Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 22/06/2012, a pag. 14, l'articolo di Gaia Cesare dal titolo " L’Iran mette in pagella il voto sul velo ", l'articolo di Rolla Scolari dal titolo " A Tahrir dopo il sogno di libertà c’è l’incubo dei maniaci sessuali ".
dove siete finite?
Due articoli che descrivono la situazione terrificante delle donne nei Paesi islamici. Il tutto nel silenzio totale delle femministe occidentali. Evidentemente la sorte delle donne islamiche, il fatto che siano considerate semplici oggetti a disposizione del maschio di turno non conta nulla. Esistono ancora le femministe? Se sì, battano un colpo, per piacere.
Ecco i pezzi:
Gaia Cesare - " L’Iran mette in pagella il voto sul velo "
Basta una ciocca di capelli fuori posto per «minacciare i valori fondamentali della Repubblica islamica». «Sangue deve essere versato per risolvere la questione e sradicare il problema dalla società » ha tuonato circa un anno fa, durante la preghiera del venerdì, l’ayatollah Ahmad Khatami. «Le donne che vanno in giro senza velo e indossano abiti aderenti sono più pericolose degli animali diabolici », gli ha fatto eco l’ayatollah della città di Mashaad, Alam al-Hodeh, mentre un ufficiale della polizia iraniana attribuiva al modo «improprio» di indossare l’hijab la causa di una serie di stupri registrati nel centro del Paese. Un chiodo fisso, un’ossessione tormenta il clero ultraconservatore che domina sull’Iran imponendo restrizioni e divieti come se i traguardi della storia e i cambiamenti del costume fossero un futuro da scongiurare e non un presente da imitare o semplicemente da lasciar scorrere. Così lo spauracchio diventano le donne occidentali e il loro modo di mostrarsi in pubblico, «praticamente nude». L’ultima scure contro questo modello «diabolico» la lancia il ministero dell’Educazione, che ha intende introdurre un voto a scuola sul velo. Un modo per promuovere «il corretto abbigliamento islamico delle studentesse » e sensibilizzare i genitori perché verifichino che le bimbe siano coperte adeguatamente, cioè lascino visibili solamente volto, mani e piedi. Per il resto, il solito drappo che nasconde fisionomia, vezzi, personalità e carattere di chi lo indossa. Tanto più premiato, quanto più anonimo si mostrerà al mondo. Tanto più lodato quanto più si allontanerà dai peccaminosi modelli negativi diffusi dai media stranieri, specie attraverso i film con attrici senza velo, riferisce l’agenzia Fars, imboccata dal Dipartimento della cultura. È l’ultima frontiera del medioevale «dress code», il codice per l’abbigliamento,che solo nella capitale Teheran, ogni anno, impiega settantamila poliziotti col compito specifico di «combattere l’invasione della cultura occidentale ». Per le donne il divieto di mostrare capelli - spesso trasgredito dalle più giovani per noncuranza, per ribellione o per pura vanità - e di lasciare nude gambe, caviglie e braccia. Col rischio, quindi, di venire fermate anche per un cappotto troppo corto. Unica libertà: l’uso del colore. Per gli uomini niente pantaloncini e persino il divieto di collane o «tagli di capelli troppo glamour» (i capelli lunghi sono al bando anche quelli). Per contrastare le derive, la polizia morale può entrare in azione in ogni momento e dalla primavera, quando le temperature si alzano e le trasgressioni rischiano di aumentare, si registra ogni anno un particolare accanimento. Obiettivo più ghiotto sono quasi sempre le donne e soprattutto le giovani in un Paese in cui il 70% della popolazione è composto da under 35. Ma non solo: lo scorso novembre 70 stilisti sono stati richiamati e 400 negozi chiusi per la vendita di «abiti impropri». Un intensificarsi di controlli che è anche una cartina al tornasole dello stato dei rapporti tra il presidente Mahmoud Ahmadinejad e gli ayatollah che lo hanno spesso accusato di approccio «lassista e negligente» su questi temi nel tentativo di affermare la loro supremazia sul governo. Una guerra interna tra poteri in cui Ahmadinejad fa del «dress code» una questione «culturale» («il velo previene il vizio e diffonde il bene») mentre gli ayatollah sventolano i loro diktat appellandosi alla sicurezza (le donne che indossano impropriamente il velo spingono gli uomini ad abusare di loro e sono all’origine della«corruzione morale delle famiglie). Una partita fatta di interessi politici, di faide interne, di proclami medioevali e di integralismo religioso in cui a soccombere sono i desideri più semplici e i vezzi innocui o legittimamente maliziosi - delle tormentate donne dell’Iran.
