Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 01/07/2012, a pag. 14, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " Siria, c’è l’accordo per una 'transizione' ".
Bashar al Assad
La conferenza convocata ieri a Ginevra per rilanciare gli sforzi diplomatici di pace in Siria non ha risolto il problema centrale, cioè il futuro del presidente Assad. Ha prodotto qualche progresso, perché adesso esiste un documento che auspica la transizione politica verso la democrazia, firmato anche da Russia e Cina. Questo testo, però, prevede che i rappresentanti dell’attuale governo siano inclusi nel processo, e non esclude un ruolo futuro per l’uomo considerato responsabile della repressione degli ultimi mesi. Dunque nessuna concessione da parte di Mosca, almeno in via ufficiale, all’ipotesi di seguire il modello yemenita che porterebbe comunque all’esilio di Assad.
La conferenza era stata convocata dall’inviato speciale dell’Onu, l’ex segretario Kofi Annan, come ultimo tentativo di salvare la sua mediazione. Il piano di pace in sei punti che aveva presentato nelle settimane scorse non ha funzionato, tanto che il 16 giugno scorso il Palazzo di Vetro ha ritirato gli osservatori. Ancora ieri infatti sono continuate le violenze, con esplosioni a Damasco e decine di vittime civili: le bombe esplose contro un corteo funebre avrebbero provocato almeno 30 morti.
Annan ha denunciato che mentre lui negoziava, i singoli Stati nazionali facevano i loro interessi, pensando probabilmente alle forniture militari russe ad Assad, quelle dell’Arabia Saudita agli oppositori, e altre ingerenze. «La storia - ha concluso - ci giudicherà duramente per la nostra inazione». Quindi ieri ha riunito a Ginevra il cosiddetto “gruppo d’azione”, composto dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, e poi Iraq, Kuwait, Qatar, Turchia, Unione Europea e Lega Araba.
L’obiettivo era riscrivere una «road map» comune per mettere fine alle violenze, ma gli auspici non erano buoni, visto che il giorno prima il ministro degli Esteri russo Serghey Lavrov e il segretario di Stato americano Hillary Clinton si erano visti a Pietroburgo, senza riuscire a risolvere le loro differenze. Annan aveva dato una chiara indicazione della sua posizione, quando aveva suggerito la creazione di un governo di unità nazionale che includesse membri dell’attuale amministrazione, ma non «quelli la cui presenza minerebbe la credibilità della transizione, la stabilità e la riconciliazione». Era un linguaggio neanche troppo velato per chiedere l’esclusione di Assad dal processo, e quindi aprire la porta alla strada già percorsa nello Yemen con Saleh, andato di fatto in esilio dopo aver ceduto il potere al vice.
Il documento adottato ieri a Ginevra, però, non contiene nulla di tutto questo. Chiede la fine delle violenze e la creazione di un «governing body» di transizione verso la democrazia, che includa rappresentanti dell’attuale governo e dell’opposizione. Subito dopo il vertice, Lavrov si è affrettato a chiarire che «nel documento non c’è il tentativo di imporre al popolo siriano qualunque tipo di processo», perché Mosca ha bloccato il riferimento ad Assad voluto da Annan. La Clinton, però, ha aggiunto che «Assad se ne dovrà comunque andare, visto il sangue che ha sulle mani». Fino a ieri la Russia si adoperava solo perché le responsabilità dell’opposizione fossero equiparate a quelle del regime, e quindi la novità sta nel fatto che ora accetta la transizione. Però intende guidare questo processo, che è appena all’inizio, e se mai scaricherà Assad per conservare la sua influenza sulla Siria, è presto per dirlo.
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