Benedetto XVI e l'islam
di Sergio Itzhak Minerbi
(Traduzione dall'inglese di Yehudit Weisz )
The Israel Journal of Foreign Affairs, Vol,6, 2012/5772, N°3
Sergio I. Minerbi Benedetto XVI
Poco dopo la sua elezione, Papa Benedetto XVI diede l'impressione di voler cambiare la politica vaticana finora largamente favorevole all’islam, che aveva per tradizione caratterizzato l’atteggiamento della Santa Sede (almeno in epoca moderna) e che avrebbe stabilito una nuova linea di resistenza.
Il 20 agosto 2005 a Colonia in Germania, il Papa, incontrando i rappresentanti delle comunità musulmane, aveva dichiarato:
“Son certo di interpretare anche il vostro pensiero nel porre in evidenza, tra le molte preoccupazioni, quella che nasce dalla constatazione del dilagante fenomeno del terrorismo… di qualunque matrice esso sia, è una scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto sacrosanto alla vita… sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti a pressioni negative, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace… solo attraverso il riconoscimento della centralità della persona si può trovare una comune base di intesa, superando eventuali contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle ideologie”
Pochi giorni dopo, tra l'1 e il 2 settembre 2005, il Papa organizzò un importante seminario a porte chiuse, sulle relazioni tra la Santa Sede e l’islam, nella sua residenza estiva a Castelgandolfo, con l'assistenza di padre Samir Khalil Samir, un gesuita nato al Cairo e residente a Beirut. Samir è un autorevole e noto islamista e conosce perfettamente i pericoli del fondamentalismo islamico. Scrive spesso su Asia News ed è docente di Islamologia e di Storia della cultura araba all’Université Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma.
Secondo Samir, la tendenza dell’Islam fondamentalista è una minaccia alla vera religione che esso pretende di rappresentare, poichè tenta di creare una società islamica basata sulla Shari’a (legge islamica). Inoltre Samir ritiene che la società musulmana sia malata, e che ci sia uno stretto legame tra islamismo e terrorismo. Egli teme che accettando anche solo una minima parte delle richieste degli islamici si farebbe un passo indietro, da cui non ci sarebbe più ritorno.
Il 12 settembre 2006, poco tempo dopo il seminario, il Papa pronunciò un importante e coraggioso discorso all’Università di Ratisbona. In quell’occasione Benedetto XVI affermò: “Mostratemi pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverete soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere tramite la spada la fede che egli predicava”. A proposito di questo commento del Papa, Samir annotava:
Egli (il Papa) ci ha detto che i musulmani corrono il grande rischio di escludere la ragione dalla loro fede. In questo caso, la fede islamica diventa semplicemente un atto di sottomissione a Dio, che può plausibilmente degenerare in violenza, persino “ in nome di Dio”, o “in difesa di Dio”, la più sfruttata e odiosa citazione del dotto Imperatore bizantino Manuele II Paleologo. Lui stesso divenne famoso per aver sottolineato che “ Dio non ama il sangue e la violenza” e che la violenza è contro la natura di Dio e dell’uomo… per almeno un migliaio di anni l’islam ha rinunciato a riproporre ininterrottamente un’applicazione letterale di quanto è stato detto in passato.
Pochi mesi più tardi, Benedetto XVI fu obbligato, almeno formalmente, a ritornare alla tradizionale politica pro-islamica del Vaticano. Il 30 novembre 2006 il Papa visitò un paese musulmano, la Turchia, e a Istanbul visitò l' ex Chiesa di Santa Sofia poi trasformata in moschea.
Già nel 1996 Joseph Ratzinger aveva detto che la Shari’a plasma la società musulmana da cima a fondo. “ Quando, per esempio, un musulmano si trova a vivere in una società occidentale, egli può godere o sfruttare alcuni elementi, ma non s’identificherà mai con il cittadino non-musulmano, perché non si trova in una società musulmana”.
