teoria della cospirazione costruita per criminalizzare Israele. Prima di tutto, Israele ha sempre detto in modo inequivocabile di non aver avuto niente a che fare con la morte di Arafat: non è irrilevante, se si pensa che, ad ogni grossa eliminazione mirata come quelle di Imad Mughniya e di Mahmoud al Mabhouh, il Mossad non ha né ammesso né negato, e anzi si è lasciato andare a qualche smorfia di compiacimento.
L'autorità Palestinese, che ora sta organizzando una nuova commissione ufficiale d'inchiesta, ne ha già avviate tre dal 2004 a oggi senza che abbiano mai presentato alcuna conclusione e mai hanno dato segno di aver avuto notizie dall’Ospedale francese dove è morto il rais.
Ashrafa al Kurdi, il suo medico personale aveva confermato che nel sangue del rais, come tutti, palestinesi, israeliani, dicevano da tempo,era stato ritrovato il virus dell’AIDS. Ma ha poi aggiunto che il virus non ne avrebbe causato la morte ma sarebbe stato iniettato ex post per coprire la morte da polonio 210, lo stesso isotopo radiattivo rilevato nel corpo del colonnello russo Alexander Litvinenko. Curiosa osservazione.
L’ethos palestinese ha da tempo estremo bisogno di restaurare un’aura di shahid per la figura di Arafat impoverita alquanto dagli eventi, ricoverato lontano dalla patria, in un ospedale francese, con accanto una moglie campione di lussi parigini, residente fissa dei grandi alberghi, che accumulava da tempo in banca il denaro del marito contestatole dall'Autonomia Palestinese (dopo la morte si è battuta come una tigre per i soldi ereditati, che molti ritengono frutto di accumulo truffaldino del rais), circondato dai battibecchi e dai pettegolezzi dei suoi. Davvero Arafat da tempo per gli israeliani non rappresentava un problema: indebolito, chiuso alla Mukata dopo aver gestito e perduto l’Intifada, il peggior attacco terrorista contro migliaia di civili insieme all'11 di settembre americano, ormai stanco, confuso, accusato di corruzione, lontano dalla politica...
Al Jazeera, grande inventrice di slogan politici e amante delle battaglie più sanguinose stavolta rischia un flop clamoroso.
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