Quale sarà il futuro dell'Arabia Saudita ?
dI Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, traduzione in italiano a cura di Yehudit Weisz)
La morte del principe ereditario
Circa una settimana fa, il principe ereditario saudita, principe Naif Bin Abd Al-Aziz è morto all'età di 78 anni in una clinica svizzera. I media ufficiali del regno hanno proclamato il lutto nazionale e descritto la morte del principe come una “perdita per la patria”. Per molti anni il principe Naif è stato una pietra miliare del regime della famiglia saudita, svolgendo una serie di ruoli chiave: fu Ministro degli Interni (per 36 anni), vice Primo Ministro (per 3 anni) e Principe ereditario (per meno di un anno). Nei suoi vari ruoli aveva sovrinteso attivamente alla sicurezza interna, al pellegrinaggio alla Mecca, alla religione e al controllo dei media. Il suo rilievo politico derivava soprattutto dall’aver intrapreso una linea dura contro l’opposizione interna al regime, dai liberali ad al-Qaeda, dalle femministe agli sciiti. Si è sicuramente meritato gli appellativi di “uomo forte” e “pilastro del regime”, che gli erano stati attribuiti. Circa un anno fa, il regno aveva perso Sultan, il principe ereditario precedente, fratello di Naif, di 86 anni. Un loro fratello, il re Abdullah, ha 89 anni (alcuni ritengono ne abbia 92) e una salute instabile: durante la preghiera funebre per Naif, a La Mecca, il re stava seduto su una sedia invece di stare in piedi, come usa, costretto dal peso degli anni, gli effetti della malattia, lo stress del potere e la morte del fratello minore. Alcuni amici erano venuti al funerale per rendergli omaggio: l’emiro del Kuwait, Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah, il capo del Consiglio Supremo delle forze armate egiziane, Maresciallo Hussein Tantawi, il capo dell’Olp e dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, l’attuale Primo Ministro del Libano, Najib Mikati e quello precedente, Saad al-Hariri, come pure altri capi di stati arabi e islamici, amici che gli sono debitori di ingenti finanziamenti… Un momento importante del funerale di Naif è stato la sepoltura a La Mecca, nel Hijaz, nonostante la famiglia provenga da Riyadh, che si trova nella zona di Najad. Naif, tra i figli del fondatore del regno, Abd al-Aziz, è il terzo emiro a essere sepolto a La Mecca, dopo due suoi fratelli: Mansur, già Ministro della difesa e Majid, già Governatore della regione de La Mecca . Alcuni dei nipoti di Abd al-Aziz, tutti in età avanzata, erano già stati sepolti a La Mecca. E’ da notare che i figli di Najid sono stati sepolti in un cimitero costruito appositamente per loro, che si chiama “Maqbarat al-Adal”, Cimitero del Giusto, nome che indica la giustizia divina. Il tribalismo esiste anche nella morte ... La loro devozione alla Mecca deriva dal desiderio di mostrare il rispetto verso i luoghi santi islamici, riflesso nel soprannome del re, “ Servo di due luoghi santi”, La Mecca e Medina.
Lo sporco affare della sostituzione del re
L’ “Hayat Al-Bi’a” (“ Consiglio della Dichiarazione della Fede”) è stato istituito alcuni anni fa, i suoi membri anziani sono prìncipi da generazioni, e figli e nipoti del fondatore del regno, Abd Al-Aziz ibn Saud, dal quale il regno ha preso il nome. Il ruolo del Consiglio consiste nel trattare con le più alte cariche dello Stato, per assicurare che solo i candidati più meritevoli e più graditi possano salire al vertice del potere nel regno. Il Principe Mashal, fratello del re, è a capo del Consiglio, che si dovrebbe riunire prossimamente, per scegliere un nuovo principe della corona. Il Principe Salman, che ha 76 anni ed è Ministro della difesa, è uno dei favoriti, ma potrebbe essere il 71enne principe Hamad, vice Ministro degli interni. La lotta tra i figli di Abd al-Aziz è difficile e burrascosa, ed è accompagnata da intrighi, alleanze e discordie, che avvengono dietro le quinte; solo i fatti essenziali vengono resi noti al grande pubblico, come lo sparo al principe Abd al-Rahman, Ministro della difesa, o il fatto che il Principe Talal aveva sbattuto la porta dopo che il re aveva nominato Naif vice Primo Ministro, nonostante