In tutti i dialoghi che si fanno con il mondo musulmano, non appena si tocca l’argomento religioso, s’inizia a parlare di Palestinesi, Israele, Iraq, Afganistan - di tutti i conflitti politici e culturali. Il Papa ha fatto suo questo aspetto importante: le discussioni sulla teologia possono aver luogo solo a livello di una certa élite, ma questo non è il momento di discutere di teologia tra islamici e cattolici. Bisogna invece affrontare la scottante questione della coesistenza, ma attraverso il prisma della politica, dell’economia, della storia, della cultura e dei costumi.
Secondo Samir, l’idea essenziale è che il dialogo con l’islam non può essere religioso; ma deve essere un dialogo di culture e di civiltà. Il Papa ha compreso che i musulmani non sono offesi da simboli religiosi, ma dalla cultura secolarizzata, perchè Dio è assente in questa civiltà. Non è la teologia che conta; ciò che conta è che l’islam sta diffondendosi sempre di più e sta diventando un pericolo per l’Occidente e per il mondo.
Qualcuno si chiede se Benedetto XVI ha realmente un forte controllo sulla sua Curia.
Osservando le relazioni tra la Santa Sede e l’islam, è facile convincersi che esistono orientamenti diversi all’interno della Chiesa Cattolica, soprattutto quando il Papa e il Segretario di Stato assumono posizioni diverse. La posizione politica della Santa Sede è riportata sulla rivista bimestrale “ Civiltà Cattolica”, che si dimostra vicina agli islamisti, persino con i fondamentalisti. Dimostra ostilità invece nei confronti dello Stato di Israele, anche se la Chiesa organizza incontri con rabbini provenienti da Israele o dagli Stati Uniti. Tali incontri sono generalmente privi di qualsiasi tema che potrebbe dare origine a controversie e lo Stato di Israele non è incluso in queste insipide conversazioni. In questo modo, la Santa Sede riesce a realizzare la separazione dello Stato di Israele dal resto del mondo ebraico, contribuendo così al suo isolamento.
Più gli Islamisti dimostrano scarsa considerazione verso la Chiesa Cattolica, più la Chiesa dimostra verso di loro comprensione. Benedetto XVI è uno dei pochissimi capi della Chiesa, che per evitare uno scontro di civiltà, ha cercato un dialogo con l’islam sulla base della ragione, della cultura, dei diritti umani e sulla denuncia della violenza.
Le relazioni tra Santa Sede e USA sono state piuttosto fredde, soprattutto dopo l’11 Settembre. Il Vaticano ha criticato la guerra al terrorismo in generale, e in particolare la politica americana in Iraq. Talvolta sembra che il Vaticano colleghi l’aggravarsi del terrorismo all’ingiustizia contro la popolazione musulmana. Il 10 settembre 2011 Papa Benedetto XVI ha dichiarato: “ Prego con fervore affinchè un fermo impegno di giustizia e una globale cultura di solidarietà aiutino il mondo a liberarsi dall’ingiustizia che così spesso comporta atti di violenza, si possano creare maggiori condizioni di pace e prosperità, offrendo un futuro più luminoso e più sicuro.”
Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, il Santo Padre ha dichiarato che è necessario “aumentare l’informazione sui problemi a livello nazionale e internazionale, per cui è importante ricorrere a meccanismi idonei a redistribuire la ricchezza.” Ma l’unica “redistribuzione della ricchezza” che è avvenuta negli ultimi trent’anni è stato il trasferimento di denaro dalla povera e ridotta classe-media sui conti bancari dei ricchi.
Talvolta il Papa e " Civiltà Cattolica ", con la supervisione del Segretario di Stato, esprimono punti di vista diversi. Per esempio, nel numero di ottobre 2006, si era affermato che dopo l’11 Settembre “gli atti di terrorismo erano aumentati” in considerazione della guerra intrapresa dagli USA in Afganistan e Iraq. Secondo la rivista ogni guerra contro paesi che ospitano gruppi terroristi “è sempre un errore” perché qualsiasi attacco contro un paese islamico è considerato una grave offesa contro Allah e provoca la reazione dei fondamentalisti attraverso l' Jihad.
