Egitto, risultati elettorali ancora incerti commenti di Carlo Panella, Rolla Scolari
Testata: Il Foglio Data: 19 giugno 2012 Pagina: 1 Autore: Carlo Panella - Rolla Scolari Titolo: «Regola saudita - Regola militare»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/06/2012, a pag. 1-4, gli articoli di Carlo Panella e Rolla Scolari titolati " Regola saudita " e " Regola militare ". Ecco i pezzi:
Carlo Panella - " Regola saudita "
Carlo Panella, Hussein Tantawi
Roma. Bluff contro bluff, il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsy, e quello dei generali, Ahmed Shafik, rivendicano una “storica vittoria” alle presidenziali egiziane di domenica. Aspettando i risultati ufficiali, una sola cosa è già chiara: il vincitore, chi detiene e deterrà il potere reale nell’Egitto post Hosni Mubarak, è il feldmaresciallo Hussein Tantawi, che controlla il paese a tal punto da potersi permettere una vertiginosa e scandalosa modifica delle regole a partita in corso. Il Consiglio supremo di Difesa presieduto da Tantawi ha deciso di avocare a se stesso non soltanto tutto il potere legislativo, ma anche la gestione del bilancio e soprattutto la nomina del Comitato che deve scrivere la nuova Costituzione e quindi definire i poteri del nuovo presidente. A seguire la burla: in un comunicato pubblicato ieri mattina il Consiglio di Tantawi ha annunciato che entro il 30 giugno “cederà i poteri al presidente eletto”. Il non piccolo problema è che nessuna Costituzione decreta quali siano questi poteri e nessun Parlamento li potrà controllare; di conseguenza essi saranno attribuiti al Consiglio di Tantawi: il Figaro definisce “bricolage costituzionale” quello che molti chiamano “golpe bianco a più stadi”, ma al di là delle definizioni è evidente che al Cairo ormai è inarrestabile la tendenza bonapartista dei generali e che nessuno, men che meno i Fratelli musulmani, sono in grado di contrastarla. E’ la fine delle primavere arabe, delle spallate dal basso, delle rivoluzioni giovanili, del medio oriente come non l’avete mai visto prima? C’è una foto che immortala questo momento storico e che fa pensare che sì, i cosiddetti moti rivoluzionari hanno in parte perso, mentre la controrivoluzione di marca saudita, che tutto gestisce in terra mediorientale, può festeggiare il suo trionfo. La foto è di domenica e ritrae il feldmaresciallo Tantawi di fianco al re saudita Abdullah durante i funerali del defunto erede al trono (ultrasettantenne) di Riad. Lo status quo in Egitto è già un fatto. Il processo costituzionale “fai da te”, in cui i generali egiziani si riservano l’ultima mossa irridendo la sovranità popolare, permette di modulare la nuova Costituzione a seconda che le urne consegnino la vittoria a Morsy o a Shafik. Se vincerà il primo, è più che probabile che Tantawi e il Consiglio impongano quella “riserva costituzionale” che già hanno tentato mesi fa, che assegna alle Forze armate un ruolo sovraordinato nella gestione della Difesa, degli Esteri e dell’Economia e che ridurrebbe il potere presidenziale a pura rappresentanza. Se vincerà Shafik, ultimo premier di Mubarak, è probabile che i generali modulino una Costituzione che riconosca più poteri al presidente, finalizzata all’obiettivo perseguito sin dal marzo 2011: il regime di Mubarak senza Mubarak. Le forti spinte popolari della primavera araba non sono riuscite a sgretolare regimi frutto di una vocazione autoctona immobilista e autoritaria. Re Abdullah ha risposto alla rivolta degli sciiti del Bahrein annettendosi il piccolo regno e non ha realizzato nessuna riforma politica tra le tante promesse. Neppure quella dinastica, tanto che, anziano (88 anni) e malato di cancro, avrà come successore un fratello anch’esso anziano e anch’esso malato di cancro; il più quotato è Salman, il più dogmatico sul piano religioso, il più tradizionalista sul piano politico, molto vicino all’ala più conservatrice dei Fratelli musulmani egiziani (da sempre sponsorizzati da Riad). Questo immobilismo politico pachidermico non è soltanto insito nell’ideologia wahabita-salafita, ma è condiviso dai vertici delle Forze armate egiziane che laiche sono solo in apparenza, ma che dalla morte di Sadat (1981) in poi hanno applicato la ricetta principe di Mubarak: ostacolare sul piano del potere la Fratellenza, facendo proprie le istanze islamiste. L’immobilismo è rafforzato dall’alleanza obbligata di Egitto e Arabia Saudita contro le minacce iraniane: è indicativo che né Riad né il Cairo siano riusciti a mediare la pace tra Hamas e Abu Mazen, così come non sono riusciti a giocare un ruolo decisivo nella crisi siriana.
