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Il Foglio Rassegna Stampa
22.06.2012 David Albright denuncia il nucleare iraniano
cronaca di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 22 giugno 2012
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Albright, l’ex ispettore dell’Onu che svela al mondo l’atomica iraniana»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/06/2012, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Albright, l’ex ispettore dell’Onu che svela al mondo l’atomica iraniana".


Giulio Meotti   David Albright    Iran: " Non preccoupatevi, le mie bombe saranno inoffensive "

Roma. Ieri è arrivato il suo ultimo dispaccio sulla bomba atomica iraniana prossima ventura. Dal quartier generale dell’Institute for Science and International Security di Washington, David Albright ha dichiarato che “bastano quattro mesi all’Iran per assemblare un ordigno nucleare”. Non passa settimana senza che l’osservatorio di Albright, uno dei massimi esperti al mondo di proliferazione nucleare e autore di saggi sul plutonio e dintorni, non dirami un report sui progressi atomici di Teheran. Assieme all’Agenzia dell’Onu per l’energia nucleare, all’intelligence israeliana e ai gruppi di dissidenti iraniani, è Albright oggi l’uomo chiave nello smascherare i progressi degli ayatollah iraniani. Il suo istituto ha fama di indipendenza ed è finanziato da corporation, università, governi. Dopo il 2003, quando si disse che gli iraniani avevano sospeso il programma nucleare, Albright fu uno dei primi a spiegare che “anche se l’Iran può dire che si tratta di ricerche legate al nucleare civile, non c’è un’applicazione civile per queste componenti. E’ un indicatore molto solido di lavoro fatto per delle armi”. Riconosciuto come uno dei massimi esperti indipendenti al mondo di energia atomica, Albright non è nuovo al pubblico americano. Nel biennio 2002-2003, Albright era ogni giorno sulle reti televisive americane a spiegare al pubblico statunitense che Saddam Hussein stava fabbricando armi di distruzione di massa. Fu Albright, fra gli altri, in qualità di ex ispettore dell’Agenzia Onu per l’energia atomica, a dettagliare il programma iracheno sulle armi chimiche, batteriologiche e nucleari. Di fronte alle telecamere della Pbs, il 1° ottobre 2002, Albright disse: “Credo che ci siano molte prove di armi chimiche e biologiche e abbastanza per pensare che sia stato ricostruito un programma nucleare militare”. Nell’Istituto di Albright avrebbe lavorato, guarda caso, Khidhir Hamza, il più noto scienziato iracheno esule all’estero e fra le principali fonti presso l’Amministrazione Bush sulle armi di Saddam. Un passato usato contro l’esperto americano. E c’è persino chi tira in ballo contro Albright la sua identità ebraica, che ne farebbe un “sionista”, un “agente di Israele” privo di scrupoli nel fabbricare la smoking gun iraniana e favorire così lo strike militare di Gerusalemme. Alcuni giorni fa, a meno di due settimane dal terzo round dei falliti colloqui fra gli iraniani e il 5+1 sulla questione nucleare, il gruppo di Albright ha rivelato che gli ayatollah stanno costruendo un terzo impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio. Una “seconda Fordo”. Lo scorso novembre poi Albright annuncia che c’è anche un ex scienziato sovietico, Vyacheslav Danilenko, al vertice del programma iraniano. Sarebbe stato lui a fornire ai mullah consigli sull’uso militare del programma di arricchimento dell’uranio. Secondo Albright, l’Iran avrebbe poi ricevuto l’aiuto di altri esperti di energia atomica, come Abdul Qadeer Khan, considerato il padre del nucleare pachistano, ma nessuno è stato determinante come Danilenko, il quale ha contribuito alla nascita del generatore R265, l’ormai famigerato container immortalato dai satelliti a Parchin. Già, Parchin. Nei giorni scorsi sempre Albright ha reso note al mondo le immagini satellitari in cui si vede gli iraniani che “ripuliscono” il sito di Parchin, dove avrebbero effettuato test militari. Una prima fotografia evidenzia come l’Iran abbia distrutto due piccoli complessi connessi con i test nucleari. Sulla destra di una immagine è ancora possibile vedere le tracce lasciate dal macchinario usato dagli iraniani per distruggere i complessi. Una seconda fotografia rappresenta un ingrandimento della precedente e mette ancora più in risalto le tracce lasciate sul terreno dai macchinari usati dai tecnici. A chi ha insinuato che il suo istituto abbia ottenuto quelle immagini segrete e preziose da Israele in modo da influenzare l’opinione pubblica internazionale in vista di uno strike, Albright ha risposto secco: “Le abbiamo acquistate dalla DigitalGlobe”.

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