Nella Dichiarazione Universale Islamica, il Concilio Islamico d’Europa afferma:
“L’assoggettamento di popoli musulmani e l’occupazione delle loro terre rappresentano un serio problema. Causa più dolore in assoluto il fatto di aver usurpato e occupato la città santa di Gerusalemme. ”
I redattori della rivista cattolica giudicano l’”aggressione” contro l’Afganistan e l’Iraq responsabile della mobilitazione dell’islam radicale e di aver portato i suoi seguaci ad azioni armate, cioè al “terrorismo”, che i musulmani sono obbligati individualmente a mettere in atto “per difendere i diritti di Dio”. Dietro alle ideologie ispirate dai Fratelli Musulmani e da altri, ci sono grandi e potenti stati islamici che combattono l’Occidente. I redattori postulano cinque modi per combattere il terrorismo:
- promuovere legami di amicizia e collaborazione con l’islam;
- evitare e contrastare azioni che umilino i popoli islamici, e trovare una giusta soluzione per la questione israelo-palestinese, che, secondo “l’intero mondo islamico” è una grave ferita poiché l’Occidente ha dato agli ebrei un territorio che appartiene ai musulmani per legge divina;
- accantonare l’idea di costringere i popoli islamici ad accettare il sistema democratico dal momento che questo nega l’assoluta autorità di Allah;
- favorire misure di informazione;
- privare il terrorismo degli enormi finanziamenti provenienti dalle maggiori banche islamiche.
La Chiesa sostiene con convinzione il legame tra terrorismo islamico e conflitto israelo – palestinese e lo si evince chiaramente da molte sue dichiarazioni. Secondo " Civiltà Cattolica ", i palestinesi che accettano l’esistenza di Israele dovrebbero sapere che la loro posizione è in opposizione al “punto di vista condiviso dall’intero mondo islamico” e che “Israele deve essere sradicato dalla terra che appartiene ai musulmani per legge divina.” Secondo Sandro Magister, questo editoriale equivale ad un atto di resa.
L’ultimo Sinodo del Medio Oriente, che si svolse a Roma tra il 10 e il 24 ottobre 2010, fu un’occasione per molti vescovi cattolici per lanciare una serie di invettive contro Israele. Il Sinodo era stato accuratamente preparato in quasi un anno di lavoro, per diventare una impudente manifestazione di disprezzo nei confronti degli ebrei e dello Stato di Israele su temi sia politici che teologici.
"Instrumentum Laboris" , il documento preparatorio di giugno 2010 inviato dalla Santa Sede ai vescovi, conteneva un paragrafo sulle presunte difficoltà causate dall’occupazione di Israele. Ciò fu ribadito nel messaggio finale del Sinodo, con l'affermazione che i palestinesi “stanno soffrendo a causa dell’occupazione israeliana: la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e i checkpoints militari, i prigionieri politici, la demolizione di case, problemi di vita socio-economica, e le migliaia di rifugiati.” Così il Sinodo esprimeva la sua inclinazione a favore dei palestinesi. La Chiesa Cattolica non sostiene più come in passato l’imparzialità sul conflitto israelo-palestinese. Un’altra citazione dal messaggio finale del Sinodo si appella all’ “applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, di adire alle necessarie vie legali per porre fine all’occupazione dei diversi territori arabi.” Gli autori del testo ignorano il fatto che la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si appellava al “ritiro di Israele non< dai territori>” e anche alla “fine di ogni rivendicazione e stato di belligeranza.”
"Civiltà Cattolica "di solito sostiene la posizione palestinese anche per il problema dei rifugiati. In un articolo sullo Stato di Israele e il problema dei rifugiati palestinesi, lo storico gesuita Giovanni Sale scrive che i rifugiati palestinesi “dovettero abbandonare i loro villaggi talvolta volontariamente, e altre volte invece con la forza” e sostiene il loro diritto al ritorno e al recupero delle loro proprietà.
