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La relazione Israele-Diaspora: un modello da esportare
La Diaspora ebraica è stata una delle grandi risorse di Israele, con i suoi immigrati, il sostegno politico, volontari, consiglieri, investimenti, prestiti, donazioni, tecnologia, affari e turismo, e la promozione nel campo della cultura e dello sport. L’elenco dei contributi della Diaspora è lungo, e coinvolge tutti gli aspetti della società. Gli israeliani possono verificarlo quotidianamente, per esempio quanti, passando davanti ai grattacieli del Centro Azrieli a Tel Aviv sanno che sono stati realizzati grazie a un investimento della Diaspora ? A Gerusalemme sono ancora più visibili, l’ospedale Hadassah, il Teatro Sherover, il palazzo della Corte Suprema e gran parte del rinnovato Museo d’Israele e delle sue collezioni d’arte sono solo alcuni esempi delle donazioni della Diaspora. La lista dei contributi giunti dagli ebrei da tutto il mondo nella capitale d’Israele è lunghissima. Ci sono molte altre nazioni che traggono beneficio dagli aiuti che ricevono dalle loro Diaspore, soprattutto attraverso le rimesse dei loro emigrati, anche se nessuna è paragonabile a Israele, tranne forse quella cinese. La relazione che esiste fra Israele e la sua Diaspora potrebbe essere copiata e essere così una valida risorsa per altre nazioni. Ho scritto diffusamente su questi argomenti nella metà degli anni ’90, senza però ottenere il risultato sperato (1), forse ho anticipato troppo i tempi. Quando il vice Ministro degli Esteri Daniel Ayalon si è incontrato con la sua controparte greca all’inizio di quest’anno, insieme hanno deciso di organizzare una conferenza proprio sull’importanza degli aiuti che possono arrivare dalle rispettive Diaspore. Si sarebbe dovuta tenere a Salonicco il prossimo mese, ma è stata rinviata a causa della crisi che ha coinvolto il governo greco. L’American Joint Distribution Committee in Israele lavora da molti anni su questi temi, senza darne troppa pubblicità, al fine di promuovere relazioni con le Diaspore basate sul modello israeliano, soprattutto con paesi che hanno un Pil relativamente modesto. Il prossimo mese, a Gerusalemme, organizzata dal Ministero degli Esteri, in collaborazione con il dipartimento di Diplomazia Pubblica e Relazioni con la Diaspora, si terrà una conferenza internazionale proprio su questi temi. Le relazioni Israele-Diaspora hanno generato comportamenti diventati ormai una tradizione, per esempio il benefattore sa che il risultato della sua donazione sarà legato al suo nome, il tutto durante una cerimonia pubblica. Fra tutte le istituzioni israeliane che si dedicano alla ricerca di fondi, poche sono così bene organizzate come il Keren Keyemet Leisrael (Jewish National Fund). Per chi pianta un albero, è prevista una cerimonia nella foresta, inclusa una speciale preghiera, con un certificato e una targa con il nome del donatore, in certi casi particolari è prevista anche la pubblicazione sui giornali. Nella presente difficile situazione economica mondiale, molti paesi potrebbero trarre grande beneficio dall’intensificare le relazioni con le proprie Diaspore. In Israele questi rapporti crescono naturalmente e si ampliano sempre di più. Lo stesso potrebbe succedere in altri paesi, se inizieranno a prendere in considerazione queste iniziative. All’inizio dovranno analizzare quanto vasta è la loro Diaspora e in quali paesi si è stabilita. Il passo successivo sarà l’identificazione particolareggiata di quanti saranno in grado di fare investimenti o donazioni, o semplicemente in possesso di un know-how interessante. In paesi come l’Italia, il legame delle precedenti generazioni di immigrati potrà non essere più così stretto, e forse pochi parleranno ancora italiano, ma ci sarà sempre una affinità con la città dalla quale i nonni erano arrivati. Anche questo aspetto va studiato, soprattutto per gli emigrati da paesi poveri. Questo approccio, teso a integrare le relazioni Diaspora-Paese di origine, deve essere integrato e includere gli aspetti culturali. In alcuni studi-pilota in Italia e in Grecia che ho effettuato per alcune grandi aziende, ho trovato delle resistenze che riassumo nella frase: “ Ma qui non funzionerebbe”. Quando ci si inoltra in questo campo, simili progetti possono diventare realizzabili. Avevo dato al presidente di un importante cementificio in Grecia alcuni consigli in campo ambientale e sociale, che avevo tratto dall’esperienza del KKL e che potevano essere adattati per la sua azienda. I cortili delle aziende che commerciano in cemento erano in genere molto sporchi. Il cementificio si offrì allora di piantare degli alberi in una parte dei cortili dei suoi clienti. Questo portò ad una maggiore pulizia dell’azienda. Quella operazione venne molto reclamizzata in diverse città, influenzando le decisioni di governatori e sindaci. L’albero, con il mio nome accanto su una targa nel cortile dell’azienda nella capitale della provincia di Karditsa è lì che cresce, a dimostrazione della buona riuscita dell'iniziativa. Questi programmi per sviluppare le relazioni Diaspora-Paese d’origine, sono a costo zero per Israele. I beneficiari saranno quegli stessi Paesi che faranno un uso migliore delle loro risorse. Israele ne trarrà un vantaggio dall’aver trovato nuovi amici in giro per il mondo e una buona pubblicità grazie agli utili servizi che avrà fornito. (1) Manfred Gerstenfeld, “Israel-Jewish Diaspora Experience as a Model for Other State-Diaspora Relationships,” in Daniel Elazar and Morton Weinfeld (ed.), Still Moving, (New Brunswick, NJ: Transaction Publishers, 2000), 299-310. Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta |
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