|
|
||
Il mondo libero David Bezmozgis Il romanzo dell'arrivo degli ebrei russi nel mondo libero, il sogno chiamato Occidente - e la conferma del notevole talento di David Bezmozgis (ricordate il suo strepitoso Natasha?), degno erede di una fertile tradizione. Siamo nella Roma del 1978, tra la morte di un papa da poco eletto e l'elezione di un altro, una città divisa tra due fazioni che inneggiano scrivendo sui muri delle case, con grande sconcerto degli ex-cittadini sovietici. Ad arrivare a Roma, tappa del viaggio che dovrebbe portarli negli Stati Uniti, a Chicago, è la famiglia lettone Krasnansky al completo: il patriarca Samuil con la moglie Emma, i figli Alec e Karl con le loro mogli, Polina e Rosa, e i due figli di Karl e Rosa. Samuil è stato ufficiale dell'Armata rossa nella guerra contro i nazisti e ardente rivoluzionario, crede nel comunismo, è un orgoglioso cittadino sovietico che ha scelto suo malgrado l'avventura dell'emigrazione nei paesi capitalisti. Karl è un pragmatico prodotto della disciplina sovietica e della voglia di arricchirsi in modo rapido. Alec, attratto dalla fluidità della vita romana, vede il mondo in termini di femmine e facilità, è un anima leggera che sa usare il suo bell'aspetto. Rosa anela a Israele, per la rabbia di Samuil che la vede sionista, Polina è tutta introspezione, marcata da un difetto di tempra che è un annuncio di solitudine. Bezmozgis sceglie il romanzo corale dalla voce di un narratore esterno alla vicenda, alternando capitoli dal punto di vista ora di Alec, ora di Samuil, ora di Polina. I Krasnansky devono rinunciare a Chicago e scelgono come meta il Canada, ma devono aspettare il visto a Roma. Vengono narrate le vicende di quei cinque mesi di iato, dove ha luogo una commedia umana di sorprendente tenuta romanzesca, tutta giocata sulla contrapposizione tra le avventure e le osservazioni romane di Alec e Polina, e i ricordi del fedele cittadino sovietico Samuil, che ha trovato una spalla ironica nel bizzarro Iozif Rojdman, un lontano parente della donna che sparò a Lenin, in onore della quale sta componendo un'opera. Samuil è figura del rammarico e del rancore, scrive in segreto una memoria della lotta e della rivoluzione proletaria, è uno di loro, non di quegli emigrati che dice mistificatori: è il suo modo di ritrovare la compagnia dei suoi "adorati defunti", primo fra tutti il fratello Reuven, di cui conserva le lettere dal fronte a cui attinge per conforto. Polina e Alec sono figura della fragilità che viene dall'aver vissuto in un mondo chiuso, lei che prende coscienza del vuoto che ha lasciato la lontananza dalla famiglia, lui che incontra la ragazza sbagliata e compie l'ennesima leggerezza, chiudendo il cerchio di un dramma della separazione da sé che è tutto in una parola detta da Samuil: apostasia. Tiziano Gianotti |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |