Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 18/05/2012, a pag. 34, l'articolo di Fulvia Caprara dal titolo "Racconto l’altra piazza Tahrir ma non mando il film in Israele".
Yousry Nasrallah
Ecco con quali parole Mereghetti, noto per apprezzare tutto ciò che è contro Israele, stronca oggi sul CORRIERE della SERA il film del regista egiziano Nasrallah : "Molto deludente, invece, il film egiziano Baad el mawkeaa (Dopo la battaglia) di Yousry Nasrallah che vuole parlare di libertà femminile e sfruttamento degli ultimi nell'Egitto di piazza Tahrir ma non va oltre le buone intenzioni e l'eccesso di verbosità".Se lo dice Mereghetti... dandogli una 'stella', il che vuol dire 'da evitare'.
Tutti i quotidiani italiani di oggi hanno recensito il film di Nasrallah e tutti hanno riportato le sue dichiarazioni contro Israele. Tutti tranne due eccezioni: L'Unità e Il Manifesto. Come mai? Imbarazzati ?
Ecco il pezzo di Fulvia Caprara:
Da piazza Tahrir alla Croisette, per scrivere una «lettera d’amore» all’Egitto dilaniato dalla rivoluzione, ma anche per provare a comprendere le diverse ragioni delle parti in causa, i contrasti tra le avanguardie acculturate e le classi marginali, la dfficoltà di passare dal vecchio al nuovo. Le ferite, però, bruciano, e quando un giornalista israeliano chiede al regista di After the battle Yousry Nasrallah, nato al Cairo nel 1952, se il film verrà distribuito in Israele, la risposta è secca: «Spero che questo non avvenga, almeno fino a quando gli israeliani non tratteranno meglio i palestinesi nei territori occupati». In sala, subito dopo, parte l’applauso, Nasrallah chiarisce: «Perchè applaudite? Non ce l’ho con Israele e mi dispiace aver risposto così, ho anche amici israeliani come Amos Gitai, ma mentre il mio popolo sta facendo i primi passi verso liberazione, rivedendo anche delle posizioni, mi sembra che questo non si possa dire per Israele, che resta un blocco lungo questo nostro cammino».
Girato in 46 giorni, nell’arco di 8 mesi, nel periodo più caldo dei rivolgimenti politici egiziani, After the battle racconta la storia dell’incontro tra Mahmoud (Bassem Samra) e Reem (Menna Chalaby), le due anime del Paese in lotta. Lui è uno dei cavalieri e cammellieri che a Piazza Tahrir, il 2 febbraio del 2011, aggredirono i manifestanti su ordine del regime di Mubarak, ha una moglie, due figli, e vive nel quartiere dei poveri, a Nazlet, ai piedi delle piramidi di Giza, dove l’unica fonte di guadagno è rappresentata dai turisti in vacanza. Lei è una giovane pubblicitaria appena divorziata, abita in una zona elegante della città, e milita attivamente sul fronte della rivoluzione: «Il rapporto tra l’individuo e la società è il tema ricorrente dei miei film. L’idea di After the battle mi è venuta guardando in tv immagini della “Battaglia dei cammelli”, ero certo che quegli animali e chi li guidava fossero carichi di armi, e invece, con mia grande sorpresa, ho scoperto che non era affatto così e che, durante gli scontri, cavalieri e cammellieri erano stati molto picchiati. Conoscevo anche qualcuno di loro, mi sembrava strano pensare che, dopo quegli eventi, fossero considerati i peggiori traditori..
In realtà sono stati manipolati e usati dal potere». Realizzare After the battle non è stato facile, ma andare avanti era un dovere, non solo per Nasrallah e per tutta l’equipe de film: «Il cinema arabo ha subito gli effetti degli avvenimenti, ma è importante dimostrare che se hai una buona storia, anche con pochi soldi, puoi farcela, in totale libertà. Dobbiamo guardare l’esempio della cinematografia iraniana che, anche in una condizione difficile, trova il modo di resistere, senza mai abbassare la testa».
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