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La Stampa Rassegna Stampa
21.05.2012 Elezioni in Egitto: dittatura militare o fascismo islamico ?
Sono queste le uniche alternative. Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 21 maggio 2012
Pagina: 16
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Il candidato dei giovani è quinto nei sondaggi - Elezioni, è la svolta. Ma al Cairo i giovani si sentono traditi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/05/2012, a pag. 16, l'articolo di Francesca Paci dal titolo " Elezioni, è la svolta. Ma al Cairo i giovani si sentono traditi ", la breve dal titolo " Il candidato dei giovani è quinto nei sondaggi ".

Nel suo pezzo, Francesca Paci riporta le dichiarazioni di Raouf Ghoneim, il quale dichiara che, al momento, l'alternativa sembra essere fra " dittatura militare " e " fascismo islamico " e che i giovani scesi in piazza a Tahrir sono pronti a rifarlo pur di non dover subire nessuna delle due ipotesi. Speriamo. Vero è che, come riportato nella breve titolata " Il candidato dei giovani è quinto nei sondaggi " e ripresa in questa pagina di IC, il candidato più votato dai giovani è Hamdeen Sabahi, un nasseriano dai " legami con la Libia di Gheddafi e l’Iraq di Saddam e la linea durissima verso Israele e Usa ". Se questo è ciò a cui aspirano i giovani di piazza Tahrir, allora non c'è alcuna speranza per l'Egitto.
Non che, al momento, il futuro sembri più roseo.
Accanto al pezzo di Paci c'è la testimonianza di una copta egiziana, molto preoccupata per come si sta evolvendo la situazione, eccola:

"In dieci anni saremo islamizzati Io sono copta, e ho paura per tutti noi"

Ho partecipato alla rivoluzione a titolo personale, non come copta, perché odiavo il regime ma temevo per la nostra sorte. Avevo ragione: dopo la luna di miele tra copti e musulmani gli assalti alle chiese sono ricominciati peggio che mai. Sono delusa, per la prima volta sto pensando di emigrare come fanno ogni mese due o tre famiglie. Non rimpiango Mubarak, quanto sta accadendo era destino perché noi egiziani siamo settari per natura, ma abbiamo sprecato l’opportunità di diventare un Paese civile. L’aspetto positivo della rivoluzione resta il cambiamento sociale, la partecipazione, ma l’impatto politico è negativo e in dieci anni saremo islamizzati come l’Iran. Il voto? Forse lo boicotto: il candidato meno peggio è Sabahi, ma non mi piace che fosse vicino a Gheddafi e ho paura della sua rigidità verso Israele e l’America.

Ecco la breve e il pezzo di Francesca Paci:

" Il candidato dei giovani è quinto nei sondaggi "


Hamdeen Sabahi

Votatissimo dagli egiziani della diaspora (dopo Aboul el Fotouh), il nasseriano Hamdeen Sabahi raccoglie più di tutti i candidati il favore dei giovani di Tahrir che gli riconoscono di essere, sin dalla prima ora, «un uomo della rivoluzione». La debolezza che lo relega al quinto posto nei sondaggi dipende da due fattori: da un lato c’è l’incapacità delle sinistre e dei liberal di compattarsi dietro di lui, dall’altro i più politicamente laici tra gli egiziani non dimenticano i suoi legami con la Libia di Gheddafi e l’Iraq di Saddam nè condividono la linea durissima verso Israele e Usa.

Francesca Paci -  "Elezioni, è la svolta. Ma al Cairo i giovani si sentono traditi"


Elezioni in Egitto

A quattro mesi dal compimento del primo anno d’età, l’Egitto post Mubarak va alle urne per eleggere il proprio presidente. Sulle automobili e i minibus incolonnati a passo d’uomo tra i viali del Cairo si moltiplicano i manifesti elettorali dei candidati alla conquista del consenso ma anche dei fuori concorso come i generali che, dovendo recuperare la popolarità perduta, approfittano della fioritura di poster per diffondere l’immagine di un soldato con in braccio un bambino e la scritta «giaish, sciab, yad wahida» (il popolo e l’esercito sono una sola mano), il celebre slogan della rivoluzione.

Il traguardo del 23 e 24 maggio, l’ambito giro di boa rispetto a oltre mezzo secolo di dittatura, è dietro l’angolo. Qualsiasi candidato la spunti, il fratello musulmano Morsy o il suo ex collega Abou el Fotouh, il calcolatore Amr Moussa, la vecchia guardia Shafik o il nasseriano Hamdeen Sabahi, resterà in carica per soli quattro anni (o almeno così dovrebbe) salvo risottoporsi umilmente al giudizio dei cittadini. Una rarità nel mondo arabo. Eppure il vento della rivoluzione che fino a ieri gonfiava le bandiere in piazza Tahrir sembra aver stordito i tamburini del cambiamento.

Tra la subdola riscossa islamista, l’esibizione muscolare dei militari e l’inadeguatezza dei liberaldemocratici inebriati dal miraggio del potere al punto da prepararsi a consegnarlo ai concorrenti, i ragazzi protagonisti della decisiva spallata al regime sbandano. All’entusiasmo per la novità del voto, vera primizia in un paese dove il 50% della popolazione ha meno di 25 anni, si mescolano il sospetto di aver perduto la palla, la voglia di tornare in strada, l’attitudine un po’ infantile alla dietrologia, i sogni e le delusioni nate da una protesta che il sociologo argentino Ernesto Laclau definirebbe anarco-populista, massiccia ma senza strategia politica né leader.

Dopo aver ispirato la primavera globale degli indignati, dai madrileni di Puerta del Sol ai ribelli disciplinati di Occupy Wall Street, la gioventù di piazza Tahrir tira un primo mesto bilancio. A chiederlo non sono solo le proprie intime aspirazioni ma la maggioranza silenziosa degli egiziani, il cosiddetto «hezb al kanaba», il partito del divano, quelli che pur essendo rimasti a casa hanno simpatizzato con la protesta ma ora lamentano l’aumento della criminalità, la recessione economica, la disoccupazione balzata al 12% con punte del 25% tra gli under 30.

«Comunque vada il voto, la rivoluzione non è morta perché la società intera ha rotto il muro della paura e oggi ci sono almeno 500 mila persone che non abbozzeranno più né di fronte a una dittatura militare né di fronte al fascismo islamico» ripete il 41enne Mohamed Raouf Ghoneim, veterano degli attivisti, che un paio di anni fa ha accantonato il marketing per dedicarsi a tempo pieno all’impegno politico. La prova del nuovo corso è nei milioni di egiziani incollati alla tv per il dibattito tra gli sfidanti Amr Moussa e Abou el Fotouh, un vero e proprio avvenimento. La sfida che attende gli egiziani è trasformare l’evento, dalle elezioni alla sentenza contro Mubarak, in un processo continuo e irreversibile.

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