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Informazione Corretta Rassegna Stampa
12.06.2012 L'Europa boicotta gli insediamenti, come i nazisti boicottavano i negozi degli ebrei
analisi di Giulio Meotti

Testata: Informazione Corretta
Data: 12 giugno 2012
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «L'Europa boicotta gli insediamenti, come i nazisti boicottavano i negozi degli ebrei»

L'Europa boicotta gli insediamenti, come i nazisti boicottavano i negozi degli ebrei
Analisi di Giulio Meotti
(Traduzione dall’inglese di Giovanni Quer) 


Giulio Meotti

http://www.jpost.com/Magazine/Opinion/Article.aspx?id=273326&prmusr=QVMIJgYGHbHXvjtlZVHk45r6Z1N4clQJ3M/Q0Qkb55mtjSStPeeCyzlBovGoywO8

Il successo del boicottaggio dell'Europa contro Israele lascia intendere che le cose potranno solo peggiorare. Dopo che il Sudafrica ha imposto agli importatori di non usare l'etichetta "prodotto in Israele" per i beni provenienti da Samaria e Giudea, anche la Danimarca ha adottato le stesse misure. Il ministro degli esteri irlandese Eamon Gilmore ha persino proposto che l'Unione Europea vieti l'importazione di prodotti dagli insediamenti. 

Secondo una decisione della Corte di Giustizia dell'UE nel 2010, i beni prodotti nei territori "contesi" non sono da considerarsi israeliani e quindi sono soggetti a tassazione doganale. Il caso era stato portato alla Corte da Brita GmbH, un'impresa tedesca che importa macchinari per bevande gasate da Soda Club, un'impresa israeliana con sede a Mishor Adumim, una delle zone industriali israeliane della West Bank. 

Durante la Prima Intifada, gli attivisti occidentali avevano lanciato una campagna di boicottaggio contro Israele e l'allora Ministro dell'Industria Ariel Sharon aveva dichiarato che il consumo di beni israeliani prodotti nei Territori era drasticamente diminuito. Nel 1987-1988 le vendite di beni agricoli israeliani sono diminuite del 60%, quelle dei prodotti tessili del 18%, plastica e gomma del 11%, minerali non-metallici del 10%, abbigliamento del 8%, prodotti di estrazione dell'8%. Da allora le campagne di boicottaggio sono aumentate in Occidente: mentre prima gli ordini di boicottaggio venivano da Damasco, da dove la Lega Araba gestiva le operazione negli anni '80, oggi gli stessi ordini vengono dai fondi pensione europei, dalle catene di negozi, dalle imprese, dai sindacati a dalle cooperative. 

L'Agrexco, azienda israeliana esportatrice di fiori, ha dichiarato bancarotta in parte anche a causa del boicottaggio; l'azienda, a partecipazione governativa, aveva fattorie nella Valle del Giordano e a Tekoa, un insediamento alle porte del deserto della Giudea. Più di 20 organizzazioni in 13 Paesi europei partecipano alla campagna di boicottaggio. Il movimento di BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) sta crescendo: il fondo petrolifero norvegese ha ritirato gli investimenti dal gruppo Africa-Israel e dalla sua impresa collegata Danya Cebus. La Coop svedese ha terminato gli acquisti di strumenti per la carbonatazione dell'acqua gasata. Il fondo pensione olandese "Pensioenfonds Zorg en Welzijn", i cui investimenti ammontano a un totale di 97 miliardi di euro, ha ritirato gli investimenti presso quasi tutte le compagnie israeliane (banche, imprese del settore telecomunicazioni, compagnie di costruzione e Elbit Systems). 

La catena di supermercati inglese Co-Operative Group ha approvato il boicottaggio di Giudea e Samaria. Anche un altro grande fondo pensioni svedese ha ritirato i propri investimenti da Elbit per via dei finanziamenti alla costruzione della barriera difensiva nella West Bank. Il Consiglio Etico di altri quattro fondi pensione svedesi ha esortato Motorola a "ritirarsi dai Territori Occupati nella West Bank", minacciando ritorsioni finanziarie. Anche il sistema previdenziale norvegese e la Deutsche Bank hanno ritirato gli investimenti da Elbit. Il principale negozio dei prodotti del Mar Morto'Ahava’ a Londra ha chiuso dopo anni di proteste. La multinazionale alimentare anglo-olandese Unilever si è ritirata da Ariel, la città più grande israeliana più grande nei territori, vendendo le azioni di cui era proprietaria nell'impresa Beigel's. 

In passato la pressione degli Stati arabi a boicottare Israele si è dimostrata efficace. Nel 1999, gli Stati arabi e islamici hanno lanciato una campagna di boicottaggio di Burger King, per la decisione di aprire una filiale a Maaleh Adumim, una città vicino a Gerusalemme. Dopo poche settimane Burger King Corp. ha annunciato la cancellazione del franchising nei Territori. 

I prodotti degli insediamenti sono presi di mira non solo perché sono simboli politici, ma anche perché le imprese di Giudea, Samaria e del Golan sono una parte importante dell'economia israeliana, come Oppenheimer e Ahava, Super Class e Shamir Salads, Golan Heights Dairies,  Hlavin, Beitili e Barkan Brackets. La maggior parte delle imprese dei coloni sono situate nelle zone industriali di Barkan (Ariel), Mishor Adumim (Gerusalemme Est), Atarot (Gerusalemme Nord) e Ma'aleh Efraim (Valle del Giordano). Nonostante che Barkan sia compreso nell'area economica di Gush Dan, molte compagnie, comprese la svedese Assa Abloy, la (in parte) olandese Barkan Wine Cellars, si sono ritirate da Ariel. Così molte imprese cercano di re-insediarsi all'interno della Linea verde.

Se l'Europa etichetterà i beni come "prodotto negli insediamenti israeliani" sarà impossibile per le imprese israeliane vendere all'estero, e il boicottaggio soffocherà l'economia israeliana. Il grande storico Raul Hilberg ha spiegato che il boicottaggio economico contro gli ebrei nella Germania nazista è stato il primo passo verso la Shoah. Lo stesso grido "raus mit uns" (fuori con noi) ferisce ora lo Stato di Israele; è tornata la minaccia nazista "kauf nicht bei Juden..." (non comprate dagli ebrei).

Giulio Meotti è l'autore di " Non smetteremo di danzare " (Lindau Ed.) pubblicato in inglese con il titolo " A New Shoah", scrive per Yediot Aharonot, Wall Street Journal, Arutz Sheva, FrontPage Mag,The Jerusalem Post, Il Foglio. E' in preparazione il suo nuovo libro su Israele e Vaticano.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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