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Il Foglio Rassegna Stampa
29.05.2012 Siria: i massacri continuano
Il piano di Annan serve solo a mantenere lo status quo

Testata: Il Foglio
Data: 29 maggio 2012
Pagina: 1
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Il piano Onu per la Siria è una scusa per lo status quo»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/05/2012, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Il piano Onu per la Siria è una scusa per lo status quo ".


Bashar al Assad

New York. L’inviato speciale dell’Onu e della Lega araba, Kofi Annan, è arrivato ieri a Damasco con un “messaggio di pace non soltanto per il governo ma per chiunque abbia una pistola” e dopo il massacro di Houla, in cui sono morte 108 persone – di cui 48 bambini –, l’ex segretario generale dell’Onu ha ripetuto il ritornello diplomatico che reitera da oltre due mesi: “Il piano in sei punti deve essere applicato in modo comprensivo”. E’ la stessa cosa che ripeterà oggi al presidente siriano, Bashar el Assad, in una conversazione “seria e franca” almeno quanto sono stati seri e franchi gli altri dialoghi promossi finora dal diplomatico di origine ghanese. Il problema è che nessuno dei sei punti messi nero su bianco da Annan (e formalmente accettati dal governo siriano) è stato non si dica rispettato, ma nemmeno preso in considerazione, e il progetto onusiano portato avanti da un negoziatore che quindici anni fa era convinto che si potessero “prendere accordi” con Saddam Hussein è diventato il paravento dietro al quale si riparano tutti gli attori interessati a preservare lo status quo siriano. Innanzitutto la Russia. Dopo la strage di Houla, Mosca ha parlato di “violenze da entrambe le parti” e l’ennesima protezione del regime di Assad al Consiglio di sicurezza dell’Onu ha fatto ulteriormente innervosire gli americani. Ieri il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha incontrato a Mosca il suo omologo russo, Sergei Lavrov. La visita era programmata da tempo, ma si è caricata di un ulteriore significato politico dopo la strage in cui Mosca vede “chiaramente” lo zampino dei ribelli. Fra generiche dichiarazioni contro la violenza “a prescindere da chi comanda”,il ministro russo ha detto: “Noi non sosteniamo il governo siriano. Sosteniamo il piano di Kofi Annan”. L’occidente, dice, “deve sostenere il piano Annan e non giocare al cambio di regime” e ha dato via Twitter una stoccata agli americani: “Se certi paesi sosterranno il piano di Annan soltanto a condizione di un regime change, dovrebbero dirlo chiaramente”. Mosca teme le azioni di Washington per realizzare quella che i russi chiamano la “Yemenskii Variant”, la soluzione yemenita, un accordo che garantirebbe ad Assad l’immunità in cambio di una dipartita da Damasco. E così il piano per fermare le violenze benedetto dalla diplomazia sovranazionale e incarnato da un inviato noto più per l’inefficacia durante le crisi – Bosnia, Ruanda, Iraq – che per i sonanti successi diplomatici, si è trasformato nella scusa ufficiale degli alleati di Assad, e un po’ anche dell’occidente. Il pezzo di carta di Annan è la pezza d’appoggio che consolida l’asse fra Mosca e Damasco, congiungendo anche l’Iran, attore attivo nel preservare lo stato di crisi siriano. Il generale Ismail Qa’ani, comandante in seconda delle Guardie rivoluzionare di Teheran, ha ammesso la presenza di truppe della Repubblica islamica in territorio siriano, e c’è mancato poco che le paragonasse a peacekeeper delle Nazioni Unite: “Se la Repubblica islamica non fosse presente in Siria, il massacro di civili sarebbe stato due volte peggiore”. L’Iran, dice Qa’ani, ha “impedito ai ribelli di fare ulteriori vittime”. Quella dell’Iran in Siria, insomma, è venduta alla comunità internazionale come un’azione di pace condotta secondo lo spirito dei sei punti di Annan, ma il beneficiario della presenza iraniana è l’alleato russo, che con Teheran condivide diversi progetti strategici, fra cui spicca l’impianto nucleare di Bushehr, costruito e gestito da una joint venture russo-iraniana. “Un fallimento imbarazzante” Shadi Hamid, direttore delle ricerche nella filiale di Doha della liberal Brookings Institution, ha spiegato la situazione in modo definitivo: “La diplomazia non è mai stata esausta come in questo momento in Siria. La missione di Annan è stata un fallimento imbarazzante, sono sorpreso che qualcuno la prenda ancora sul serio”. Ma anche l’occidente, che non ha ancora trovato né un alleato in loco tra i ribelli né una soluzione per almeno dare sostegno umanitario al popolo siriano, si nasconde – come scrive Foreign Policy – “dietro la gonna di Annan”.

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