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La Stampa Rassegna Stampa
30.05.2012 Terroristi islamici, la 'kill list' di Barack Obama
cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 30 maggio 2012
Pagina: 23
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La lista di Obama dei terroristi da uccidere»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 30/05/2012, a pag. 23, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "La lista di Obama dei terroristi da uccidere".


Maurizio Molinari, Barack Obama

E’ il presidente americano Barack Obama ad autorizzare di persona la scelta dei nomi dei terroristi di Al Qaeda che vengono bersagliati e uccisi dai droni della Cia in Pakistan, Afghanistan, Somalia, Yemen e altrove. A rivelarlo è un’inchiesta del «New York Times» sulla «Kill List», la lista dei jihadisti da eliminare che ogni martedì viene sottoposta al Presidente al termine di un processo di selezione che, fra Cia e Pentagono, coinvolge circa cento alti funzionari. Agli incontri nel «Terror Tuesday» il martedì del terrore - partecipano nella «Situation Room» della Casa Bianca il Presidente, il consigliere antiterrorismo John Brennan, con alle spalle 25 anni nella Cia, il consigliere per la Sicurezza nazionale Tom Donilon e lo stratega politico David Axelrod. E’ un collegamento video dal Pentagono che vede alternarsi specialisti militari e dell’intelligence nell’illustrare a Obama chi è stato eliminato e chi è entrato nella «Kill List», soffermandosi sulle diverse «nomination» di chi è candidato ad essere eliminato. Sono i consiglieri del Presidente a spiegare che la scelta di Obama di assumersi la responsabilità di chi uccidere risale alle sue letture degli scritti sulla guerra di

Sant’Agostino e Tommaso d’Aquino perché lo hanno portato a ritenere di doversi assumere la «responsabilità moderale di tali azioni». «Obama è un Presidente che si sente a proprio agio nell’usare la forza per conto degli Stati Uniti» assicura Donilon.

Per capire come sia stato possibile che lo stesso Obama, contrario al conflitto in Iraq e ostile alla formulazione della «guerra globale al terrorismo» ereditata dal predecessore George W. Bush, sia arrivato a gestire la «Kill List» bisogna partire dal 2009. Nel primo anno alla Casa Bianca infatti Obama si trova di fronte alla strage di Fort Hood - 13 vittime - e al fallito attentato di Natale contro un jet commerciale a Detroit, arrivando alla conclusione che dalle basi in Yemen è Al Qaeda che sta tentando di far deragliare la sua presidenza. Poiché in entrambi i casi il mandante è l’imam yemenita-americano Anwar al-Awlaki è Obama ad ordinare di eliminarlo come avverrà il 30 settembre 2011 - assieme ad un numero sempre più folto di colonnelli, ingegneri, potenziali kamikaze e militanti che minacciano la sicurezza degli Stati Uniti. Fino al punto che la «Kill List» illustrata a Obama è arrivata a includere numerosi minorenni, compresa una ragazza, spingendo il Presidente a chiedere spiegazioni alla Cia «perché se iniziano a usare i ragazzi entriamo in un nuovo terreno». E’ stato così Obama ad autorizzare dozzine di attacchi in Afghanistan e Pakistan, dall’eliminazione del capo dei taleban pachistano Baitullah Meshud nell’agosto del 2009, al saudita Shakr al-Taifi, numero 2 di Al Qaeda in Afghanistan ucciso ieri con un blitz nella provincia di Kunar. Per avere un’idea dell’intensità delle uccisioni mirate, basti pensare che da inizio aprile sono stati eliminati 14 colonnelli di Al Qaeda in Yemen, 6 in Pakistan e 1 in Afghanistan, con Obama ogni volta personalmente impegnato ad evitare il più possibile vittime civili, partendo dall’assioma che vengono considerati «combattenti» tutti i maschi in età adulta che si trovano nei paraggi dell’obiettivo da colpire.

Secondo la ricostruzione del «New York Times», Obama ha definito una «scelta facile» l’eliminazione di Al-Awlaki e deve al contributo di Brennan l’approccio alla «guerra giusta» teorizzata da alcuni filosofi cristiani, in maniera analoga a quanto fece George W. Bush in occasione dell’attacco all’Iraq nel 2003. Tale impostazione, per la Casa Bianca, non è in contraddizione con l’opposizione di Obama al «waterboarding» negli interrogatori dei terroristi né con la volontà di chiudere il carcere di Guantanamo perché si originano sempre da un approccio da accademico e giurista, basato sul rispetto della legge degli Stati Uniti.

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