Con chi bisogna indignarsi
Stèphane Hessel
Cari amici,
voi sapete che c'è qualcuno che paragona l'"occupazione" israeliana dei "territori palestinesi" al nazismo, l'esercito israeliano alle SS, Gaza ad Auschwitz e via insultando. Be', lasciatemelo dire, per tutta la confidenza che ho raggiunto con voi in questi anni di cartoline, chi dice così esagera. Già, esagera proprio. A vantaggio di Israele, naturalmente. L'"occupazione" israeliana è molto peggio di quella nazista della Francia, per esempio, che a parte qualche piccola sbavatura, chessò, il furto di certe opere d'arte, "voleva agire positivamente " e certamente ci è riuscita. Sentiamo qualcuno che se ne intende, un grande resistente, che non nasconde di essere facile all'indignazione:
”Oggi possiamo constatare che l’elasticità della politica di occupazione tedesca permise, fino alla fine della guerra, una polica culturale di apertura. A Parigi fu permesso a Jean-Paul Sartre di mettere in scena le sue opere, o di ascoltare Juliette Gréco. Se posso osare una comparazione audace su un soggetto che mi tocca da vicino affermo che l’occupazione tedesca era, paragonata ad esempio a quella attualmente operata dagli Israeliani verso i Palestinesi, relativamente inoffensiva, fatta eccezione per degli elementi eccezionali come le incarcerazioni, gli internamenti, e le esecuzioni, cosi’ come il furto delle opere d’arte. Questo fu terribile. Ma si trattava di una politica di occupazione che voleva agire positivamente e per questo ci rendeva, a noi resistenti, cosi’ difficile il lavoro.”
"Elasticità della politica di occupazione", "politica culturale di apertura", rovinata solo da "elementi eccezionali"... avete letto bene. Certo, accadevano delle cose antipatiche dalle parti del "Velo d'hiver" dietro il Quai d'Orsay, dove per esempio il 16 e 17 luglio del '42 furono concentrati 13 mila ebrei poi inviati nei lager (http://it.wikipedia.org/wiki/Rastrellamento_del_Velodromo_d%27Inverno), o un po' più in periferia, nel campo di transito di Drancy, da cui passarono circa 70 mila persone inviate in una vacanza, come dire, permanente, nella ridente cittadina polacca di Auschwitz, dalla parti di Cracovia (http://www.deportati.it/drancy_canale/default.html) ... ma se non si faceva parte di costoro, si poteva andare a teatro a vedere le commedie impertinenti di Sartre o nelle boites esistenzialiste a sentire le canzoni spregiudicate di Juliette Greco, che evidentemente non dispiacevano agli illuminati ufficiali delle SS...
Vi piace la descrizione del nazismo? Altro che la cupezza di Israele, dove potete sentire Noa ma non la Greco, e da tempo non si programmano "Le mosche" o "Le mani sporche". Per non parlare che gli israeliani non rubano i quadri dei musei palestinesi e non ci sono velodromi. Ah dimenticavo, sapete di chi sono queste illuminate parole? Del grande moralista Stephane Hessel, quello che ha venduto centinaia di migliaia di copie del suo pamphlet "Indignatevi!" (http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/06/30/vi-ricordate-di-stephen-hessel/)
Sapevamo che a suo tempo Hessel si era dimesso dal popolo ebraico, dove per sua (sua del popolo) sfortuna era nato novant'anni fa: « Je ne me considère pas comme juif » (Stéphane Hessel, « Citoyen sans frontières », Paris, Fayard, 2009, p. 75); « Au tournant du siècle, Heinrich Hessel et sa femme Fanny rompirent avec la tradition juive, s’établirent à Berlin et firent baptiser leurs enfants dans la religion luthérienne. » (« Danse avec le siècle », Paris, Le Seuil, 1997, p. 10. Ma adesso vediamo che si è dimesso anche dalla resistenza al nazismo e soprattutto dal buon senso. Non è un percorso raro, si inizia a distinguere fra politiche del governo e stato di Israele, si continua distinguendo fra essere israeliani e essere ebrei, poi si smette di distinguere fra israeliani e nazisti e si finisce col non saper distinguere se stessi dai nazisti. Ci indigniamo sì, ma contro questa deriva e il suo senescente autore.
Ugo Volli