Che cosa è successo a Piazza Taharir ? Se lo chiede Cecilia Zecchinelli, sul CORRIERE della SERA di oggi, a pag.32, in una 'opinione' da titolo " Piazza Taharir pericolosa per le donne, così vacilla il simbolo della rivoluzione ".
Ci chiediamo che cosa deve ancora accadere perchè i nostri media guardino finalmente in faccia alla realtà e chiamino le cose con il loro nome.
Ecco il pezzo:

Liberazione ?
Che cosa è successo a piazza Tahrir, il simbolo del Risveglio arabo, l'icona della Rivoluzione egiziana, il luogo franco dove nei 18 giorni gloriosi che portarono al crollo del regime, oltre un anno fa, donne e uomini, cristiani e musulmani, religiosi e laici lottarono insieme, poi celebrarono uniti la loro vittoria? Da mesi quella brutta spianata nel centro del Cairo che voleva diventare un modello per il Nuovo Egitto è usata solo saltuariamente dai manifestanti, di solito è invasa da venditori ambulanti, balordi, trafficanti. E da settimane, in un continuo e brutto crescendo, è diventata off limits per le donne. Assalti e tentativi di stupro sono frequenti, il passaparola è ormai per tutte, velate o meno: «evitate Tahrir soprattutto se è buio».
Due sere fa, dopo l'ennesimo attacco a una ragazza da parte di 200 uomini non identificati, c'è stata una manifestazione per dire basta a quella vergogna. Ma le 50 manifestanti, nonostante il servizio d'ordine di qualche decina di maschi, sono state nuovamente aggredite. Fuggi fuggi tra le auto e le strade vicine, panico, urla, poi le donne si sono salvate in un edificio. Furiose e stravolte. La gente e i media locali si chiedono perché questa orrenda violenza, soprattutto chi ci sia dietro. Nel caos dell'Egitto che tra pochi giorni sceglierà il suo nuovo raìs, le teorie si moltiplicano: residui del vecchio ordine che vogliono dimostrare il bisogno di «ordine», delinquenti comuni, integralisti sessuofobi.
L'unica certezza è che la scomparsa della polizia dalle strade seguita alla fine dell'era Mubarak ha lasciato che il peggio emergesse in questo Paese una volta sicuro anche per le donne, almeno nei luoghi pubblici. La speranza è che se la mitica Tahrir di quei 18 giorni non era l'Egitto, se l'illusione che i giovani di Facebook avessero preso la leadership della società s'è rivelata infondata, anche ora la piazza non rappresenti l'intero Paese. Che le violenze sessuali si concentrino proprio lì per il valore simbolico del luogo e che gli assalti sessuali seguano una regia politica anti-rivoluzionaria, piuttosto che i nuovi sviluppi della società egiziana. Ma questa è appunto una speranza. E non tutti la condividono
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