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Il Foglio Rassegna Stampa
28.06.2012 Egitto: comincia l'islamizzazione
Commenti di Giulio Meotti, Pio Pompa, Paola Peduzzi

Testata: Il Foglio
Data: 28 giugno 2012
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotto-Pio Pompa-Paola Peduzzi
Titolo: «Sharia, ma con calma-Qaidisti scettici-Rassicurare, rassicurare, rassicurare. Fin dove si spingerà l'islamico Morsi»

Egitto, tre aggiornamenti dal FOGLIO di oggi, 28/06/2012.

Giulio Meotti: " Sharia, ma con calma "

Roma. Una settimana prima che al secondo turno Mohammed Morsi venisse confermato presidente dell’Egitto, la cupola dei Fratelli musulmani si è riunita per mettere a punto una strategia per l’islamizzazione del paese. Il cosiddetto “Jazira Plan” è stato approvato dalla Guida suprema, Mohammed Badie, e prende il nome dalla penisola arabica. Si parla di riformare il vecchio ministero dell’Informazione per “regolare la cultura” in nome della legge islamica, così come della “memorizzazione dei versetti coranici” da imporre nelle scuole. “La cultura di una società riflette la sua morale”. E ancora: “Vogliamo un cinema pulito e libero dall’eccitazione sessuale e nel rispetto delle norme religiose”. I Fratelli dicono di voler applicare “un ‘codice d’onore’ alla cultura e alla società”. E’ il cosiddetto “gradualismo”: la Fratellanza non cercherà di imporre la legge islamica in modo brusco, riformerà lo spazio pubblico un passo dopo l’altro. Lo scopo, ha detto l’imam Yusuf al Qaradawi, è creare “una genuina democrazia guidata dalle leggi della sharia”. Sobhi Saleh, segretario politico di Giustizia e libertà, il nome del partito con cui i Fratelli si sono presentati alle elezioni, l’ha chiamata “implementazione”. L’alcol non sarà bandito perché causerà una perdita economica, sarà invece gradualmente censurato nei luoghi pubblici, le presentatrici tv saranno “invitate” a indossare l’hijab (ma non il più integrale niqab), la censura dovrà lavorare sui romanzi con “riferimenti sessuali”, mentre sarà inasprito il codice penale su adulterio e truffa. La Guida suprema Badie ha dichiarato che “la supervisione dell’arte fa parte della riforma dell’individuo seguita da quella della famiglia e della società”. Si parla anche di affiancare il governo con un Consiglio dei religiosi (la norma è contenuta nel programma della Fratellanza del 2007, redatto proprio dal nuovo presidente Morsi): un gruppo di giureconsulti che dovrebbe “consigliare” l’esecutivo nelle materie più importanti.
www.ilfoglio.it/zakor

 

Pio Pompa: " Qaidisti scettici "

La vittoria di Mohammed Morsi alla presidenza dell’Egitto ha spinto le formazioni qaidiste presenti in nord Africa ad avviare un’articolata riflessione culminata, domenica scorsa, in una serie di colloqui tra i vertici di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), gli Shabaab somali e una delegazione di islamisti pachistani. Un evento, questo, che potrebbe assumere un significato di grande rilievo per l’intera rete jihadista alla luce del fatto che, da più parti, il continente africano viene indicato come luogo deputato alla riorganizzazione e al rilancio di al Qaida. Nei colloqui di domenica, i leader di Aqmi e Shabaab hanno deciso di adottare una linea di estrema prudenza nei confronti della svolta politica avvenuta in Egitto. A loro avviso, la vittoria di Morsi risulterebbe fortemente influenzata sia dal deciso sostegno ricevuto da Washington (con l’intento di impedire che alla crisi siriana si aggiungesse una guerra civile in Egitto) sia dagli accordi segreti intercorsi tra i Fratelli musulmani e la giunta militare, ritenuti una seria minaccia per la causa qaidista qualora contenessero elementi di compromesso sulla lotta al terrorismo e la salvaguardia della sicurezza d’Israele. Tutto ciò anche sulla scorta del dispiegamento a ridosso del confine israeliano di unità speciali antiterrorismo volte a contrastare le cellule qaidiste provenienti dalla Libia che dall’inizio di giugno guidano, dal Sinai e dalla Striscia di Gaza, l’escalation di attacchi contro Israele. “E’ anche per questo”, dice al Foglio una fonte d’intelligence algerina, “che i qaidisti nordafricani si sono rifiutati di stringere con il Cairo forme di collaborazione sul modello di quanto avvenuto con i fondamentalisti in Pakistan, preferendo mantenere intatta la propria autonomia strategica e organizzativa”. A partire dall’enorme flusso di denaro proveniente dal traffico di stupefacenti denunciato recentemente anche dal governo del Marocco.

