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La Stampa Rassegna Stampa
11.06.2012 Massacri in Siria, Israele favorevole a un intervento internazionale
cronache di Maurizio Molinari, redazione della Stampa

Testata: La Stampa
Data: 11 giugno 2012
Pagina: 18
Autore: Maurizio Molinari - Redazione della Stampa
Titolo: «C’è un genocidio si deve intervenire - Siria, un curdo eletto leader dell’opposizione»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/06/2012, a pag. 18, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Siria, un curdo eletto leader dell’opposizione ", la breve dal titolo "C’è un genocidio si deve intervenire  ".
Ecco i pezzi:

Redazione della Stampa - " C’è un genocidio si deve intervenire "


Shaul Mofaz

«In Siria è in corso un genocidio e il silenzio dei poteri mondiali è contrario a ogni logica umana». Sono le parole del vicepremier israeliano e leader di Kadima Shaul Mofaz che ha chiesto esplicitamente per la prima volta un intervento militare delle forze occidentali per mettere fine al regime di Assad, «così come è stato fatto in Libia». Fino ad oggi Israele aveva preferito una linea di prudenza in merito alle rivolte nel Paese arabo. La fine di Assad, infatti, potrebbe indebolire il «nemico» Iran, ma il timore di Israele è che Assad possa essere rimpiazzato da un governo islamista ostile a Israele.

Maurizio Molinari - "Siria, un curdo eletto leader dell’opposizione "


Maurizio Molinari 

Il Consiglio nazionale siriano sceglie un curdo come leader lasciando intendere la volontà di staccare le minoranze etniche e religiose dal regime di Bashar Assad. La riunione del maggior organismo dell’opposizione siriana, svoltasi a Istanbul, ha indicato l’accademico Abdulbasset Sieda, 56 anni e residente in Svezia, al posto del dimissionario Burhan Ghalioun, criticato per i metodi autoritari e soprattutto sfidato dalla crescente influenza dei Fratelli musulmani. Subito dopo il voto,

Sieda ha detto che la dittatura di Assad «si regge sulle sue ultime gambe» appellandosi alle Nazioni Unite affinché «usi la forza per proteggere i civili dalla minaccia di annientamento». Da qui la richiesta a «Russia, Cina e Iran» di «meditare con attenzione il sostegno al regime perché la volatilità è tale da mettere a rischio non solo la regione ma il mondo interno». Rivolgendosi in particolare a Teheran, principale alleato militare di Assad, Sieda ha chiesto di «permettere che la situazione in Siria rispetti la volontà del popolo siriano» e dunque cessino le interferenze.

I riferimenti alle capitali più vicine a Damasco tendono a contrastare con il passo compiuto da Mosca, il cui ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha proposto a Washington di creare un gruppo di contatto sulla Siria, sul modello di quanto fatto nel 1995 per la Bosnia, includendovi anche l’Iran. Il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha respinto l’ipotesi e le parole di Sieda sostengono tale rifiuto.

Ciò che più conta nel cambio della guardia alla guida del Consiglio nazionale siriano è l’identità etnica del nuovo leader perché assegna ai curdi un ruolo di spicco negli equilibri politici in Siria. Fino a questo momento l’opposizione ha trovato largo sostegno nella maggioranza sunnita della popolazione mentre le minoranze hanno sostenuto il regime di Assad, che è alawita. I curdi, residenti in gran parte nelle regioni del Nord, compongono il 10 per cento della popolazione e sono dunque la minoranza più importante. Se finora hanno preferito non schierarsi nelle tensioni fra sunniti ed alawiti, la scommessa dell’opposizione sembra essere quella di spingerli a staccarsi da Assad, puntando in questa maniera a innescare un domino capace di convincere anche gli altri gruppi, dai circassi ai cristiani, a compiere scelte simili.

D’altra parte, un’inchiesta della tv «Nbc» ha testimoniato l’esistenza di primi segnali di dissenso fra gli stessi alawiti, che rimproverebbero ad Assad gravi errori nella gestione della crisi. La scelta strategica di puntare sulle minoranze per minare ciò che resta del potere di Assad venne per la prima volta suggerita da un intervento di Hillary, pronunciato il mese scorso con l’intento di indicare una soluzione capace di «evitare la guerra civile». Resta da vedere quali saranno gli equilibri fra Seida e il governo Ankara, che da sempre vede con sospetto il rafforzamento delle ruolo politico dei curdi negli Stati confinanti.

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