non fosse stato raccomandato dal Consiglio Bi'a. Che Abd al-Rahman e il fratello Muta’ib, non fossero venuti a congratularsi con Naif per il suo nuovo incarico e a dichiarargli la loro fedeltà, è stato molto significativo, perché Naif aveva osato ignorare Muta’ib, che è più vecchio di lui, per la posizione di vice Primo Ministro, e Abd Al-Rahman era contrariato perché Salman era stato nominato Ministro della sicurezza dopo la morte di Sultan. Complicato? Forse, ma sembra che l’età avanzata di questi principi non diminuisca il desiderio del potere o la loro rivalità per la carica, alla stessa stregua delle rivalità tra parenti e amici al potere degli imperi del passato: Romano, Bizantino, Austro-ungarico e Ottomano, che crollarono, tra l’altro, proprio a causa di liti di questo genere. Tuttavia, tutti ricordano che il re aveva nominato Naif senza il Consiglio del Bi’a, e può darsi che egli sorprenderà ancora tutti, questa volta scegliendo il principe ereditario nella generazione dei nipoti, perché verrà il giorno in cui morirà anche l’ultimo dei fratelli, figli di Abd al-Aziz, e l’unica scelta sarà proprio nominare uno dei tanti nipoti. Se però questo avverrà senza la presenza di un “adulto responsabile” della generazione dei figli, i nipoti potrebbero litigare per l’ambita titolo di re. Per questo esiste la possibilità che l’attuale re acceleri la “successione generazionale”, nominando un principe della corona, che diventerà, dopo essere stato scelto da lui, il prossimo re.
La domanda di fondo è: “da quale nonna, moglie di Abd al-Aziz” sarà scelto un futuro re a sedere sul trono regale? Perché c’è una gerarchia anche tra le nonne. Un gran numero di nipoti, tutti sulla sessantina, già svolgono ruoli importanti nel sistema di governo, soprattutto come vice-ministri, e ogni volta che uno della generazione dei figli muore, ognuno dei nipoti si vede come probabile candidato alla successione. La posizione più ambita dopo il trono reale, è quella di Ministro degli Interni, dal momento che chi svolge questo ruolo si trova nel centro nevralgico dell’ amministrazione statale. Questo ruolo l’aveva ricoperto il principe Naif, per più di trenta anni il vero sovrano del regno. I membri della famiglia regnante in Arabia Saudita sono tradizionalisti, conservatori, molto refrattari ad ogni cambiamento, per cui non è chiaro se il re adotterà misure innovative, come scegliere un giovane principe per il ruolo di principe ereditario, indipendentemente dalle sue capacità. Questo perché la biologia, l’età e la malattia incombono su tutti, ed i recenti casi di decessi tra alti funzionari - la morte di due principi della corona, Sultan e Naif, a distanza di otto mesi l’uno dall’altro - potrebbe minare la stabilità della famiglia e di conseguenza, la stabilità della monarchia.
Un possibile candidato fra i nipoti è Mukran, il capo dei servizi segreti, per quanto anche lui si avvicini ai 70 anni... La generazione dei nipoti non è solo più giovane, ma è diversa anche dal punto di vista della formazione, visto che molti di loro hanno trascorso anni in Occidente a studiare nelle università più importanti. I nomi di spicco di questo gruppo sono Khaled e Turki, figli di re Faizal; Mahmoud bin Naif; Bandar bin Sultan (ex ambasciatore a Washington), Abd Al-Aziz bin Fahd; Abd Al-Aziz figlio dell’attuale re Abdullah, e molti altri ancora.
Sfide
Il principe della corona dovrà fare i conti - forse presto, come re - con una situazione irta di difficoltà e instabilità nella regione, in particolare in Siria, con la minaccia iraniana che pende sull’ Arabia Saudita e sugli altri stati del Golfo, mettendo a rischio il prestigio della monarchia nella regione e nel mondo, dato che è il maggiore paese esportatore di petrolio. In ambito interno, il re dovrà far fronte alle tendenze contraddittorie e conflittuali che stanno esercitando una grande influenza sulla società saudita: da un lato, la crescente domanda di riforme politiche per ampliare il numero di destinatari del potere governativo al di fuori della famiglia del re Abd al-Aziz, fondatore della monarchia, e dall’altra per dare opportunità ad altri candidati.
