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Ugo Volli
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Ci fa, ci fa 01/07/2012

Ci fa, ci fa


Barack Obama

Cari amici,

è da quattro anni che mi chiedo se ci è o ci fa, come si dice al Sud; cioè se la straordinaria incompetenza di Obama in politica internazionale, che ha portato a una terribile distruzione dell'influenza americana e in genere occidentale su una così zona strategica del mondo com'è il Medio Oriente, sia frutto di imprevidenza e mancanza di lucidità o sia una scelta perseguita volontariamente per ragioni ideologiche.  In altri termini, la sponda che gli Stati Uniti hanno fornito con le parole, le azioni diplomatiche e anche le armi alla crescita dell'islamismo sulla sponda sud del Mediterraneo, è stata il frutto di un'idea del tutto astratta, irrealistica e avventurista sul possibile trionfo della democrazia, o è una scelta politica vera e propria. Un'analista certamente non disinteressato, ma altrettanto sicuramente neppure sprovveduto come il presidente russo Putin va sostenendo che la politica americana in Medio Oriente è il puro e semplice appoggio all'islamismo (http://ncrenegade.com/editorial/netanyahu-to-meet-with-putin-concerning-obamas-support-of-the-muslim-brotherhood/).

 Altri (per esempio http://www.secondoprotocollo.org/?p=4645) ricordano come Obama chiese e ottenne, fra la stupefazione generale, di invitare una delegazione della Fratellanza Musulmana al suo celebre discorso all'università del Cairo, in cui sosteneva delle cose molto improbabili sull'Islam  (http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/Article.aspx?id=275693).  Col senno di poi la scelta sembra estremamente significativa e in un certo senso profetica: esattamente nel senso di quelle che in sociologia si chiamano profezie che si autorealizzano (http://it.wikipedia.org/wiki/Profezia_che_si_autoadempie). Obama offrì allora esplicitamente un patto non al mondo arabo ma all'Islam, nella sua forma politica accettabile per lui, cioè non proprio Al Qaeda e i salafiti, almeno per il momento, ma certamente i Fratelli Musulmani. Del patto faceva parte la "democrazia" cioè la presa del potere degli islamisti negli stati allora dominati da dittature laiche, con cui peraltro l'America aveva patti di lungo termine, alleanze (Egitto, Tunisia) o tolleranza armata (Libia) che fosse. Del patto faceva anche parte l'indebolimento di Israele, e non si può dire che non ci abbia tentato nei primi due anni della sua presidenza e che non ci riprovi se sarà rieletto; ma si è trovato di fronte un abile mastino come Netanyahu da un lato e un gruppo dirigente pavido e inetto come quello dell'Autorità Nazionale Palestinese dall'altra. Certamente, lo ripeto, se sarà rieletto cercherà di far pagare la sua indipendenza (o impertinenza, dal suo punto di vista, o attaccamento alla propria esistenza dal mio) al solo alleato fedele dell'Occidente fra il Mediterraneo e il Giappone.

E qui veniamo al punto. Fra poco più di quattro mesi ci sono le elezioni per la presidenza fra il 2013 e il 2016. Purtroppo noi non votiamo a queste elezioni fondamentali. Gli americani si interrogano su Obama soprattutto sul piano economico sociale e magari cercano di capire se sia socialista o fascista (http://spectator.org/archives/2012/06/28/barack-obama-socialist-or-nouv/), o magari tutt'e due, dato che il fascismo e il nazismo sono nati dal tronco socialista e in parte ne hanno realizzato le politiche (dirigismo economico, nazionalizzazioni, servizi sociali ecc.). Possiamo però schierarci, fare il tifo, se volete. E io lo faccio, apertamente: chiunque ma non Obama. Obama non è stupido, anche quando lo sembra: è un nemico ideologico dell'Occidente, un alleato consapevole dell'islamismo, un politico che ritiene di avere il dovere di pareggiare il conto della storia - contro il suo paese e i suoi alleati. Non ci è, ci fa. Speriamo solo che non ce la faccia a novembre.

Ugo Volli


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