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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Anna Vera Sullam, Undici stelle risplendenti 03/07/2012

Undici stelle risplendenti                            Anna Vera Sullam
Mondadori                                                       Euro 18


“La gente sa poco degli ebrei, ha dei pregiudizi su di loro. Stereotipi come pensare che tutti gli ebrei siano intelligenti, ricchi, tutti molto uniti al loro interno, o che gli ebrei siano tutti uguali fra loro”.
Per sfatare questi luoghi comuni e per conoscere un universo dalle mille sfaccettature, diverso da quello cattolico, Anna Vera Sullam ci offre un’occasione imperdibile.
Il suo ultimo romanzo, Undici stelle rispendenti, il cui titolo richiama la storia biblica di Giuseppe nel libro della Genesi, è un racconto intenso, pieno di passione oltre che uno straordinario affresco della cultura ebraica del nostro tempo.
Protagonista è una famiglia ebraica veneziana, un piccolo microcosmo che si accinge ad incontrarsi per la cena del séder e fin dai giorni che precedono la ricorrenza di Pesach l’autrice ritrae i componenti di questa famiglia intrecciando, con grande maestria, le loro storie personali con gli usi, le tradizioni, i costumi del mondo ebraico.
Vittoria, alter ego della scrittrice, è una delle figure femminili più intense e affascinanti del romanzo. E’ un’insegnante di mezza età, intelligente e volitiva, sposata con Giacomo, professore universitario, che cerca di resistere sia alle tentazioni della gola sia a quelle della carne dopo l’incontro con un docente più giovane di lei che le ha fatto battere il cuore. A lei spetta il compito, dopo la partenza della sorella Diana per Israele, di organizzare la cena rituale del séder: è una grande responsabilità per Vittoria preparare in modo accurato la tavola, con le stoviglie adatte, il pane azzimo, le erbe amare, i dolci che le procura una forte tensione emotiva aggravata dall’incontro con quel giovane professore che rischia di compromettere la sua stabilità coniugale.
Attorno a Vittoria si muove una miriade di personaggi indimenticabili dei quali l’autrice con una prosa lieve e scorrevole racconta scorci di vita quotidiana e delinea con attento lavoro di intarsio psicologico le emozioni, le preoccupazioni, le delusioni e le speranze che si agitano nei loro cuori.
Il racconto prende avvio con la zia Angelina, ultranovantenne, terza figlia di Giuseppe Vita Latis che ormai al tramonto della vita sceglie Vittoria, una nipote acquisita alla quale è molto affezionata, come custode di un segreto doloroso che si è portata dietro fin dalla giovinezza. Nonostante alcuni vuoti di memoria Angelina ricorda i momenti più difficili della sua esistenza come le persecuzioni razziali, la fuga nel sud d’Italia con la famiglia, la guerra e l’amore perduto per un uomo che proprio come Alfred Dreyfus fu cacciato dall’esercito per la sua appartenenza alla religione ebraica. Dopo oltre settant’anni la vecchia zia conserva ancora una misteriosa lettera che Giulio le aveva scritto poco prima di morire, il cui segreto celato per tutti quegli anni ora vuole condividere con la nipote.
E’ alla cena del séder che Vittoria ha preparato in maniera impeccabile, nonostante gli affanni degli ultimi giorni, che si ritrovano i componenti di questa variegata famiglia ebraica: c’è Daniele, fratello di Giacomo che dopo una discussione con la moglie Sofia, donna dal carattere impulsivo, reagisce in modo villano al tentativo del fratello di farlo parlare. Il motivo della lite fra Daniele e Sofia non è banale: la figlia Micol, sprezzante delle tradizioni ebraiche, sceglie di sposare un giovane spagnolo, un goy, e di far battezzare i figli che verranno; una decisone grave anche per chi non è ebreo osservante e per Sofia già duramente colpita dalla morte del padre Taddeo è un affronto insostenibile.
Ci sono Ruth e Edoardo che suscitano per il loro rigore religioso la curiosità di Camilla, un’amica non ebrea di Vittoria anch’ella invitata alla cena: Ruth, che prima si chiamava Cristiana ed era di religione cattolica, ha scelto liberamente di convertirsi prima di sposare Edoardo e mettere al mondo dei figli che ora seguono scrupolosamente le leggi della Kasherut. C’è Arrigo un uomo non più giovane ma ancora piacente, che vive a Roma e si trova nella città lagunare per far riparare la tomba del padre. L’incontro fortuito con uno dei fratelli Mondolfo, ex compagno di scuola, lo induce ad accettare con un po’ di titubanza l’invito alla cena in ricordo dei vecchi tempi. Dopo il divorzio dalla moglie e la difficoltà di comunicazione con la figlia adolescente, Arrigo si sente solo ma pensando che la sua esperienza coniugale e gli errori commessi possano servire a Daniele che vede confuso e arrabbiato, gli offre con semplicità alcuni consigli familiari.
C’è Beniamino figlio di Vittoria e Giacomo, un adolescente dei nostri giorni, disordinato e poco studioso oltre che poco incline a rispettare le tradizioni familiari; il ragazzo preferirebbe trascorrere la serata con la giovane fidanzatina ma, incapace di spiegarle il valore e l’importanza di una tradizione a lei sconosciuta, preferisce assecondare la madre e sfogare il suo malumore con i cuginetti propinando loro burle e scherzi di ogni genere.
Nel sontuoso palazzo appartenuto ai bisnonni di Vittoria, Emanuele Vita Latis ed Esterina Bassan, si ritrovano dunque zii, cugini, cognati, nipoti e amici di vecchia data: tre generazioni che oltre a celebrare la liberazione degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto si confrontano sulle comuni radici ebraiche, sul senso profondo dell’esistenza raccontando le proprie vicende umane, i pensieri che si celano dietro atteggiamenti di facciata, ciascuno testimone di un modo diverso di essere ebreo, ma profondamente consapevole della propria identità.
Il romanzo di Anna Vera Sullam è un dono prezioso per chi vuole approfondire gli usi e i costumi della tradizione ebraica senza leggere un testo accademico, ma è anche l’occasione per riflettere, attraverso la storia di una famiglia travolta da un turbine di eventi, sull’esistenza della comunità ebraica in relazione ai tempi moderni dove accanto ad ebrei praticanti religiosi vi sono sempre più persone che si sentono parte di un popolo che ha tradizioni vive e legami con il passato senza essere osservanti.
E’ il senso di appartenenza, il sentirsi parte di una tradizione che si rinnova di generazione in generazione che è difficile tramandare ai giovani perché “…è più facile insegnare a fare qualcosa che trasmettere un’identità”.
Un libro da leggere per imparare e per riflettere.

Giorgia Greco


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