Riportiamo da FIAMMANIRENSTEIN.COM il discorso di Pierluigi Battista per il premio 'Friendship Award 2012'.
Pierluigi Battista, Lettera a un amico antisionista, ed. Rizzoli
Ho scritto questo libro, “Lettera a un amico antisionista”, perché sono stupefatto non solo dalla mancanza di informazioni basilari sullo Stato d’Israele, ma sulla disponibilità dell’opinione pubblica, anche “progressista”, ad accettare il cumulo di menzogne che con il tempo si è stratificato a proposito del “sionismo”.
Conosco molte brave persone che si commuovono per Schindler’s List, ma non hanno nessuna reazione quando Ahmadinejad convoca a Teheran l’internazionale dei nazi-negazionisti che delirano sulla “menzogna di Auschwitz”.
Conosco molte brave persone che si indignano se uno skinhead tatuato, con la testa rasata e vuota, grida sconcezze contro gli ebrei, ma non si indignano se a Durban, sotto l’egida dell’Onu, parte la caccia all’ebreo sionista.
Conosco molte brave persone che non direbbero una parola fuori posto su Marc Chagall, su Woody Allen o sui fratelli Marx, ma farneticano della “razza ebraica dominatrice” che vorrebbe opprimere per crudeltà le vittime palestinesi.
Conosco molte brave persone che non sanno niente. Che non vogliono sapere. Che ormai sono abituate, come automi conformisti che rispondono a impulsi culturali pavloviani, a rappresentare Israele come un ricettacolo di carnefici.
Quando ho cominciato questo libro ho pensato che qualche argomento razionale potesse contrastare un istinto antisionista che troppo di frequente nasconde un impulso antisemita. Erano i giorni della Flottilla che, foraggiata dai turchi, voleva forzare i confini ed entrare in modo ostile nelle acque territoriali israeliane per appoggiare i terroristi di Hamas che, come è noto, non riconoscono a Israele il diritto di esistere. Chi sosteneva quegli sciagurati neanche sapeva che in Turchia è reato persino nominare il massacro degli armeni del 1915-'16. Neanche sapeva che la Turchia trattava e tratta i curdi in forme oppressive e brutali: altro che le vittime palestinesi. Ho cercato di spiegare che si sbagliavano.
Ho scritto quel libro perché non sono ebreo. E perché per difendere il diritto fondamentale dello Stato di Israele ad esistere non occorre essere ebrei. La mia non è una logica di appartenenza, ma di pura ricostruzione di fatti negati e misconosciuti. Ai miei interlocutori che demonizzano Israele descrivendolo come uno Stato brutale che nega i diritti dei palestinesi, faccio sempre la stessa domanda: come mai non è nato uno Stato palestinese tra il ’48 e il ’67? E poi un’altra domanda: come sono stati trattati i profughi palestinesi dai fratelli arabi prima e dopo il ’67, dopo ma anche prima sottolineo? Conoscete gli orrori del “Settembre nero” in Giordania? Conoscete il ruolo della Siria nel massacro del campo di Tal el Zatar? Ma soprattutto: sapete che se i palestinesi avessero accettato il piano di spartizione dell’Onu, oggi avremmo due popoli e due Stati? Non c’era bisogno di tante guerre e tanto spargimento di sangue se gli arabi e i palestinesi avessero accettato il diritto degli ebrei ad avere uno Stato. Questo pochi lo sanno. Pochi lo vogliono sapere.
Conosco brave persone che pensano che Grass abbia ragione quando dice che Israele minaccia la pace e che Ahmadinejad è al massimo un “fanfarone”, un chiacchierone innocuo, come un ubriaco al bar. Non vogliono capire che l’Iran vuole la bomba atomica per annientare Israele, solo per annientare Israele. Si può essere d’accordo o in disaccordo con la politica dei governi israeliani: questa è la democrazia, conosciuta nell’Occidente liberal-democratico e in Israele, unica democrazia del Medio Oriente. Ma non si può negare il dato di fatto che l’Iran sta lavorando alacremente per dotarsi di una bomba atomica come arma finale per cancellare la presenza degli ebrei e del loro Stato. Se Grass lo sostiene, è intellettualmente disonesto. Chi è d’accordo con lui o è un ignorante, oppure è in malafede. Possiamo litigare su tutto, ma no sui fatti reali e inoppugnabili. L’obiettivo dell’Iran è esplicito, dichiarato, apertamente rivendicato. Altro che fanfaronate.
Non credo che un libro possa fermare il pregiudizio, Ma bisogna insistere. E chiedo agli amici di Israele sparsi nel mondo di non cedere alla rassegnazione. Si tratta di una battaglia giusta. Di una battaglia civile. Di una battaglia per il riconoscimento di un diritto fondamentale. Ho voluto che nella quarta di copertina del mio libro campeggiasse una frase tratta da un’altra lettera, stavolta molto più autorevole, a un “amico antisionista”. E’ stata scritta da Martin Luther King, un gigante nella battaglia per i diritti umani e contro ogni discriminazione di razza, di religione, di sesso. La frase dice: “Lascia che le mie parole echeggino nel profondo della tua anima: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei”. Non c’è altro da aggiungere.
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