Il breve testo che segue è l'Andrea's Version sul FOGLIO di oggi, 19/06/2012, in prima pagina. L'editore Carlo Angelino ce l'ha segnalato a causa di una parola nell'ultima riga, che, pubblicata senza le dovute virgolette, perde il suo eventuale significato ironico. Nel contesto, nel quale Marcenaro è Maestro, senza le virgolette assume un significato serio, e cioè che Gesù fosse veramente palestinese. Non è una questione di lana caprina, ma la chiave d'ingresso della propaganda arabo-musulmana nel mondo cristiano-cattolico, Gesù non è più ebreo, ma è arruolato fra i giocatori nella squadra avversa.
Ecco l'Andrea's Version, segue la lettera di Carlo Angelino:
Mandato via l’Amor nostro e non è bastato, fatto un governo tecnico e non è bastato, cambiato il governo in Spagna e non è bastato, evitato il referendum greco e non è bastato, prime elezioni in Grecia, peggio che andar di notte, batosta elettorale alla Merkel in Nord Reno-Westfalia e non è bastato, troike dappertutto come se piovesse, ma non è bastato, ribaltato in Francia Sarkozy con un socialista piazzato al posto suo e non è bastato, costituito l’asse Roma-Parigi e non è bastato, 100 miliardi alle banche spagnole e non è bastato, altro giro di elezioni in Grecia e non basta nemmeno quello, “ci vuole subito l’unione politica dell’Europa”, dice Monti dal Messico. Alla buon’ora. Adesso non resta che recuperare il numero di telefono di quel palestinese che moltiplicava i pani e i pesci
Lettore assiduo de Il Foglio, di cui apprezzo in particolare gli articoli di Giulio Meotti, oggi sono rimasto spiacevolmente sorpreso dalla Versione di Andrea Marcenaro, uno dei rarissimi giornalisti italiani dotati di quella genuina ironia propria di chi sa soprattutto sorridere e ridere di se stesso. Nella Versione di oggi però Andrea, quando definisce Gesù un palestinese, incorre in un errore grave, del tutto inatteso dalla sua penna e foriero di un equivoco su cui fanno leva i palestinesi di oggi e i loro amici. Mi preme perciò ricordargli che il giovane Yehoshua ben Yosef, cui i vangeli attribuiscono il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, non era affatto, nè si considerava, un "palestinese", ma era un ebreo della Galilea, nazireo, cioè consacrato al Dio di Israele fin dal suo concepimento. La denominazione di Palestina con cui i romani chiamavano la terra di Israele, conquistata da Pompeo qualche decennio prima, derivava del resto dal nome degli abitanti della costa, cioè i filistei, un tempo nemici dichiarati dagli israeliti.
Carlo Angelino
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante