Fra le molte cronache e interviste sulla situazione in Egitto, di cui diamo per scontata la conoscenza dei lettori di IC, riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/06/2012, a pag. 18, l'intervista di Cecilia Zecchinelli al vescovo Kyrillos William dal titolo "Ora i cattolici rischiano nuove discriminazioni".
Invitiamo a leggere l'analisi di Zvi Mazel cliccando sul link sottostante
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=310&id=44964


Kyrillos William
IL CAIRO — È il vescovo Kyrillos William, frate minore 66enne, che da febbraio guida la comunità dei cattolici egiziani dopo l'aggravarsi della salute del patriarca Antonios Naguib. «Cattolici copti — precisa alla sede piena di fiori del Patriarcato, vicino alla tomba di Gamal Abdel Nasser — perché tutti i cristiani qui sono prima di tutto copti, parola che vuol dire egiziani. E tutti i cristiani in queste elezioni hanno logicamente votato Shafiq, come potevamo scegliere un Fratello musulmano? Tutti noi, ora che ha vinto Morsi, ringraziamo Dio che esista l'esercito».
La Chiesa che conta 250 mila fedeli, minoranza nella minoranza, è per monsignor Kyrillos il «ponte» che lega quella romana, di cui riconosce il Pontefice, e quella ortodossa, ben più numerosa, con cui condivide tradizioni e liturgia, anche i sacerdoti cattolici qui ad esempio possono sposarsi. «Non sempre siamo concordi con gli altri fratelli copti, sono radicali, parlano di persecuzione, noi preferiamo il termine discriminazione», spiega in perfetto italiano, una delle molte lingue che conosce tra cui il russo imparato nel «periodo sovietico» di Nasser quando nella guerra dei Sei giorni fu interprete militare. Ma la discriminazione, aggiunge, è stata fortissima per decenni, in ogni campo. E adesso con Morsi il rischio che «ritorniamo cittadini di serie B, o peggio, è forte».
«L'Islam politico mi fa una profonda paura, uno Stato religioso sarebbe terribile, anche se i cristiani d'Egitto hanno trovato un coraggio che prima non c'era — continua —. Cosa vogliamo? Quello che ha chiesto la Rivoluzione: libertà, dignità, uguaglianza per tutti». Nel limbo seguito alla caduta di Mubarak il clima è migliorato. Non più l'inedita vicinanza tra cristiani e musulmani come nei giorni di Tahrir, quando le due fedi pregavano vicine, ma comunque con meno problemi. «Abbiamo iniziato a costruire chiese nuove, o almeno a ristrutturare le vecchie, cosa che sotto Mubarak era quasi impossibile. Gli attacchi sono calati, e a volte dobbiamo ammettere che le tensioni sono provocate dai fratelli ortodossi che alzano enormi croci sui tetti delle chiese quando sarebbe meglio evitarlo. O non accettano che le ragazze cristiane, magari per amore, si rivolgano all'Islam, e gridano allora al rapimento. Noi siamo per la libertà, anche di fede, e per il dialogo, che è cresciuto con i musulmani. Ma non di tutti ci fidiamo».
In particolare, spiega monsignor Kyrillos, molti salafiti hanno una visione rigida dell'Islam, sono contro ogni «infedele» e «vogliono cacciarci da questo Paese dove noi siamo arrivati 7 secoli prima di loro». E pure la Fratellanza è «ambigua, non affidabile, anche se ora vedremo cosa farà Morsi se sarà confermato. I militari gli lasceranno pochi poteri e a noi va benissimo così».
Di positivo c'è anche, per la prima volta, che le varie Chiese si stanno finalmente unendo per creare un Consiglio cristiano d'Egitto e avere una voce unita e più forte. E una garanzia viene da Al Azhar e dal suo Grande Imam sheikh Al Tayyeb, «buono e moderato, nonostante alcuni suoi consiglieri siano rigidi». Il centro religioso più importante dell'Islam sunnita «sta cercando ora un nuovo ruolo, vuole indipendenza dal governo e più autorità, nel segno della moderazione. Resta ancora aperta la frizione con il Vaticano, seguita al discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Ma mi auguro che anche questo problema, a Dio piacendo, sia presto risolto».
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