Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/06/2012, a pag. 41, l'articolo di Francesco Margiotta Broglio dal titolo "L'antiebraismo cattolico sopito dal Vaticano II".

Elena Mazzini, L'antiebraismo cattolico dopo la Shoah, ed. Viella
Il mese scorso Benedetto XVI ha riaffermato che il Vaticano II «non solo ha preso una posizione chiara contro tutte le forme di antisemitismo, ma ha gettato le basi per una nuova valutazione teologica del rapporto Chiesa-ebraismo», mentre, qualche giorno dopo, il cardinale Koch, presidente della Commissione per i rapporti con l'ebraismo, ha dichiarato che nel mondo di oggi «la piaga dell'antisemitismo sembra inestirpabile», che la Chiesa ha l'obbligo di «denunciare l'antigiudaismo e il marcionismo come tradimento della stessa fede cristiana» e che «il negazionismo non è ammissibile nella Chiesa, ma anche in una onesta visione storica».
Posizioni molto chiare, ben diverse da quelle del cattolicesimo italiano del secondo dopoguerra oggetto dell'analisi originale e, per alcuni aspetti pionieristica, di Elena Mazzini (L'antiebraismo cattolico dopo la Shoah, Viella, 2012, pp. 200, 25), che si affianca ai volumi di Zanini e di Di Figlia dei quali il «Corriere» ha già parlato (29 aprile e 15 maggio). Un'analisi che conferma che, se per gli anni della guerra si deve parlare di «rimozione psicologica» e di invisibilità di Auschwitz, per quelli del dopoguerra si deve riconoscere che la memoria dell'Olocausto è rimasta sostanzialmente marginale fino al processo Eichmann (1961) e alla guerra dei Sei giorni (1967) (Laqueur, Traverso). E dimostra che la Chiesa di Roma non sfugge fino al Concilio alla tentazione neo-antisemita: l'ebreo del genocidio diventa gradualmente sionista e israeliano grazie al comodo alibi che camuffa il razzismo da questione di politica internazionale. E non sfugge a quella rimozione delle leggi del 1938 che anche per la Santa Sede erano rimaste una «memoria estremamente imbarazzante», che non veniva integrata in quella della Shoah (A. Foa).
L'autrice isola e discute i momenti che segnano continuità e discontinuità storiche della tradizione antiebraica cattolica esaminando per gli anni Cinquanta l'«Enciclopedia cattolica» e la «Civiltà Cattolica». Tra i lemmi della prima (razzismo, genocidio, ebrei, Israele, sionismo, antisemitismo) fa notare che solo nell'ultima voce una sola riga, «più allusiva che storicamente determinata», è dedicata alla Shoah e che se vi si legge che «l'antisemitismo… è contrario alla morale cristiana e comporta gravi pericoli per la fede», vi si osserva anche che «è lecito un antisemitismo nel campo delle idee, volto alla vigile tutela del patrimonio… della cristianità». Le interpretazioni della seconda, nota per la propaganda antisemita tra fine '800 e primi decenni del '900, si segnalano essenzialmente per la strenua difesa di Pio XII messo in discussione, negli anni Sessanta, da «Il Vicario» e da una serie di opere storiche: certo è che l'attenzione riservata alla Dichiarazione conciliare che segnò la svolta nel rapporto con l'ebraismo fu del tutto esigua.
Particolarmente riuscito lo studio pionieristico della «letteratura del pellegrinaggio» degli anni Cinquanta e Sessanta — essenzialmente diari e testimonianze di ecclesiastici che utilizzano «stereotipie dell'antiebraismo per decifrare lo Stato d'Israele» e che, in alcuni casi, trasformano in antisionismo il tradizionale antisemitismo, evitando ogni riferimento allo Stato, ma richiamando spesso il conflitto arabo-israeliano. Seguono l'analisi del viaggio di Paolo VI in Terra Santa e dei commenti sulla stampa ebraica, lo studio dei riflessi della conciliare «Nostra Aetate» nella stampa cattolica (aperture religiose e dinieghi politici, con le posizioni anticonciliari del vescovo Carli) e della sua «ricezione» nella stampa ebraica. Per la Mazzini anche la «Nostra Aetate» non ha consentito una riflessione «incisiva e matura sull'antisemitismo cattolico» fino a quando la Chiesa non ha sciolto «il problema della sua posizione nei confronti di Israele». Un problema che resta, comunque, irrisolto per il molto che riguarda Gerusalemme e i Luoghi Santi, e che se ha mutato la retorica dell'antisemitismo, non ne ha completamente rimosso tutti i profili sistematici.
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