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Ugo Volli
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Condanne a morte e pensionamenti 04/06/2012

Condanne a morte e pensionamenti


Hosni Mubarak a processo, Barack Obama

Cari amici,

credetemi, io non ho nessuna simpatia per i dittatori, non so proprio tener a freno la lingua e so benissimo di far parte di molte delle categorie (ebrei, intellettuali, liberali ecc.) di quelli che sotto di loro finirebbero subito in prigione se non peggio. In particolare ho un'allergia fisica per i dittatori arabi - le ragioni sono facilmente immaginabili.
Ma avete letto le cronache del processo a Mubarak? L'ex presidente egiziano è stato condannato all'ergastolo per aver applicato le leggi (sì, le sue leggi, ma all'epoca erano vigenti) e soprattutto l'autodifesa del suo regime - cioè sostanzialmente per non aver detto agli islamisti subito, prego, accomodatevi e prendete il mio posto, instaurate pure la dittatura islamista cui aspirate. Nelle manifestazioni sono morte alcune centinaia di persone, nulla in confronto alla strage in corso in Siria o alla guerra civile libica. Diciamolo pure, un prezzo relativamente modesto per una rivoluzione in un paese di ottanta milioni di persone. Mubarak ha mollato il potere abbastanza presto, non ha provato a resistere fino in fondo (il caso Siria mostra che poteva riuscirci almeno per un anno o due), non ha aspettato di contrattare l'uscita come Saleh in Yemen, non ha avuto però l'accortezza di scappare subito come il tunisino Ben Alì. C'entra forse anche il fatto che è assai malandato in salute, durante gli ultimi anni del regime era spesso ricoverato all'estero e si parlava di tumore.
L'hanno condannato all'ergastolo, facendone un capro espiatorio per tutto e dunque assolvendo i suoi “complici”, cioè gli alti funzionari dello stato egiziano. Del resto praticamente tutti i protagonisti della rivolta e i candidati alle elezioni presidenziali (islamisti a parte) facevano parte di questa categoria. Che questo non basti alle folle dei manifestanti, che il linciaggio appaia loro la sola prospettiva accettabile, non fa meraviglia. L'idea di successioni ordinate in cui chi se ne va dal potere non subisce le vendette dei vincitori stenta a farsi strada in Italia, figuratevi in Egitto. Più strano l'atteggiamento dei giornali e dei politici occidentali, che si fanno complici della vendetta: i complimenti dell'amministrazione americana, dimentica della calorosa amicizia ripetutamente esibita da Obama a Mubarak, le considerazioni di “esperti” che non hanno mai capito nulla della rivolta egiziana (spacciandone anzi la propaganda primaverile e democratica), come quel Steve Cook intervistato sulla “Stampa” (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=44764), chiaramente deluso per non aver potuto aggiungere ai suoi ricordi di viaggio una bella esecuzione capitale.
La verità è che anche in questo caso emerge l'identificazione del personale politico-mediatico occidentale con i propri nemici, l'indulgenza per l'islamismo, l'intolleranza per chi si sforza di resistervi, il vizio sciocco di tradire i propri amici pensando di attirarsi l'indulgenza dei nemici. Il leader maximo di questa tendenza è quell'Obama che scelse Il Cairo per genuflettersi all'islamismo, proprio sotto lo sguardo un po' perplesso di Mubarak. Speriamo solo che nel suo caso la regola democratica della sostituzione indolore dei leader funzioni presto, già quest'anno, e che il peggior presidente americano dell'ultimo secolo vada in pensione o torni a fare il mestiere per cui è meglio tagliato, l'indossatore.

Ugo Volli


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