Riportiamo dalla STAMPA del 27/05/2012, a pag. 2, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Scudi umani o bersagli. Da Gaza alla Libia i piccoli in prima linea".
Francesca Paci
Il vero significato di Hamas: 'Si nasconde nelle moschee e nelle scuole'
Per Francesca Paci non c'è differenza fra l'assassinare indiscriminatamente e di proposito dei civili disarmati e bambini e ammazzarli per errore perchè usati come scudi umani. Lo scrive a chiare lettere in queste due frasi : " Al termine dell’operazione Cast Lead, quando a cavallo tra il 2008 e il 2009 l’esercito israeliano bombardò per 22 giorni la striscia di Gaza, Amnesty International documentò la morte di 1400 palestinesi, di cui 300 bambini. Si disputò a lungo allora se fossero civili disarmati e presi di mira o miliziani di Hamas che si facevano scudo dei più indifesi, ma non cambia molto rispetto ai peluche e ai quaderni con le tabelline rimasti nelle camerette deserte.". Magari Paci avrebbe potuto specificare che la guerra a Gaza fu la risposta israeliana ai bombardamenti quotidiani dalla Striscia. Il fatto che Israele sappia difendersi meglio e abbia avuto meno vittime non rende gli attacchi di Hamas meno gravi.
Israele, durante la guerra a Gaza, aveva obiettivi militari. Hamas utilizzò scudi umani per difendersi, per questo il numero delle vittime palestinesi è così elevato. Persino Richard Goldstone, l'autore del rapporto che incolpava Israele di crimini di guerra, s'è rimangiato tutto in un articolo pubblicato sul WASHINGTON POST dell'aprile del 2011. Goldstone si espresse in questi termini : " Oggi sappiamo molto di più su quanto avvenne nella guerra di Gaza del 2008-2009 rispetto al periodo nel quale condussi l’inchiesta per conto del Consiglio Onu sui Diritti umani; se avessi saputo allora ciò che sappiamo oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato differente ". (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=39171). Il rapporto Goldstone, insomma, era stato stilato senza gli elementi necessari, troppo in fretta. Goldstone stesso l'ha ritrattato, ma Paci fa finta di nulla. Meglio concentrarsi sull'immagine dei peluches e dei quaderni di tabelline per colpire la pancia del lettore, lasciargli l'amaro in bocca al pensiero delle vittime innocenti, associare il tutto ai bombardamenti israeliani, senza specificare chi erano i veri responsabili.
Complimenti, bel modo di informare i lettori. Proponiamo alla Stampa Francesca Paci per il premio Igor Man di questa settimana.
invitiamo i nostri lettori a chiedere al direttore della STAMPA che cosa pensa di questo tipo di informazione: informa o disinforma ?
direttore@lastampa.it
Ecco il pezzo:
Suona sinistro ricordare oggi come il simbolo della rivolta siriana sia il tredicenne Hamza alKhatib, arrestato durante una protesta vicino Daraa poco più di un anno fa e torturato dalle forze di sicurezza fino alla morte. Le immagini del suo corpo violato furono la prima smentita alle promesse riformiste di Assad quando sullo scontro tra opposizione e regime non gravava ancora la minaccia tragica della guerra civile.
I cosiddetti conflitti a bassa intensità, che secondo gli storici sono prolificati sulle macerie del muro di Berlino, combinano all’assenza della vecchia e sanguinosa trincea un alto numero di vittime minori. Sarà perché i media hanno un ruolo maggiore del passato e i bambini fanno più notizia o perché quando la linea del fronte si trova in mezzo alle case i più deboli cadono per primi, ma dall’Unicef a Save the Children si moltiplica l’allarme per le migliaia e migliaia di Hamza alKhatib che ogni giorno vengono sepolti nelle zone calde del pianeta.
Secondo l’ong Afghanistan Rights Monitor, per esempio, la guerra contro i taleban è costata fino al 2009 la vita di tre bambini al giorno senza contare gli abusi sessuali, le malattie, la detenzione illegale. E se il ritiro dei contingenti internazionali smorzerà l’attenzione internazionale è probabile che non migliori la sorte meschina dei più piccoli.
La conta dei caduti è sempre macabra statistica, specie nel caso dei bambini, ma serve spesso alle fazioni in lotta per additare l’altrui ferocia. Al termine dell’operazione Cast Lead, quando a cavallo tra il 2008 e il 2009 l’esercito israeliano bombardò per 22 giorni la striscia di Gaza, Amnesty International documentò la morte di 1400 palestinesi, di cui 300 bambini. Si disputò a lungo allora se fossero civili disarmati e presi di mira o miliziani di Hamas che si facevano scudo dei più indifesi, ma non cambia molto rispetto ai peluche e ai quaderni con le tabelline rimasti nelle camerette deserte.
Anche la primavera araba si tira dietro una scia nera di piccoli martiri. A cominciare dalla Libia, dove mentre la rivista Foreign Policy raccontava delle centinaia di bambini utilizzati da Gheddavi per «schermare» dai raid alleati i propri arsenali militari e dei troppi freddati dai cecchini, la Nato ammetteva i primi «danni collaterali» come i 50 minori uccisi il 5 agosto 2011 da un missile piombato sull’ospedale di Zliten.
Se le rivoluzioni egiziana e tunisina sono state parzialmente risparmiate, lo stesso non può dirsi dello Yemen, dove già un anno prima che la popolazione si sollevasse contro il presidente Saleh, un rapporto della Seyaj Organization for Childhood Protection puntava l’indice contro la guerriglia in corso tra le truppe governative e i ribelli sciiti del nord in cui solo negli ultimi sei mesi del 2009 avevano perso la vita 187 bambini e almeno 700 erano stati arruolati in prima linea.
«Le guerre moderne stanno sfruttando, mutilando e uccidendo bambini più freddamente e più sistematicamente che mai» ripete la charity britannica Child Victims of War. Con buona pace del progresso, anche di quello nel campo delle tecnologie belliche.
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