Riforme per ripartire in modo più equo la ricchezza del regno, principalmente quella relativa ai redditi derivanti da petrolio; tagliare la connessione tra il sistema giuridico e la famiglia al potere, in modo che la Magistratura appaia più giusta e legittima agli occhi della gente; ampliare la cerchia delle istituzioni scelte dai cittadini e aumentarne l’ autorevolezza; separare i rami di governo e migliorare il monitoraggio delle loro attività, con un’autorità legislativa e una supervisione libera, indipendente ed efficace. Una “famiglia stato” non accetta facilmente innovazioni di questo tipo, che potrebbero minarne il potere all’interno dei sistemi statali. La domanda della gente per delle riforme interne è aumentata lo scorso anno, in seguito agli eventi della “primavera araba”, quando il popolo saudita ha visto alla Tv in diretta, come fiumi di tunisini, egiziani, yemeniti e siriani si erano riversati nelle strade per rovesciare il vertice della piramide del potere con richieste di giustizia economica, sociale e politica. Queste richieste provenivano anche dalla situazione economica in Arabia Saudita, che è molto diversa dall’immagine che si ha di un regno ricco: soprattutto tra giovani colti e istruiti c’è un alto tasso di disoccupazione, con gravi conseguenze sulla loro capacità di crearsi una famiglia. Così, molti dei giovani rinunciano a sposarsi o cercano di emigrare, vi sono anche casi di suicidio.
L’Arabia Saudita è uno degli ultimi Stati al mondo privi di una legge che regolamenti la ripartizione delle competenze tra i rami del governo, di un parlamento eletto, di libertà di stampa, del diritto di manifestare pubblicamente, della libertà di costituire organizzazioni politiche e professionali, del diritto della donna di lavorare in enti pubblici, senza divieti specifici in base al sesso. I media moderni, principalmente i social-networks, consentono ai giovani del regno di esprimersi, e le loro richieste nascono e aumentano, prendono la forma di petizioni che richiedono alla monarchia di attuare riforme politiche, di realizzare la giustizia sociale, di liberare gli obiettori di coscienza e l’eliminazione dei monopoli governativi, economici e religiosi, tutti strettamente legati tra loro. Nonostante i divieti, si sono avute di recente dimostrazioni e scioperi contro la corruzione, la tirannia e la disoccupazione, organizzate nelle università, davanti agli uffici di governo e nei luoghi di lavoro. C’è stato anche un caso, malgrado fosse stata esplicitamente proibita, una grande manifestazione contro la detenzione amministrativa senza processo. Sia i media locali che, purtroppo, quelli internazionali, sono rimasti muti di fronte a questi eventi e alle loro implicazioni. Il mondo preferisce un’ Arabia Saudita avvolta dalle nebbie, lontano dalla cultura globalizzata, in modo che la sua stabilità resti garantita e il petrolio continui a fluire verso l’Occidente opulento, sempre dipendente dal petrolio saudita .
La condizione delle donne e la polizia religiosa
Ci sono due questioni culturali che pesano simultaneamente sulla società saudita: il problema dello status della donna e delle sue libertà, e il ruolo svolto dall’ “Agenzia per comandare il bene e proibire il male”, la famosa polizia religiosa, le cui attività sono principalmente rivolte a controllare le donne, il sesso e la cosidetta modestia. La questione è recentemente salita agli onori della cronaca dopo un video clip registrato su un telefono cellulare, in cui una donna saudita si trova di fronte a un gruppo di membri della polizia religiosa, che l’accusano di un crimine terribile: ha avuto l’ardire di uscire per fare acquisti in un centro commerciale, con le unghie smaltate. Lei si difende ripetendo più e più volte che è nata libera, e che se vuole, si può dipingere le unghie; i controllori se ne sono andati, solo dopo essersi resi conto di essere registrati. La questione del divieto di guida alle donne è inquietante, perché molte donne dell’Arabia Saudita che hanno vissuto all’estero hanno una patente di guida, e il divieto di guidare l’auto le relega agli “arresti domiciliari” o le rende dipendenti da un autista a pagamento o da un membro maschio della famiglia. La questione dei poliziotti religiosi è complicata, perché con l’accusa di eresia, vessano chiunque abbia opinioni contrarie al regime. Analizzando quel che i sauditi scrivono sui siti di socialnetwork, la polizia presenta “prove” contro gli “eretici”, che vengono poi processati per quello che hanno scritto. Il grave è che la polizia religiosa si avvale dell’aiuto di informatori ingaggiati tra la gente; ne consegue che molte persone in Arabia Saudita non sono libere di dire ciò che pensano, neppure nella privacy delle loro case. L’affidamento del regime alla polizia religiosa è la “tassa” che la famiglia saudita paga al clero religioso, soprattutto agli studiosi religiosi delle famiglie di bin Baz e ibn Alat'min, quest’ alleanza tra religione e stato, è un anatema per la maggior parte della popolazione.
