Sul FOGLIO di oggi, 16/06/2012, a pag.3, con il titolo "L'abuso della memoria della Shoah, di Manfred Gerstenfeld", esce nella rubrica quotidiana delle recensioni un pezzo dedicato ad un libro del nostro collaboratore Manfred Gerstenfeld, purtroppo non ancora tradotto in italiano.
IC l'ha recensito nella rubrica dei "Libri Raccomandati", molto opportuno il pezzo sul FOGLIO.
Copertina del libro Manfred Gerstenfeld
Un libro che Elie Wiesel giudica decisivo per decifrare uno degli enigmi contemporanei più tragici e perversi. La negazione, la deformazione e l’abuso della memoria dello sterminio degli ebrei europei. Il saggio di Manfred Gerstenfeld (Vienna, 1937), portavoce del Jerusalem Center for Public Affairs e autore di venti saggi sull’antisemitismo e dintorni, si snoda fra semantica, ideologia, politica, cultura contemporanea, storia e narrativa. Sono molte le domande sullo sfondo della narrazione intellettuale di Gerstenfeld. Come è possibile usare contro Israele proprio la memoria della Shoah? Quale ideologia si agita e scuote la strumentalizzazione dell’Olocausto a fini politici? Che cosa spinge certa politica, anche inconsapevolmente, ad alterare la realtà storica? Quali sono le categorie che raggruppano queste alterazioni? Quali sono le reazioni della comunità internazionale? Perché oggi in Europa, nonostante tutta l’impalcatura di memoria e memoriali, l’antisemitismo risorge forte come non mai dalla fine della guerra? Il libro è prima di tutto una storia del negazionismo, dai tentativi di “de-giudaizzare” la Shoah in Unione sovietica fino alle nuove teorie negazioniste, dall’Iran all’affermazione dei vescovi lefebvriani, ma anche uno studio di figure universali come Anna Frank. Gerstenfeld, che dirige la Jewish political studies review, penetra la cattiva coscienza che ha partorito quest’odio irrazionale fatto di compulsiva duplicità, doppio standard e negazionismo. Oggi pellicole come “Schindler’s List” sono bandite in Egitto (“troppe uccisioni”, la motivazione ufficiale). Traduzioni in arabo dei “Protocolli dei savi di Sion” e del “Mein Kampf” di Hitler inondano le bancarelle e le librerie arabe, mentre sono assenti gli scrittori israeliani. Il filosofo comunista Roger Garaudy, condannato in Francia per aver negato l’Olocausto (disse che “non c’è stato alcun genocidio durante la Seconda guerra mondiale e gli ebrei hanno inventato l’Olocausto per il loro tornaconto politico ed economico”), è un eroe a Beirut e al Cairo. Tra i suoi ammiratori c’è l’ex presidente iraniano Hashemi Rafsanjani, un’altra figura centrale nella narrazione di Gerstenfeld. Quando il musicista greco Mikis Theodorakis chiama Ariel Sharon “il piccolo Hitler”, non lo fa per ignoranza dell’Olocausto. Theodorakis è autore, infatti, del capolavoro in musica “Mauthausen”. La cultura europea definisce l’Olocausto “male assoluto” e così facendo lo getta nella storia più lontana, lo rende impalpabile. Un grande storico tedesco, Matthias Küntzel, ha giustamente detto che “l’abuso dell’Olocausto è la versione soft dell’Olocausto negato da iraniani e islamisti”. Sarebbe facile liquidare la negazione della Shoah come follia irrazionale. Ma Ahmadinejad ha terreno fertile col negazionismo perché anche in Europa si sta facendo strada da anni una pericolosa forma di perversione della Shoah. Colpevole di questa amnesia è anche una certa visione pedagogica dell’antisemitismo, che Gerstenfeld riesce a dissezionare con rarissima intelligenza critica. Memoria troppo astratta, troppo fondata su un’immagine stereotipata, memorialistica che ci ha reso ciechi all’orrore che non cessa ritualmente di esorcizzare. La retorica pseudoeducativa sull’antisemitismo è evocata per impedire, proibire, riconoscere la realtà attuale, di chiamare le cose con il loro nome. Eccesso, abuso, dittatura della memoria? Tutta la nostra vigilanza morale veglia sugli ebrei morti, ma forse espone i vivi alla violenza genocida. In un certo senso, il crimine perfetto e più spaventoso, la Shoah, è stato compiuto da coloro che dicono che non è successo. Il libro di Manfred Gerstenfeld ci aiuta a capire come combattere questo delirio della storia, questa peste morale e politica.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante