Rio+20 rinsalda le relazioni dell’ Iran con l'America Latina e riaccende l’attenzione sulll’attentato antisemita in Argentina nel 1994
di Piera Prister
Piera Prister, Mahmoud Ahmadinejad con Hugo Chavez
Con la Conferenza dell’ONU sullo “Sviluppo sostenibile” nota come Rio+20, appena conclusasi a Rio de Janeiro, con la partecipazione e il tour di quattro giorni in America Latina di Ahmadinejad, le relazioni tra Iran, Bolivia e Venezuela diventano piu’ forti, in mezzo alla pressione internazionale delle democrazie sull’Iran perche’ rinunci ai suoi piani nucleari. Il presidente iraniano nel suo incontro con i giornalisti a Rio de Janeiro, in prossimita’ delle elezioni che si terranno in Iran nel 2013, ha approfittato dell’occasione per farsi un po’ di pubblicita’, nel dimostrare come gran parte dei paesi dell’America Latina sostengano il suo programma nucleare. Ha richiamato infingardamente l’attenzione su un nuovo ordine mondiale da lui auspicato senza il monopolio nucleare vigente, cosi’ come si legge su Haaretz del 22 giugno, Ahmadinejad calls for “new world order” without nuclear monopoly (Ahmadinejad esige un nuovo ordine mondiale senza monopolio nucleare). Questo dimostra come sia risoluto ad andare avanti ad ogni costo nella realizzazione del suo sogno di distruzione apocalittica, malgrado sia tenuto in scacco matto dalla guerra intelligente fatta non a colpi di cannone, ma a colpi di virus contagiosi che ignoti filantropi stanno combattendo nel cyberspace, per attaccare a migliaia, quelle maledette centrifughe che improvvisamente impazziscono, girano in un turbine all’impazzata, poi si impennano, rallentano di botto e si sfasciano, per poi essere rimpiazzate da altre.
Giorni prima, il Centro Simon Wiesenthal aveva ammonito il Ministro di Giustizia brasiliano ad accertarsi che la delegazione iraniana non includesse i cinque iraniani super-ricercati dall’Interpol e gia’condannati in contumacia dai giudici argentini per l’attentato al Centro della Comunita’ Ebraica a Buenos Aires nel 1994. Anche l’Argentina si e’ associata e chiede ancora giustizia per quell’attacco terroristico islamico e neonazista del 1994 contro l’edificio a sette piani della Comunita’ Ebraica delll’AMIA -Israel Mutual Association- avvenuto a Buenos Aires, sotto le cui macerie rimasero uccise 85 persone e piu’ 150 furono i feriti gravi. E’ bene ricordare che due anni prima nella stessa citta’ c’era stato l’attacco all’Ambasciata Israeliana che aveva causato 29 vittime. Secondo i giudici argentini e il giudice federale Rodolfo Canicoba Corral le piste erano chiare ed indizianti, e conducevano tutte ai terroristi Hezbollah e all’Iran, sponsor internazionale del terrore.
Dietro l’attentato c’era stato il supporto logistico di nazisti scappati dall’Europa e di filonazisti tra i funzionari corrotti della polizia di Buenos Aires che, secondo le indagini investigative, risultavano avere ingenti ed inspiegabili depositi di denaro sui loro conti bancari. L’Interpol, nella riunione del 2007 -che aveva all’ordine del giorno l’esame attento del dossier preparato dai giudici argentini- scagiono’ tre degli otto indiziati, l’ex presidente Rafsanjani, l’ex ministro degli Esteri Velayati, e l’ex ambasciatore Soleimampour, che erano troppo eccellenti per essere perseguiti, ma convalido’ il mandato d’arresto dei rimanenti che sono tuttora a piede libero e ricoprono cariche importanti in Iran.
Anzi per tutta risposta tre anni fa nel 2009 Ahmadinejad, aveva nominato ministro della difesa Ahmad Vahidi, uno dei cinque responsabili su cui pendeva un mandato di cattura, che all’epoca era il comandante dei Guardiani della Rivoluzione Islamica. Gli altri incriminati, accusati d’aver preso parte al piano di distruzione dell’AMIA, hanno tuttora tutti un ruolo politico di rilevanza in Iran, come candidati hanno concorso e concorreranno il prossimo anno nelle elezioni del 2013, come Mohsen Rezai, ministro di “ Expediency Council” che e’ un potente organismo che fornisce consiglio all’Ayatollah Khamenei, a powerful body that advises supreme leader Ayatollah Ali Khamenei. E’ chiaro che l’Iran si ritenga al di sopra delle norme del Diritto Internazionale, come e’ anche lampante che tra i prerequisiti richiesti dall’establishment iraniano per accedere alle cariche politiche e anche quelle religiose, sia proprio il far parte di associazioni terroristiche, che appare essere cosa indispensabile nei curricula degli aspiranti.
Nella sua visita di quattro giorni in America Latina Ahmadinejad ha cercato appoggi e partners commerciali tra i suoi tradizionali amici presidenti, come il venezuelano Ugo Chavez; il boliviano Evo Morales; il nicaraguense sandinista Daniel Ortega; la brasiliana Dilma Rouseff che continua a sostenere l’Iran anche se ha evidenziato la violazione dei diritti umani in quel paese, per il trattamento brutale riservato alle donne; l’ecuadoriano Rafael Correa invece non s’e’ incontrato con Ahmadinejad perche’, pur essendo suo amico e sostenitore, per l’occasione non ha voluto tradire i vincoli d’amicizia con l’Argentina. Per il credito e la simpatia che Ahmadinejad riscuote in America Latina, si pone il caso sui seri rischi che societa’ aperte come le democrazie corrono, a fronte delle insidie poste da regimi illiberali, dispotici e chiusi. E per giunta antisemiti e fra di loro alleati. Non a caso l’editoriale di L.Gordon Crovitz del 25 giugno del WSJournal s’intitola, Warnings From “Hitlerland” About Iran, che mette in evidenza come ci siano meno giornalisti corrispondenti a Teheran oggi, di quanti non ce ne siano stati a Berlino negli anni ’30.