I problemi dei rifugiati in ogni parte del mondo, sono stati generalmente risolti dalla sistemazione di coloro che avevano perduto le loro case negli stati in cui si erano stabiliti fin dall’inizio. Nel 1949, subito dopo la fine della Guerra d’Indipendenza di Israele, fu creata l’UNRWA (Agenzia della Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi) e il soccorso diretto avrebbe dovuto terminare non oltre il 31 dicembre 1950. Alcuni stati arabi temettero che accettando i rifugiati nei loro paesi in modo permanete, questi ultimi avrebbero perso il diritto al ritorno. Secondo il documento dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il programma per il soccorso e la riabilitazione era confermato a partire dal primo luglio 1951, con un costo stimato in 250 milioni di dollari. L’UNRWA aveva proposto un programma triennale per la riabilitazione dei rifugiati nei paesi arabi. Tale programma fu abbandonato nel 1954 a causa dell’opposizione degli stessi Stati arabi.
Così mentre l’ONU era pronta a finanziare una sistemazione definitiva dei rifugiati, il progetto fu abbandonato perché i paesi arabi non vollero risolvere il problema – scegliendo invece di usarli in funzione di propaganda contro Israele. All’UNRWA fu concesso di continuare le sue attività purchè non proponesse la sistemazione dei rifugiati nei paesi arabi. Di conseguenza, la comunità internazionale sta continuando a pagare circa 300 milioni di dollari ogni anno per non risolvere il problema.
Dopo la II Guerra Mondiale, venne risolto il problema di milioni di rifugiati di varie nazionalità. Soltanto il problema dei rifugiati palestinesi ha continuato a restare irrisolto nel tempo. Oggi esso è usato per impedire di giungere ad un accordo con Israele. Quando il Primo Ministro Ehud Olmert incontrò Abu Mazen nel 2007, concordarono sulla maggior parte dei problemi presenti sulla loro agenda. Ma, all’ultimo minuto, Abu Mazen rivendicò per tutti i rifugiati palestinesi il riconoscimento del diritto di ritornare nelle “proprie case”. Fu chiaro che nessun accordo sarebbe stato raggiunto.
Inoltre, Sale ignora totalmente il fatto che nello stesso tempo, 900.000 ebrei giunsero in Israele, costretti a lasciare case e beni nei paesi arabi. Essi non ebbero mai alcun risarcimento, furono, invece, accolti a braccia aperte dalle autorità israeliane. Sale non capisce che anche quegli ebrei erano dei rifugiati e che ciò che avvenne fu un trasferimento di popolazione su vasta scala. La differenza sta nel fatto che essi furono assorbiti dallo Stato di Israele e nel tempo, dopo tante sofferenze, diventarono membri effettivi della società israeliana. Ma questo appartiene alla storia.
Nella letteratura politica europea, si fa una distinzione tra islam radicale e islam moderato. Secondo l’autore francese Francois Burgat, citato in " Civiltà Cattolica", questa distinzione è fittizia. Egli afferma che l’islam è la voce della parte meridionale del mondo, quella soggetta allo sfruttamento da parte del Nord ricco e imperialista. Negli ultimi ottant’anni i Fratelli Musulmani hanno dominato la scena politico-religiosa nella maggior parte del mondo islamico. Secondo Sale, la Fratellanza ha cercato dei compromessi con i regimi locali per poter continuare la sua azione di “islamizzazione dal basso”. Sale crede che avere un dialogo con dei partiti islamici non significhi che dobbiamo negare che ci siano tendenze estremiste o radicali, che, nell’islam contemporaneo, “talvolta sono diventate terrorismo”. Questa descrizione prudente è fatta da qualcuno che ignora, o rifiuta di ammettere, la forte partecipazione su scala mondiale dell’islam radicale in attività terroristiche.
