Barack Obama e la guerra al terrorismo. Ora in Yemen analisi di Mattia Ferraresi, Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 18 maggio 2012 Pagina: 1 Autore: Mattia Ferraresi - Daniele Raineri Titolo: «Un giudice mostra che la guerra al terrore di Obama è nei dettagli - E’ guerra con truppe e droni in Yemen»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/05/2012, a pag. 1-4, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo " Un giudice mostra che la guerra al terrore di Obama è nei dettagli ", a pag. 1, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " E’ guerra con truppe e droni in Yemen ". Ecco i pezzi:
Mattia Ferraresi - " Un giudice mostra che la guerra al terrore di Obama è nei dettagli"
Mattia Ferraresi, Barack Obama
New York. Mercoledì un giudice di New York nominato da Barack Obama si è trovato a proclamare ingiusta una legge sulle detenzioni a tempo indeterminato firmata dall’attuale presidente; e per sostenere la sua posizione si è appellato a una legge più mite e garantista firmata da Bush il 14 settembre 2001, non proprio nei giorni della mitezza e del garantismo. Katherine Forrest ha accolto il ricorso presentato dal giornalista del New York Times e analista del medio oriente Christopher Hedges assieme a Noam Chomsky, Naomi Wolf e altri contro Obama e il segretario della Difesa, Leon Panetta, per il National Defense Authorization Act (Ndaa), legge firmata il 31 dicembre del 2011. Il Ndaa è in sostanza la manovra finanziaria del Pentagono: stabilisce la quantità di denaro stanziato per la difesa nell’anno fiscale successivo ed elenca le voci sulle quali il governo intende investire. Il problema della legge è una dicitura ambigua nella sezione 1.021 in cui si spiega che le Forze armate possono arrestare e mettere in carcere a tempo indeterminato e senza accuse chiunque “sia parte o abbia sostenuto sostanzialmente al Qaida, i talebani o altre forze ostili agli Stati Uniti”. La cosa vale anche per i cittadini americani e non è limitata agli scenari di guerra. La parola delicata, qui, è “sostanzialmente”, perché, ha confermato un giudice, in una categoria tanto indefinita potrebbe rientrare chiunque abbia contatti e scambi di natura non criminale con i terroristi, come ad esempio succede ai giornalisti. Oltre ad affermare che la sezione viola il Primo e il Quinto emendamento della Costituzione, Forrest ha diffidato l’Amministrazione dall’applicare il meccanismo delle detenzioni preventive. Durante la stesura della legge il punto critico non era sfuggito alle associazioni per i diritti civili e ai giornali democratici, che avevano attaccato il testo licenziato da un governo a cui si chiedeva di mitigare le leggi speciali del post 11 settembre, non di renderle più dure. Alla firma della legge il presidente Obama aveva dichiarato: “Ho firmato questo atto principalmente perché autorizza i finanziamenti per la difesa degli Stati Uniti”, ma, aveva spiegato, “ho serie riserve su alcune parti che regolano la detenzione, gli interrogatori e le indagini su sospetti terroristi”. Dopo la presentazione del ricorso gli avvocati dell’Amministrazione hanno avuto occasione di spiegare cosa significasse esattamente quel sostegno “sostanziale” ai terroristi, ma invece di fornire ulteriori dettagli hanno preferito dire semplicemente che la legge non va oltre l’Authorization for Use of Military Force Against Terrorist firmato nel 2001. Secondo il giudice nominato da Obama, invece, il Ndaa è un peggiorativo della legge di Bush, perché con l’ambiguità del suo linguaggio apre la porta ad eccessi interpretativi. Lo scontro è diventato inevitabilmente politico, anche perché alla Camera si stanno discutendo gli emendamenti al Ndaa del 2013 e oggi è previsto il primo voto. Il democratico Adam Smith e il repubblicano Justin Amash stanno facendo una campagna bipartisan per emendare dalla nuova legge la sezione controversa, e propongono di stabilire un processo civile per chiunque venga arrestato sul suolo americano. Qui una volta erano tutti neocon Per paradosso, a sostenere con vigore le detenzioni illimitate e senza prove in cui Obama si è specializzato anche più del predecessore è soprattutto l’ala democratica. Il senatore Carl Levin, relatore del Ndaa, ha detto che farà di tutto perché il ramo esecutivo continui ad avere il potere di “incarcerare chiunque dichiari guerra agli Stati Uniti”, e su una materia del genere non si può rischiare. Amash ha risposto via Twitter: “Levin crede che dichiarare guerra agli Stati Uniti coincida con l’essere indagati per terrorismo. Davvero? Magari qualcuno può mandargli una copia della Costituzione”. Non mancano i conservatori che, badando al sodo, sostengono l’interpretazione obamiana dell’impianto legale costruito attorno al terrorismo, un’interpretazione che supera quella di Bush a destra e che sul campo ha prodotto innumerevoli operazioni di successo, anche contro cittadini americani. Gli analisti repubblicani dell’Heritage Foundation dicono che allentare adesso la pressione sui terroristi in nome dei diritti civili è imprudente, e si allineano alla linea neo-neocon di Obama mentre una coalizione di conservatori si schiera, per motivi più o meno strumentali, dietro a chi vuole emendare “sostanzialmente” la legge.
Daniele Raineri - " E’ guerra con truppe e droni in Yemen "
Daniele Raineri
Roma. Sei bombardamenti americani sullo Yemen negli ultimi sette giorni e ora esce la notizia che ci sono anche “boots on the ground”, truppe americane a terra. La campagna militare nel paese arabo contro una filiale di al Qaida considerata “una minaccia diretta all’America” ora è più vasta e intensa di quella in corso in Pakistan. Per l’Amministrazione e il Pentagono è una contraddizione, non la prima, rispetto a quanto era stato annunciato nella prima fase del mandato. Nel gennaio 2010 il presidente americano, Barack Obama, aveva detto: “Non manderò truppe in Yemen”; il capo di stato maggiore Mike Mullen aveva fatto eco: “Non è una possibilità”. Invece, è notizia trapelata ieri, sessanta soldati dei reparti speciali e un generale americano sono chiusi nella base di al Annad, nella provincia di Lahj, a circa sessanta chilometri dalla linea del fronte dei combattimenti tra le truppe governative e i gruppi filo al Qaida che hanno occupato il sud del paese. Gli americani hanno installato un centro di comando per coordinare i bombardamenti dei droni americani, l’artiglieria e l’aviazione yemenita. “Si sono portati le loro case prefabbricate ed equipaggiamento per stare a lungo”, dice ad Associated Press un ufficiale yemenita di stanza nella stessa base. Il generale americano, senza nome, e il ministro della Difesa dello Yemen lavorano assieme. Secondo le informazioni trapelate, la missione dei militari americani a terra è separata dal programma di bombardamenti della Cia. Ad aprile, secondo il Washington Post, il direttore dei servizi segreti, David Petraeus, ha chiesto e ottenuto il via libera da Obama per incrementare i bombardamenti con i droni e ha anche ottenuto un ampiamento delle regole di ingaggio, e quindi il permesso di colpire basandosi soltanto su comportamenti sospetti. In Yemen la Cia non si limita più a dare la caccia a una lista di bersagli importanti appartenenti ad al Qaida, ma lancia missili anche contro bersagli sconosciuti che si comportano “come fossero al Qaida”. I bombardamenti nel 2012 finora sono venti.
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