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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Irène Némirovsky, I falò dell'autunno 04/06/2012

I falò dell’autunno                                 Irène Némirovsky
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Adelphi                                                    Euro 18


A settant'anni dalla morte di Irène Némirovsky, una delle voci francesi più importanti dell'entre-deux-guerres, Adelphi pubblica I Falò dell'autunno, ultimo suo romanzo postumo, terminato nella primavera del 1942. La scrittrice "apolide" di origine ebraica nata a Kiev nel 1903, esiliata in Russia, in Finlandia e in Svezia, rifugiata e vissuta stabilmente a Parigi dal 1919, discriminata, emarginata e perseguitata durante il regime di Vichy a partire dal 1940, fu deportata ad Auschwitz, dove morì il 17 agosto del 1942.
Nell'anno della sua morte nessun giornale, nemmeno «Gringoire», si assunse più il rischio di pubblicare le sue opere, che pure avevano ottenuto un grandissimo successo.
Suite française, il capolavoro incompiuto pubblicato soltanto nel 2004, che ricevette il prix Renaudot, rimase a lungo in una valigia affidata dal padre alle due figlie ancora bambine nel momento del suo sequestro; per merito di Denise Epstein, la sola tuttora vivente, il manoscritto si salvò. E anche I Falò dell'autunno uscì in Francia solo nel 1957. La storia si avvicina a quella dei Doni della vita, ma lo stile è ancor più limpido, mordente, feroce, ironico e nervoso, e modernamente scabro.
Con lucidità febbrile l'autrice traccia la "cavalcata", dal 1912 all'ottobre 1941, di un piccolo gruppo di borghesi parigini, placidi patrioti scombussolati dalla guerra.
Il protagonista Bernard Jacquelain, adolescente inquieto e pieno di sogni all'inizio del romanzo, parte volontario nel 1914, e torna "sfasato" (Philipponnat); la sfrenata sete del nuovo non si è placata con l'avventura macabra della guerra, e l'ha reso un uomo cinico, disincantato, dal «palato corroso come dal più forte dei liquori», che mira solo a «fare il meno possibile e guadagnare il più possibile». Nella Parigi cosmopolita del primo dopoguerra, carica di «piaceri inebrianti», si lega dunque, invischiandosi e sporcandosi, a politici corrotti, fabbricanti d'armi, speculatori, faccendieri, donne prive di alcuna morale, nelle quali è totalmente assente sia il patriottismo tutto femminile, sia l'amore incondizionato e lo spirito di sacrificio di sua moglie Thérèse, lasciata da parte per l'avara e seducente Renée.
«Vieni e prendi, dicevano gli uomini e le donne, senza mai domandarti se è bene o male. Sono tempi felici e spregiudicati. Approfittane».
Ma «quegli anni dorati» si chiudono, insieme a tutte le illusioni di una «generazione senza scrupoli», in cui rimane solo un aspro désenchantement.
Bernard partirà anche per la seconda guerra mondiale, e questa volta ritornerà da tutte le sue donne, la moglie, la vecchia madre e le figlie, «cambiato, maturato, migliore». Rigenerato dai falò dell'autunno, roghi che «purificano la terra, la preparano per nuove semine», e le anime, che attraverso il dolore di quel fuoco hanno, forse, smesso di ardere.

Chiara Pasetti
Il Sole 24 Ore


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