Sale ammette che ci siano estremisti e radicali diventati poi terroristi. Secondo lui, nel mondo islamico non esiste una politicizzazione delle masse, mentre si dovrebbe renderle idonee a sviluppare “la capacità di fare politica e progettare il proprio futuro.” I movimenti che in genere hanno una base religiosa dovrebbero diventare dei partiti politici moderni. Ma è più facile dirlo che farlo, dato che i governi al potere hanno in generale escluso questa possibilità. Sale accetta la spiegazione araba che “questa è la nuova rivoluzione senza premeditazione, senza imbrogli” ed “ è una protesta per instaurare un’etica in una società che è stata sfruttata e umiliata”. Sottolinea che in Egitto i Fratelli Musulmani approfittano delle persecuzioni a cui furono sottoposti sotto i precedenti regimi autoritari. Dall’altra parte la sinistra, i liberali, i cristiani copti, e coloro che sostengono i politici 'moderati', vorrebbero capovolgere la costituzione in vigore in Egitto. Sale cita quel che disse un Fratello Musulmano: ”Ci stiamo allontanando da un sistema corrotto, autocratico e dittatoriale verso un sistema democratico.” Possiamo veramente definire i Fratelli Musulmani come democratici? Sale scrive che la Fratellanza vuole riforme sociali e morali per ridurre la povertà.
La più singolare presa di posizione di Sale è espressa in un articolo sugli Hezbollah. Un tempo il Libano era un paese a maggioranza cristiana (maronita); ora, chi domina il governo attuale, con diciannove su trenta ministri con portafoglio, sono gli estremisti islamici di Hezbollah. Secondo Sale, tra il 1982 e il 1985 gli israeliani hanno favorito lo sviluppo del fondamentalismo sciita, che ha permesso a Hezbollah di diventare un movimento di massa militare finanziato da Iran e Siria. Di conseguenza nel 2000, l’esercito israeliano fu obbligato a ritirarsi dal Libano. Sale ricorda la Risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, approvata il 2 settembre 2004, che raccomanda il ritiro delle truppe siriane dal Libano, il disarmo di Hezbollah, lo schieramento dell’esercito libanese lungo la frontiera con Israele e il disarmo dei campi palestinesi. Sale cita anonimi osservatori internazionali secondo i quali questa risoluzione era illegittima.
Il 14 febbraio 2005 il Primo Ministro libanese Rafiq Hariri fu assassinato. Il Tribunale dell’Aia accusò Hezbollah di esserne il responsabile. Sale ricorda ai suoi lettori che fu Hezbollah a dar inizio alla Seconda Guerra del Libano il 12 luglio 2006. Egli afferma che la guerra è stata un “mezzo disastro dal punto di vista strategico militare di Israele” e che l’attacco di Israele fu sproporzionato rispetto alla provocazione di Hezbollah. Sale scrive che ci fu “una catastrofe umanitaria” e che la guerra, “agli occhi del mondo, screditò la superpotenza di Israele che usò la più avanzata tecnologia militare contro una delle più povere regioni del Medio Oriente.” Spesso la maggioranza degli osservatori del Vaticano enfatizza le possibilità della “superpotenza” di Israele rispetto ai poveri arabi.
Sale scrive anche che la fine delle operazioni militari di Israele all’epoca fu celebrata dal mondo arabo come un trionfo sul nemico sionista. La strana conclusione di questo articolo è che Israele è senza possibilità di difesa di fronte all’”offensiva di azioni suicide” e che Hezbollah e Hamas stanno diventando bona fide partiti in cui il nazionalismo prevale sull’elemento religioso fondamentalista.
Un altro articolo su " Civiltà Cattolica" verte sulla persecuzione dei cristiani. L’autore stima in cento milioni il numero di cristiani perseguitati in ogni parte del mondo. Sono numerosi i casi documentati di discriminazione e intolleranza. Tramite l’ONU la Santa Sede ha chiesto che i governi accettino una totale libertà religiosa. Da parte sua la Conferenza delle Organizzazioni Islamiche (COI) ha fatto un appello affinchè si intraprenda una lotta contro l’intolleranza, gli stereotipi negativi, la stigmatizzazione, la discriminazione, e l’incitamento alla violenza. La rivista non ha commentato gli episodi del pastore protestante che propose di bruciare il Corano per commemorare l’11 Settembre. In India il 12 settembre 2010 furono incendiate una Chiesa e una scuola cattolica. Alcune emittenti televisive arabe fomentano l’intolleranza nei confronti dei cristiani con false informazioni. Un’infinità di gente soffre e muore solo perché di fede cristiana. L’autore dell’articolo ci ricorda l’assalto alla Cattedrale cattolica siriana di Baghdad del 31 ottobre 2010, in cui morirono 58 persone, mentre il primo gennaio 2011 fu colpita la Cattedrale copta di Alessandria d’ Egitto, con 24 vittime. Nel contesto degli stessi tragici eventi, venne ricordato che durante la Settimana Santa le autorità israeliane impedirono a molti palestinesi cristiani di entrare a Gerusalemme.
Apparentemente il Vaticano è affascinato dalla cosiddetta “spiritualità” dell’islam. Ciò che abbiamo citato, tuttavia, ha poco o nulla a che fare con la religione, ma è un esempio del completo sostegno alla politica araba dai principi più estremisti. In Francia una nuova organizzazione chiamata “L’osservatorio sull’islamizzazione” ha dichiarato di recente che il Vaticano è l’istituzione più attiva nel cercare di contrastare la demonizzazione dell’islam. Negli ultimi due anni il Vaticano ha intensificato le relazioni con l’islam, con molte aperture al mondo musulmano, probabilmente perché la Curia romana non sa cosa altro fare per affievolire la pressione islamica sui cristiani in Medio Oriente.
Il giornalista Michel Garrote sottolinea che Monsignor Dionigi Tattamanzi, ex arcivescovo di Milano, aveva sostenuto il progetto di una nuova immensa moschea in questa città, malgrado i palesi legami dell’imam con i terroristi islamici. Nell’aprile 2011, il Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone denunciò l’Unione Europea per non avere empatia verso gli immigranti dal Nord Africa.
Il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, nel maggio del 2011, dichiarò che il Vaticano era favorevole alla costruzione di nuove moschee in Europa. Un mese dopo, a Torino ci fu un incontro tra i vescovi europei e i musulmani d’Europa, alla presenza del cardinale Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e fu dichiarata la necessità di moschee per radicare progressivamente la cultura dell’islam in Europa.
Sul canale francese Europe 1 TV, Monsignor Bernard Podvin, presidente della Conferenza Episcopale di Francia, ha dichiarato che non si deve demonizzare l’islam. La Chiesa si è rifiutata di discutere sul totalitarismo islamico. La Chiesa in Francia si è opposta con fermezza alla proibizione del burqa. A questo punto ricordiamo che invece Samir si schierò sul fronte opposto, scrivendo un articolo che salutava con favore la legge francese che proibisce il burqa, un messaggio rivolto ai musulmani europei per favorirne l'integrazione, per allontanarli dalle posizioni salafite che riportano indietro ai primi secoli dell’islam. Né il Corano né la tradizione islamica, ha detto, giustificano il burqa, che invece ha origine in Arabia Saudita. In Francia ci sono circa 2.000 donne che indossano il velo integrale e il loro numero sta crescendo. Secondo Samir, i musulmani europei dovrebbero educare i loro correligionari a integrarsi nei paesi d’Europa in cui vivono.
In Libano, i cattolici maroniti hanno perso la maggioranza e cercano un’alleanza con Hezbollah. Nell’ottobre 2011 il Patriarca maronita Beshara Rai disse: ”Noi non siamo una minoranza in Medio Oriente; noi siamo la base dell’Oriente”, e aggiunse: “La presenza cristiana in Libano è un messaggio per un modello di coesistenza e dialogo tra cristiani e musulmani, in cui popoli di diverse religioni testimoniano la possibilità di coesistenza e di dialogo.” Durante la sua visita a Parigi nel settembre 2011, Rai disse che al Presidente Bashar Assad dovrebbe esser concessa la possibilità di realizzare delle riforme in Siria, mettendo in guardia la comunità internazionale che un cambiamento di governo potrebbe danneggiare la presenza di minoranze del paese, in particolare i cristiani. Il Patriarca aggiunse anche che se Israele si ritirasse dal territorio libanese, scomparirebbe anche Hezbollah quale milizia armata. Non è chiaro a quale territorio libanese si riferisse, visto che Israele, in accordo con l’ONU, si era rititato dal Libano nel 2000. Prima di partire per gli USA, Rai ha aggiunto che le sue recenti dichiarazioni polemiche riflettono la politica del Vaticano.
Come abbiamo visto, voci discordi giungono dal Vaticano. La più insistente e più frequente è quella del Segretariato di Stato, il governo della Santa Sede, pronta ad elogiare qualsiasi corrente islamica. Di fronte agli attentati terroristici di matrice islamica, quelle voci osservano un rigoroso silenzio, persino quando le vittime sono cristiani. Non abbiamo sentito alzarsi nessuna protesta il 3 giugno 2012 quando il vescovo di Iskanderun (Turchia) fu assassinato dal suo autista musulmano. Le autorità locali sostennero che l’assassino era malato di mente.
Papa Benedetto XVI riesce in genere a controllare quanto si scrive sui temi di attualità politica ma durante l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, intervenne non meno di cinque volte in una settimana contro l’azione militare di Gerusalemme nel gennaio 2009. L’islam fa rapide intromissioni nell’Europa cristiana. Stiamo ora assistendo non a una “primavera araba” ma al risorgere del fondamentalismo islamico, che non lascia spazio alcuno all’islam moderato. Apparentemente, la Chiesa è incapace di formulare una politica in grado di frenare gli assalti islamici e insegnare alla gente a vivere in una società pluralistica.
Il 9 ottobre 2011, ventidue copti furono travolti da carri armati egiziani al Cairo. Il grande imam della moschea Al-Azhar, Ahmad Muhammad al Tayyeb, che aveva firmato una lettera amichevole rivolta a Benedetto XVI da 138 intellettuali musulmani, più tardi ruppe le relazioni con il Vaticano protestando contro la preghiera del Papa per i cristiani morti alla vigilia di Capodanno del 2011 nella Chiesa copta ad Alessandria.
Nel dicembre del 2011 si tennero le elezioni in Egitto. I Fratelli Musulmani con il loro Partito Libertà e Giustizia raccolsero il 47% dei seggi del futuro parlamento, mentre un altro partito musulmano, quello dei Salafiti, ottenne il 23% dei seggi. Frate Antoine Rafic Greiche, il portavoce ufficiale della Chiesa Cattolica in Egitto, il 5 dicembre 2011 così si espresse: “ Il successo dei Salafiti è una grande sorpresa ed è motivo di allarme non solo per i cristiani, ma anche per i musulmani moderati. La posizione dei salafiti nei confronti dei cristiani è che loro possono ottenere il passaporto per andare negli USA, in Francia o nel Regno Unito, cioè lasciare il paese. Essi parlano sempre dell’Egitto come di un paese musulmano, anche se ci vivono 13 milioni di cristiani”. Il vescovo cattolico copto Kyrillos William di Assiut, nell’Alto Egitto ha detto: ” Il successo dei Salafiti ci ha colto di sorpresa ma dobbiamo attendere cosa succederà nei prossimi turni delle elezioni.”
E’ impossibile evitare di concludere come la Chiesa Cattolica non abbia ancora definito un chiaro programma di politica nei riguardi dell’islam. Qualche volta Papa Benedetto XVI ha manifestato la volontà di opporsi all’islam. Tuttavia, il suo Segretariato di Stato ha in generale scelto un atteggiamento più indulgente nella speranza di garantire la benevolenza islamica nei confronti dei cattolici. Sono poche le speranze che questa politica produca dei frutti.