Rolla Scolari - " A Tahrir dopo il sogno di libertà c’è l’incubo dei maniaci sessuali"
Rolla Scolari
In Egitto,l’atteso esito del voto presidenziale sta riempiendo ancora una volta midan Tahrir. La grande piazza nel cuore del Cairo, simbolo della rivoluzione, è cambiata rispetto all’inizio del 2011.Nei mesi della mancata transizione politica è diventata un luogo troppo spesso a rischio per le donne. Nei 18 giorni della rivolta, migliaia di donne erano scese lì a manifestare contro il regime, in un’atmosfera di festa e insicurezza. Il clima è però peggiorato nei giorni successivi. In piazza molte donne - egiziane, reporter straniere, ragazze velate o vestite più alla moda occidentale - sono state obiettivo di molestie, aggressioni sessuali, tentativi di stupro di gruppo. La notte della caduta di Hosni Mubarak, la giornalista americana Lara Logan ha subito un brutale attacco sessuale da parte di una folla incontrollabile di uomini proprio nel mezzo della festa di Tahrir. A novembre, dopo la violenta aggressione a una cronista francese, Reporters Sans Frontières ha pubblicato un comunicato in cui sconsigliava alle giornaliste di coprire gli eventi egiziani.
Nei mesi di instabilità in Egitto, le aggressioni sessuali non sono arrivate soltanto da ignoti. Sempre a novembre, dopo essere stata arrestata, la giornalista e blogger Mona El-Tahawy è stata picchiata a aggredita sessualmente da uomini delle forze di sicurezza: «Mi hanno circondata in 5 o 6, palpato e toccato il seno, le parti intime e ho perso il conto di quante mani hanno cercato di entrare nei mie pantaloni», ha scritto su Twitter. E hanno fatto il giro del mondo le immagini della «ragazza dal reggiseno blu», trascinata a terra semi nuda e picchiata dai poliziotti nel mezzo della piazza.
Fuori dalla politica e dalla piazza, le molestie sessuali in Egitto sono un problema tristemente noto da anni. Coinvolge egiziane di ogni età, turiste, straniere. Secondo uno studio del 2008 dell’Egypt Center for Women's Rights, subiscono molestie in Egitto il 98% delle donne straniere, l’83% delle egiziane. Il fenomeno non è combattuto dalle autorità. Nel 2006, le immagini riprese dai telefonini e poi messe online di decine di giovani uomini che nel centro del Cairo aggredivano gruppi di ragazze avevano aperto polemiche, acceso lo sdegno, aprendo le porte alla discussione di un tema tabù.
Le molestie sessuali vanno da quelle verbali- incessanti nelle strade del Cairo- ai palpeggiamenti in luoghi molto affollati - mezzi pubblici, manifestazioni - ad aggressioni molto più violente, a volte di gruppo, fino al tentativo di stupro.
Secondo Abdu Abul Leila,dell’organizzazione per i diritti umani Al Shehab, è necessario fare la distinzione tra il fenomeno generale e le aggressioni di Tahrir. Olaa Shahba, attivista della Coalizione dei Giovani Rivoluzionari, spiega che l’aumento degli episodi di molestie nei confronti delle donne in Tahrir non sarebbe una coincidenza, ma una mossa della contro-rivoluzione per etichettare la piazza come luogo pericoloso e screditare la rivolta. A inizio giugno, una piccola manifestazione contro le molestie in piazza Tahrir, cui partecipavano sia donne sia uomini, è stata attaccata. Gli uomini sono stati picchiati e le donne aggredite anche sessualmente.
Il fenomeno in Egitto va però oltre i confini di Tahrir e la società, soprattutto quella maschile, insabbia, nega e minimizza. «Le donne non ne parlano per paura, vergogna, perché temono che le famiglie non le facciano più uscire- spiega Abul Leila- e molti giustificano, dando loro la colpa dell’accaduto », a causa dell’abbigliamento, o perché si trovavano da sole in strada di sera.
Le donne hanno iniziato a pensare a come difendersi non soltanto legalmente. Ahmed Khadry, 26 anni, esperto di arti marziali, tiene da due mesi un corso di autodifesa per signore. La maggior parte delle partecipanti è straniera. «Quasi tutti i giorni ricevono molestie, anche soltanto verbali - spiega -Non sanno come difendersi in caso d’attacco ». C’è invece chi tenta di cambiare la percezione della società. L’organizzazione HarrassMap mappa i luoghi dove le aggressioni sono più frequenti per poi recarsi sul posto e tentare di cancellare la tacita accettazione della popolazione. «Quarant’anni fa la società stessa, più tradizionale, sanzionava questo tipo di comportamento - spiega Mohammed Khatib, dell’organizzazione oggi tende a giustificarlo».
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