Gli sciiti
Nell’ Arabia Saudita orientale, nella regione del Hasah ricca di petrolio, vivono i membri della minoranza sciita. I governanti sunniti, membri della popolazione Hanbali-Wahabita, vedono nello sciismo una sorta di eresia contro l’Islam, e cercano di reprimerlo in molti modi. Agli sciiti è proibito l'uso dell’ “adhan”, la chiamata alla preghiera dai minareti delle moschee, ed è loro vietato celebrare in pubblico il giorno della “Ashura”, il giorno in cui, nel 680 d.C., al - Hussein bin Ali, il leader sciita, venne assassinato dalle forze del califfo omayyade Yazid. Gli sciiti in Arabia Saudita, pur essendo arabi, sono regolarmente accusati di lealtà verso l'Iran e di tradimento verso la patria. Negli ultimi mesi gli alawiti in Siria sono stati aggiunti alla lista dei bersagli per i media sauditi, perché in definitiva, anche loro sono eretici ...
La questione dell’identità
Questo è apparentemente il più grave di tutti i problemi che affliggono la società del regno saudita. L’identità nazionale è definita da un gruppo di valori, ideali e princìpi che, insieme, costituiscono l’identità di individui e gruppi tra la popolazione. Sono espressi nell’ arte, cultura, letteratura, filosofia e storia. Alcune di queste componenti sono fisse e immutabili, altre integrano i cambiamenti che stanno avvenendo all’interno della società. In Arabia Saudita, i giovani, che costituiscono la maggioranza della popolazione, possono essere suddivisi in tre gruppi secondo la loro identità culturale: il primo gruppo ha un’inclinazione alla tradizione, caratterizzata da costumi e tradizioni sociali specifiche, in particolare dall’adesione alla cultura tribale, che è recentemente aumentata fra la popolazione e nei media. La crescente consapevolezza dell’unità tribale, fra quelle che non fanno parte della coalizione della famiglia saudita, si traduce in una maggiore indipendenza e consapevolezza di sé, isolando questo gruppo legato al governo. Il secondo gruppo integra i valori religiosi con altri importati, che piacciono soprattutto alle giovani generazioni. Si vedono tanti giovani che vanno a pregare nelle moschee in jeans e con i capelli tagliati in stili occidentali, in tasca hanno telefoni cellulari che contengono materiale in contrasto con i valori dell'Islam. Questi giovani non rappresentano un elemento stabile della società, e il loro comportamento può cambiare in breve tempo. Il terzo gruppo è composto da giovani che vengono sempre più attratti dal lato estremista della religione, che la vivono come una vera e propria bussola, una guida per l’individuo, la società e lo Stato. Questo gruppo considera negativamente la cultura tribale, in particolare il suo sovrano, soprattutto a causa di voci sul comportamento immorale di alcuni membri della famiglia reale. A tutti questi gruppi si aggiungano i milioni di lavoratori stranieri che risiedono stabilmente nel regno, la maggior parte dei quali - sia dal Bangladesh, Malesia, Indonesia che dal mondo arabo - lavorano in condizioni difficili e per salari molto bassi, e molto spesso ricevono un trattamento umiliante e degradante dai loro datori di lavoro sauditi. Le donne straniere che lavorano come colf in Arabia Saudita sono trattate con una doppia dose di umiliazione e sfruttamento. La considerazione che lo Stato ha di loro equivale allo stipendio che ricevono per il loro lavoro. La famiglia regnante è ben consapevole delle varie tendenze tra la popolazione, e cerca di conquistarsi la lealtà del popolo con la distribuzione mirata di finanziamenti. Una caricatura che sta girando su Internet esprime bene la situazione.
La minaccia iraniana
Il regno deve affrontare le sfide esterne, in particolare la minaccia iraniana all’integrità territoriale, ma alla luce di queste considerazioni non è chiaro se la popolazione saprà davvero dare un forte sostegno alla leadership della famiglia regnante . Non è chiaro quanto sia vicina alla popolazione a causa del logoro e spregevole sistema di governo adottato nella gestione dello Stato. Accetteranno i cittadini dell’Arabia Saudita di pagare il prezzo della guerra con l’Iran, solo per lasciare al potere esclusivamente i figli e i nipoti della Casa di Saud? L’Iran che si propone protettore degli stati del Golfo, approfitterà della probabile debolezza dell' Arabia Saudita? Il clima di tensione che recentemente regna tra la famiglia reale e la Casa Bianca a Washington, trae origine dal fatto che gli americani cominciano a dubitare del valore dell’ investimento nello “Stato della famiglia Saud”?
Solo Il futuro conosce le risposte
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
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