Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Egitto: Mohamed Morsi promette pieno appoggio alla 'lotta palestinese' Sarebbe questo il sistema per mantenere gli accordi di pace con Israele ?
Testata: Corriere della Sera Data: 01 luglio 2012 Pagina: 21 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Il giuramento di Morsi. Nelle mani dei militari»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/07/2012, a pag. 21, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "Il giuramento di Morsi. Nelle mani dei militari".
Mohamed Morsi
Cremonesi si premura di specificare che Morsi a "Israele (che non cita mai direttamente) promette di «mantenere gli accordi internazionali»". Solo parole, dato che, nell'arco dello stesso discorso, l'islamista promette di garantire pieno appoggio alla 'lotta palestinese'. La pace con Israele è conciliabile con l'appoggio a chi lotta contro la sua cancellazione ? Ecco il pezzo:
IL CAIRO — Ringrazia i militari per «aver rispettato la volontà popolare». Ma subito dopo contesta la loro recente decisione di sciogliere il Parlamento, per dichiararlo invece ancora valido e legittimo. Si presenta come depositario della rivoluzione di piazza Tahrir l'anno scorso, che esalta come motore primo del «nuovo Egitto democratico», eppure garantisce il suo impegno a non esportarla al resto del Medio Oriente. A Israele (che non cita mai direttamente) promette di «mantenere gli accordi internazionali» e allo stesso tempo garantisce ai palestinesi il «pieno sostegno della nazione egiziana nella lotta per riguadagnare la sovranità territoriale». Sono sufficienti poche citazioni dai discorsi pronunciati ieri da Mohammed Morsi per cogliere quanto in salita sia la strada per il neoeletto presidente egiziano. Lo attende un futuro carico di incognite, una sorta di pericolosa miscela esplosiva composta da crisi economica rampante, braccio di ferro con i militari legati al vecchio regime di Hosni Mubarak, necessità di tranquillizzare i copti e le componenti laiche del Paese, ma anche di soddisfare l'universo variegato che forma la sua base elettorale divisa tra correnti islamiche moderate, assieme però ai salafiti estremisti e addirittura a correnti di pensiero che predicano una nuova «guerra santa» contro «il nemico sionista» e i «nuovi crociati in Occidente». L'unico dato certo è che ieri l'Egitto ha visto tra stupore, entusiasmo e mille timori l'ufficializzazione di un fatto senza precedenti: la nomina a presidente di un esponente dei Fratelli musulmani (perseguitati e fuori legge solo sino a poco fa) nelle elezioni più democratiche della sua storia, figlie della rivoluzione nel gennaio-febbraio 2011. Al centro del nuovo e ancora instabile equilibrio di potere è il rapporto con i militari. La loro decisione solo due settimane fa, appena prima del ballottaggio alle presidenziali, di sciogliere il parlamento eletto a dicembre (dove il fronte islamico aveva raccolto il 75 per cento dei voti), assieme all'abolizione della costituente a alla mossa di arrogarsi il diritto di promulgare temporaneamente le leggi fondamentali dello Stato, condiziona pesantemente le scelte di Morsi. Si spiega così quella molto populista, venerdì, di presentarsi alla folla assemblata a piazza Tahrir dall'impressionante macchina organizzativa dei «Fratelli musulmani» per guadagnarsi una sorta di legittima investitura alternativa ai vecchi apparati dello Stato. Ieri però ha seguito disciplinato il protocollo che era stato concordato dietro le quinte con i vertici militari. In mattinata ha prestato giuramento alla Suprema corte costituzionale (simbolo vivente del vecchio regime), accettando di non andare al Parlamento. Poi il discorso all'università, nel quale ha rilanciato il suo slogan di essere presidente «di tutti i cittadini», senza alcuna differenza. Più tardi ha parlato a una parata militare alla presenza del loro massimo responsabile, quello stesso maresciallo Hussein Tantawi che gli ha messo i bastoni tra le ruote sino a ieri e oggi potrebbe diventare ministro della Difesa. «Voi ritrovate il vostro ruolo di spada e scudo della nazione», ha dichiarato. Tra le sfide più urgenti quella di risollevare l'economia. Il Paese è in ginocchio, minaccia un'ondata di rivolte per il pane. Criminalità e disordine sono in crescita. A rischio anche le ditte straniere e rappresentanze diplomatiche. L'ambasciata italiana al Cairo è stata più volte lambita da manifestazioni violente nelle ultime settimane. Il consolato di Alessandria è in queste ore accerchiato da dipendenti locali di ditte italiane che esigono miglioramenti salariali.
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