L'ultima bugia (in ordine di tempo, beninteso) di Sergio Romano è quella sul CORRIERE della SERA di oggi, 23/06/2012, a pag. 57, con il titolo "Cristiani nel mondo arabo tra resistenza e fuga".
Romano scrive "Anche a Gerusalemme, Betlemme, Ramallah, Nablus il numero dei cristiani sta rapidamente diminuendo." Mentendo, come sua abitudine, mette insieme Gerusalemme, dove i cristiani non solo non se ne vanno, ma vivono rispettati come tutte le altre minoranze, e aumentano, con le città arabe-palestinesi, dalle quali i cristiani stanno fuggendo oppressi come sono in una società sempre più islamizzata. Lo sanno anche gli asini, tranne Romano. In quanto a Pizzaballa non si capisce perchè gli abbia confidato che "da queste terre i francescani non se ne andranno mai ".Cosa intendeva Pizzaballa ? Da Israele o dai territori palestinesi ? Nel primo caso nessuno lo mette in dubbio, i francescani, in Israele, vivono benissimo. Se intendeva nei territori palestinesi, Romano non lo dice nè lo lascia intendere.
Se esistesse la " Palma d'Oro dell'israelofobia ", Romano non ha ormai concorrenti, se l'aggiudicherebbe lui.
Ecco lettera del lettore e risposta:
Alla luce di quanto è successo dopo la caduta di Saddam Hussein in Iraq e di Hosni Mubarak in Egitto, quale scenario è più realistico per i cristiani della Siria post-al Assad, qualora dovesse esserci, libertà o esodo?
Valerio Modoni
valerio.modoni@virgilio.it
Caro Modoni,
In mancanza di censimenti affidabili il numero dei cristiani nei Paesi arabi non è facilmente verificabile. I copti egiziani sarebbero il 10% della popolazione, ma la percentuale può variare considerevolmente da un interlocutore all'altro. In Iraq, prima della guerra americana, erano probabilmente il 3% (circa 400.000), ma il loro numero, dopo la prima fase del conflitto, si è probabilmente dimezzato. Nel 2006, a Beirut, il vecchio patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir mi ha detto che i cristiani, prima dello scoppio della guerra civile (1975), erano grosso modo metà della popolazione e che i maroniti fuggiti all'estero durante il conflitto sono non meno di un milione. È ormai finita l'epoca in cui la grande comunità cristiana libanese era la spina dorsale del Paese, il nucleo più influente della classe dirigente nazionale.
In Siria sarebbero il 10% della popolazione, quindi poco meno di due milioni, e hanno goduto per molto tempo di uno statuto invidiabile. Il quartiere cristiano di Aleppo è una sorta di compendio della storia del cristianesimo, il luogo dove si allineano, a breve distanza l'una dall'altra, le chiese degli ortodossi, degli assiri, dei caldei, degli armeni, dei melchiti, dei maroniti. A breve distanza dalla città sorgono le rovine della grande basilica di San Simeone stilita, il santo che trascorse gran parte della sua vita sulla sommità di una colonna e divenne meta di innumerevoli pellegrinaggi. Qui esistono ancora monumenti che dimostrano quanto le tre religioni del libro fossero strettamente intrecciate. Nella grande moschea degli Omayyadi, a Damasco, una grande tomba custodisce la testa di san Giovanni Battista. Nella maggiore moschea di Aleppo una tomba conserva la testa di Zaccaria, padre di Giovanni. Nel museo nazionale di Damasco è stata trasportata e ricostruita la sinagoga di Dora Europos (un'antica città sull'Eufrate, a breve distanza dalla frontiera irachena): la sola al mondo interamente affrescata con storie dell'Antico Testamento. Nel villaggio di Maalula, a 60 km dalla capitale, gli abitanti parlano amarico, la lingua di Gesù, e vivono all'ombra del monastero di Santa Tecla, martire cristiana e, forse, discepola di san Paolo. Se la guerra civile siriana diverrà un conflitto fra sunniti e sciiti, come in Iraq e nel Bahrein, i cristiani saranno condannati alla parte del terzo incomodo e saranno egualmente invisi agli uni e agli altri. Temo che molti decideranno di lasciare il Paese.
Anche a Gerusalemme, Betlemme, Ramallah, Nablus il numero dei cristiani sta rapidamente diminuendo. Ma nelle scorse settimane, durante un viaggio a Gerusalemme e a Ramallah, ho visitato la Custodia di Terra Santa, l'istituzione a cui una bolla di Clemente VI, nel 1342, affidò il compito di rappresentare la Chiesa di Roma nei luoghi della rivelazione. Da una conversazione con il Custode, Pierbattista Pizzaballa, sono uscito con l'impressione che da queste terre i francescani non se ne andranno mai.
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