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La Stampa Rassegna Stampa
09.06.2012 Gran Bretagna; una legge contro i matrimoni 'forzati'
Cronaca di Andrea Malaguti

Testata: La Stampa
Data: 09 giugno 2012
Pagina: 18
Autore: Andrea Malaguti
Titolo: «Londra, fuori legge i matrimoni forzati: forme di schiavitù»

Andrea Malaguti, corrispondente da Londra della STAMPA merita un plauso per essere l'unico ad essersi accorto dell'importanza di una notizia, passata sotto silenzio su tutti gli altri media. Una legge contro in 'matrimoni forzati' - uno dei tanti aspetti della Sharia, la legge islamica - che nell'indifferenza, se non complicità, era entrata fra le pieghe del diritto britannico. Ne riferisce a pag.18, in una pezzo dal titolo "Londra, fuori legge i matrimoni forzati: forme di schiavitù", forse un po'troppo ottimista nell'insieme, una rondine non fa primavera, ma è comunque un segnale positivo.
Ricordiamo ai nostri lettori la nuova rubrica di Annalisa Robinson "Londonistan", che seguirà con l'attenzione che merita la penetrazione in Gran Bretagna del diritto islamico.


Ecco l'articolo:

Adesso è ufficiale. In Inghilterra, dal 2013, i matrimoni forzati saranno reato. E i genitori che costringeranno i figli a unioni contro la loro volontà finiranno in galera. Almeno per due anni. La legge è pronta, la House of Commons decisa ad approvarla. «Queste unioni sono come la schiavitù. Sono sbagliate e illegali. Dunque non le tollereremo più. Semplice», dice David Cameron. Il fenomeno è impressionante, ma i riflessi della scelta sono imprevedibili. E la polemica è montata. «Interventi così rischiano di fare sentire migliaia di persone cittadini di serie B», ha spiegato alla Bbc il giornalistablogger Sunny Hundal. Perché un intellettuale come lui dice una cosa così apparentemente sgangherata? «Perché non puoi puntare il dito contro le persone mettendo in croce un modo di pensare millenario. Le devi aiutare a capire». Opinabile. Di sicuro la scelta del governo britannico

è un modo per mettere le mani su quella che il primo ministro considera la zavorra più pesante della Big Society: «il multiculturalismo fallito». Mondi che non si parlano. Isole con il filo spinato. Ma i numeri - soprattutto le storie personali - sembrano seppellire la visione accogliente di Hundal.

Ogni anno diecimila teenager con passaporto inglese sono costretti a sposarsi. Ottomila ragazze e duemila ragazzi, che i genitori obbligano all’altare temendone l’omosessualità. Il 30% è minorenne, il 15% ha meno di quindici anni. Le famiglie di origine vengono soprattutto dal Pakistan, dall’India, dal Bangladesh, dall’Afghanistan e dalla Turchia.

Alì Corial è un’inglese originaria di Kandahar. A 16 anni suo padre la portò in vacanza in Afghanistan. «In realtà era un matrimonio. Il mio». Le presentò un anziano tagliente, con un fisico da prefabbricato in lamiera. Un commerciante di mobili. «Aveva settant’anni. Cercai di scappare». La ripresero. La picchiarono, la chiusero in camera. Il commerciante la violentò. Shalima, la madre di Alì, una donna con occhi abituati all’impassibilità qualunque cosa vedessero, ascoltò tutto fuori dalla porta. «Dopo due mesi scappai di nuovo. Mia madre si impiccò. E ancora mi domando se a ucciderla sia stata l’idea di avere lasciato che mi stuprassero oppure la mia ribellione».

Da gennaio la Forced Marriage Unit, squadra speciale dela polizia, ha messo al sicuro 600 bambini. Il più piccolo aveva cinque anni. «Non indurire la legge avrebbe voluto dire essere complici». Jasvinder Sangher, fondatrice di Karma Nirvana, una specie di telefono azzurro per ragazzi minacciati, picchiati e violentati dai genitori, dice che le chiamate alla sua associazione sono aumentate del 65% in dodici mesi. «Non era possibile assistere impassibili a questa costante violazione dei diritti umani». Eppure una legge esisteva già. Un atto del 2008 che consentiva il ricorso delle vittime alla giustizia civile. E ogni violenza fisica era - ed è - punita per i canali ordinari. Il rischio della nuova norma è che i figli non vogliano mandare in carcere i genitori. «Vero. Ma era peggio lasciare le cose così», spiega Cameron.

Marcus Ghivonst racconta che a 11 anni fu costretto a sposare una coetanea indiana. «Mio padre mi urlava: sei un gay, sei uno schifoso gay». E glielo diceva con disprezzo, come se guadagnasse punti premio per ogni dimostrazione di crudeltà. «Non era vero. Ma io ho divorziato, mi sono risposato, ho due figli e ora sono un attivista per i diritti degli omosessuali».

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