Rolla Scolari - " Regola militare "
Rolla Scolari, Ahmed Shafik
Il Cairo. L’esito del ballottaggio in Egitto è ancora incerto, il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsy, ha detto di aver vinto, ma anche il suo rivale, l’ex premier del regime Ahmed Shafik, sostiene di aver ottenuto il maggior numero di consensi. Anche sui numeri sono monocordi: entrambi dicono di aver conquistato il palazzo con il 52 per cento dei voti. Lo scontro rischia di andare avanti a lungo, secondo le fonti ufficiali i risultati saranno resi noti soltanto giovedì, mentre il logorio istituzionale è destinato a protrarsi anche oltre. Il risultato del ballottaggio infatti non è nemmeno più tanto rilevante: la giunta militare ha fatto sì che il prossimo presidente, che sia uno dei suoi o uno della Fratellanza, abbia comunque molti meno poteri del previsto. La transizione democratica – se mai ce n’è stata una – ha perso ulteriore consistenza dopo che giudici e militari hanno deciso di cambiare le regole del gioco. Un’ora dopo la chiusura delle urne, domenica, la giunta ha pubblicato una nuova dichiarazione costituzionale per definire i poteri del presidente. Il nuovo documento, che permette ai militari di creare una nuova Assemblea costituente e quindi dare forma all’era politica del dopo Mubarak, restringe i poteri del prossimo rais. Pochi giorni prima del voto, la Corte costituzionale ha decretato la dissoluzione del primo Parlamento eletto egiziano, a maggioranza islamica, giudicando anticostituzionale alcuni articoli della legge elettorale. I Fratelli musulmani sono la forza più colpita, perché avevano la maggioranza in quel Parlamento sciolto (ma che per loro può ancora continuare a legiferare) e perché se anche dovessero conquistare la sedia presidenziale avranno comunque un potere ridotto. La Fratellanza prepara manifestazioni per celebrare la vittoria e oggi scenderà in piazza per protestare contro le decisioni dei militari, assieme ai salafiti e al Movimento 6 Aprile. Ma non ci sarà uno scontro diretto: Issandr al Amrani, titolare del blog “The Arabist” ed esperto di politica egiziana, scrive che il movimento accetterà il nuovo assetto. Tra le forze rivoluzionarie e tra politici di vecchia data all’opposizione c’è chi accusa i Fratelli musulmani di essere la causa del ritorno dell’ex regime. “I Fratelli musulmani hanno commesso errori fatali, ossessionati dal proprio nuovo potere – dice al Foglio Ossama Ghazali Harb, uno dei nomi dell’antica opposizione laica a Mubarak e volto noto di piazza Tahrir nei giorni della rivoluzione. Il primo errore, secondo Gahezali Harb, è quello di aver tentato di monopolizzare la Costituente. Per mesi c’è stato uno scontro in Parlamento tra forze islamiste e deputati liberali, che accusavano Fratelli musulmani e salafiti di volere una Costituente non rappresentativa di tutte le forze politiche e sociali. “I militari ci hanno dato la possibilità di fare la Costituente, ma i Fratelli musulmani hanno rifiutato l’intesa”, spiega Bassem Kamel, deputato del Partito socialdemocratico. Il secondo errore del movimento islamista, per Ghazali Harb, sarebbe stato quello di candidarsi alle presidenziali, dopo aver promesso di non presentarsi. Il timore di una vittoria dei Fratelli musulmani, già maggioranza in Parlamento, “ha restaurato il vecchio regime”. La Fratellanza “ha innescato il ritorno del tradizionale spirito dello stato egiziano: quello anti islamista”. Ma i rimproveri sono anche di segno opposto: i movimenti rivoluzionari accusano da tempo gli islamisti di essere scesi a compromessi con i militari quando era troppo presto: “Hanno fatto i loro calcoli politici, hanno negoziato con i militari quando noi volevamo restare in piazza – spiega Tarek al Khouly, del movimento 6 Aprile – Se avesserso camminato assieme alla rivoluzione ora sarebbero più forti”. Mohammed Shawky, della giovane guardia della Fratellanza, ammette molti errori, primo tra tutti quello di non aver cercato di smantellare un regime decapitato, ma ancora solido: “Siamo stati ingenui”. Il quotidiano al Shuruk ha spiegato le divisioni nella Fratellanza: ci sarebbe chi pensa che, se fossero stati fatti compromessi con i laici sulla Costituente, la situazione politica oggi sarebbe più stabile.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante