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Il Foglio Rassegna Stampa
24.05.2012 Se il nucleare iraniano non viene bloccato lo scontro militare è inevitabile
Giulio Meotti intervista Norman Podhoretz

Testata: Il Foglio
Data: 24 maggio 2012
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Israele con l’Iran farà la fine dei Sudeti. Parla Norman Podhoretz»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/05/2012, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Israele con l’Iran farà la fine dei Sudeti. Parla Norman Podhoretz".


Norman Podhoretz, Giulio Meotti

Roma. “L’accordo fra l’Iran e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica non esclude un intervento militare di Israele”, ha scandito ieri Ehud Barak, ministro della Difesa israeliano, mentre a Baghdad si aprivano i colloqui sul programma nucleare di Teheran fra l’Iran e il 5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, Russia più la Germania).
Ieri sul Corriere della Sera l’ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon, ha ribadito la posizione di Gerusalemme: “L’interruzione di qualsiasi attività di arricchimento e l’invio, fuori dall’Iran, di tutto l’uranio arricchito. In base alle stime dell’Aiea si tratta di oltre cinquemila chili di uranio arricchito al 3,5 per cento e di quasi altri 100 kg di uranio arricchito al 20. Un quantitativo che, già oggi, è sufficiente a produrre ben quattro bombe atomiche”.
Con Norman Podhoretz, patriarca del neoconservatorismo, fra i massimi intellettuali ebrei d’America, autore di dodici libri e architetto ideologico della politica estera di George W. Bush, parliamo di atomica iraniana e dell’eventuale attacco preventivo di Israele, che Podhoretz caldeggia da anni come unica soluzione.
“Se l’Iran ottiene la bomba, gli israeliani dovranno decidere se attaccare preventivamente Teheran o lanciare una rappresaglia dalle macerie”, ci dice Podhoretz. “Gli iraniani si troverebbero di fronte alla stessa decisione. Entrambi avrebbero un irresistibile incentivo ad abbattersi l’un l’altro. E’ difficile, se non impossibile, pensare che uno scontro militare atomico possa essere evitato in simili circostanze”.
A Podhoretz chiediamo se sia fiducioso sul futuro di Israele in medio oriente, sempre più stretto in una morsa ostile. “Non sono ottimista se l’Iran ottiene la bomba. Ma anche se l’Iran venisse fermato in tempo, la guerra arabo-islamica contro Israele proseguirebbe. Non c’è nulla che Israele possa fare o non fare per porre fine a questo conflitto. E poiché non vedo segnali per cui il mondo arabo-musulmano possa abbandonare in futuro il suo sogno malefico di cancellare lo stato ebraico dalle mappe geografiche, al di là di dove i suoi confini verranno tracciati, Israele continuerà a vivere in uno stato di assedio. Dall’altro lato, Israele è miracolosamente riuscito a fiorire in queste condizioni, e penso che troverà un modo per proseguire questo miracolo negli anni a venire”. A Podhoretz non piace Barack Obama, per usare un eufemismo. “Paragonerei la politica di Obama sull’Iran, che però può essere estesa più in generale a tutto l’occidente, a quella di Neville Chamberlain con Hitler”, ci dice in riferimento al primo ministro inglese che si recò a Monaco e lasciò che la Germania nazista si impadronisse della regione dei Sudeti.
Ci avviciniamo alle elezioni presidenziali americane e commentatori ebrei liberal hanno definito Obama “il primo presidente ebreo”. “Io invece direi che Obama è il presidente meno amico di Israele dai tempi di Jimmy Carter e Bush senior”, conclude Norman Podhoretz. Che cosa c’è di sbagliato nella politica americana sull’Iran da quando i pasdaran assaltarono l’ambasciata statunitense a Teheran? “Tutto”.

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