Paola Peduzzi: " Rassicurare, rassicurare, rassicurare. Fin dove si spingerà l'islamico Morsi "

 

Milano. Il presidente egiziano Mohammed Morsi dovrebbe giurare sabato, ma non ha ancora ricevuto la conferma da parte dei militari, che hanno fatto di tutto per ridimensionare il ruolo del presidente e ora cavillano sulle formalità. Si giura davanti al Parlamento (dissolto) o davanti alla Corte suprema? Chissà, “non vogliamo violare la legge”, dicono tutti senza sapere a che legge fare riferimento. E’ comunque la prima volta da decenni che i militari devono cedere il potere a qualcuno che non abbia la divisa, e l’agitazione è evidente: non è un caso che un signore del calibro di Omar Suleiman, burattinaio dell’ex regime di Mubarak e degli eventi post piazza Tahrir, sia scappato a Dubai, assieme all’ex candidato presidenziale Ahmed Shafik. Forse è questo il segnale più forte del fatto che la transizione sta davvero iniziando, per quanto accidentata e governata da un costrutto istituzionale deciso dai generali in opposizione alla Fratellanza musulmana. L’islamico Morsi ha indossato i panni da statista e con piglio da “team of rivals” lincolniano annuncia che nominerà un vicepresidente copto e una vicepresidente donna – un’ouverture storica e senza precedenti nella storia mediorientale. Sempre seguendo questo raffinato piano di rassicurazione, Morsi ha avviato le consultazioni di governo: tra i candidati premier c’è Mohammed ElBaradei, a noi noto per la sua controversa direzione dell’Agenzia atomica dell’Onu, per il suo Nobel per la Pace e per aver vissuto più tempo nella sua splendida casa di Vienna che al Cairo. Per l’Egitto, ElBaradei è quasi un estraneo, ma nell’ottica pragmatica dei Fratelli musulmani un premier come lui sarebbe una garanzia. ElBaradei, che a differenza della Fratellanza sa maneggiare il potere, detta le condizioni: la prima è quella di un governo tecnico (tecnico is the new black), ai Fratelli musulmani sono riservati soltanto due ministeri e ai salafiti uno. E per meritarsi la standing ovation internazionale, tra le priorità ci sarebbe lo slogan rivoluzionario: “Pane, libertà e giustizia sociale". Troppo bello per essere vero? Può essere. Si sa che la dissimulazione è uno dei tratti caratteristici della religione islamica e si sa che in questo momento l’obiettivo principale dei Fratelli musulmani è dimostrare che sono a loro agio con la cravatta e che conoscono le regole della politica e della diplomazia. Se dicono ai giornali che hanno studiato il modello economico di Singapore, non fingono, e i mercati per ora hanno deciso di fidarsi. Così come molti governi della comunità internazionale: per altri motivi, ci basta che questo medio oriente rivoluzionario non dreni altre risorse alle nostre casse vuote. Le polemiche ricadono soprattutto su Washington, che tiene su, con i suoi corposi sussidi, il sistema-paese d’Egitto. Come è noto, non esiste una dottrina Obama: il presidente americano non stava con i militari né con la Fratellanza, per quanto tutti sono convinti che alla fine tifasse per quest’ultima (convinzione smentita ufficialmente). Laddove non arriva il tatticismo obamiano, c’è Hillary Clinton, che alla mancanza di una visione sopperisce con le connection. Così come c’era un rapporto privilegiato con Mubarak che ha impedito all’America di comprendere la crisi egiziana ai suoi esordi, oggi c’è un filo rosso che lega la Clinton al presidente Morsi. E’ Huma Abedin, la splendida consigliera di Hillary con marito fedifrago, molto introdotta – con legami non cristallini – nel mondo della Fratellanza. Nel suo giro di donne moderne dell’islam c’è la signora Morsi, Najla Ali Mahmoud che, avendo vissuto buona parte della sua vita in America e avendo dato la cittadinanza americana ai suoi due figli, ha dimestichezza con l’occidente. Non che ci sia da fidarsi delle first lady occidentalizzate – basta vedere la primadonna siriana che compra Louboutine e si scoccia perché non può più girare il mondo e il marito è assente, sta massacrando il suo popolo – ma che soltanto si parli di una first lady nell’Egitto islamico è già di per sé una prima assoluta.

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