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Napolitano e la Siria 31/05/2012

Ho sfogliato Libero, quotidiano che, in alcuni articoli mi lasciano perplesso, escluso quello del 30/05/2012, nel quale si parla di Giorgio Napolitano e l’amicizia con Assad.
Mi soffermo quindi nel fare alcune considerazioni personali.
Parto subito chiedendo perché si è definito il presidente di tutti gli italiani? Andiamoci piano per cortesia. Per quanto mi riguarda, presidente di chi e de che? L’ultimo esile diaframma che ha rinfranto i miei dubbi sul personaggio è stato il suo incontro nel 2010 a Damasco con il rais Assad; nei quattro giorni di permanenza ha affermato: “Lo stato delle relazioni tra l’Italia e la Siria è eccellente e ci sono ulteriori margini per rafforzarle ”.
E ancora: “L’amicizia è il tratto distintivo delle relazioni tra i nostri due paesi”. Premiò nel 2008 la first lady Asma Al assad con la medaglia d’oro del presidente della Repubblica, per la sua lotta alla povertà siriana: immagino, come si sia rivoltata nella tomba Maria Teresa di Calcutta!
Per confermare con chiarezza la sua solidarietà col rais, affermò di schierarsi apertamente contro Israele e il governo di Benjamin Netanyahu, chiedendo il ritorno del Golan alla Siria e garantendo ad Assad l’appoggio dell’Italia in tal senso. Pochi giorni fa, da buon comunista codardo, ha condannato per la prima volta il peccato e non il peccatore: “Commettono un tragico errore, i governanti là dove nella vicina Siria, respingono con la forza e la violenza, le legittime rivendicazioni dei loro popoli”, e già il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Temo che, in base alle sue esternazioni possa nascere il sospetto, che abbia bisogno di una badante (magari siriana), causa le sue progressive deficienze mentali o, del virus antisemita che l’ha contagiato oppure, è sempre latente in lui. Non si ritenga presidente di tutti, ma di quei cinquecento che l’hanno votata. Napolitano deve rendersi conto che rappresenta unicamente se stesso, e non ci consideri i suoi sudditi ai quali, far sorbire tramite i media le quotidiane interviste, frutto di menate, pregne di bolsa retorica e banali.

Jean Génois


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