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Informazione Corretta Rassegna Stampa
16.05.2012 Che cos'è successo alla reputazione di Israele?
analisi di Michael Oren, ambasciatore israeliano in Usa

Testata: Informazione Corretta
Data: 16 maggio 2012
Pagina: 1
Autore: Michael Oren
Titolo: «Che cos'è successo alla reputazione di Israele?»

Che cos'è successo alla reputazione di Israele?
Analisi dell'ambasciatore Michael Oren
(Traduzione di Giovanni Quer)


Michael Oren, delegittimazione di Israele

In occasione del 64° anniversario della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, l'ambasciatore israeliano in America, Michael Oren, ha pubblicato il 14 maggio sul Wall Street Journal un editoriale in cui analizza il deterioramento della percezione di Israele negli ultimi quarant'anni:

http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304203604577398062563880178.html?mod=WSJ_Opinion_LEFTTopOpinion

Ecco l'articolo di Michael Oren:

Quest'anno Israele sta celebrando (...) una serie di successi che avrebbero sorpreso anche i suoi fondatori più visionari. Israele è una delle piccole nazioni più potenti nella storia (...). Ha fatto fiorire un'aridità selvaggia e ha accolto 1,25 milioni di immigrati (...). Gli israeliani hanno combattuto, lottato, si sono sacrificati per superare la più grande delle sfide: creare una società nuova (...) in cui l'orgoglio e la fiducia hanno preso il posto della disperazione generata da secoli di sofferenze e persecuzioni.

Con queste parole la rivista Life descriveva Israele in occasione del suo 25° anniversario, nel maggio del 1973. Con uno speciale di 92 pagine, intitolato "Lo spirito di Israele", la rivista aveva usato parole di lode per lo stato ebraico, descritto come illuminato, democratico, e come "una terra di glorioso successo" che ha osato "sognare e fare del sogno realtà".

Le pagine di Life hanno raccontato la storia della nascita di Israele dalla Bibbia alla Shoah, descrivendo la lotta per l'indipendenza. "Le minacce sanguinarie degli arabi", scriveva l'autore, "mettono a serio repentaglio la storica promessa: Mai Più!". Quattro pagine sono state dedicate agli "attacchi terroristici degli arabi" e i tre paragrafi dedicati alla West Bank lodavano l'amministrazione israeliana per il "rispetto dimostrato verso i leader arabi" e per "l'assunzione di decine di migliaia di arabi". La parola "palestinese" è stata utilizzata di rado.

Una descrizione panoramica di Gerusalemme descriveva la città come "il punto focale delle preghiere ebraiche per 2.000 anni" così come il nucleo dei nuovi quartieri ebraici. La rivista sottolineava la situazione dei confini prima del 1967, quando Israele era "un piccolo e desertico appiglio ben poco difendibile". La foto di copertina mostra un padre israeliano che abbraccia la figlia sullo sfondo di un insediamento appena nato, a dimostrazione del diritto di Israele alla terra.

Una qualsiasi rivista di ampia tiratura descriverebbe oggi lo stato ebraico con le stesse parole? Improbabile. Piuttosto potrebbe darsi che i lettori apprendano della superpotenza militare di Israele, della condotta brutale durante i combattimenti e dell'erosione dei valori democratici, oltre che leggere della difficile situazione in cui versano i palestinesi e dell'intransigenza israeliana. I fotografi mostrerebbero non studenti moderni e artisti all'ultima moda, bensì soldati ai check-point e religiosi radicali.

Perché l'immagine di Israele è deteriorata? Dopo tutto, Israele è oggi più democratico e ancor più impegnato per la pace nonostante le minacce che deve affrontare.

Alcuni sostengono che Israele sia oggi una potenza mediorientale che minaccia i propri vicini, mentre l'immigrazione di conservatori e immigrati ha spinto Israele a destra, convinti che le politiche di Israele riguardo ai territori contesi dal 1967, al processo di pace e agli insediamenti siano le più dannose.

Israele può esser considerato il Golia rispetto ai palestinesi, ma nel contesto regionale Israele è un David. A Gaza ci sono 10.000 missili, molti dei quali possono colpire Tel Aviv, mentre Hezbollah in Libano ha 50,000 missili che possono colpire tutto il territorio israeliano. In tutto il Medio Oriente ci sono Paesi in subbuglio con immensi arsenali. L'Iran sta sviluppando armi nucleari mentre promette di cancellare Israele dalla mappa. Israele rimane l'unico stato al mondo sotto minaccia di annientamento.

In Libano, in Cisgiordania e a Gaza, Israele ha agito in autodifesa dopo aver subito il lancio di migliaia di missili e gli attacchi dei terroristi suicidi contro i nostri civili. Pochi Paesi hanno combattuto per motivi più giusti, pochi Paesi hanno dimostrato più contenimento nei combattimenti e nessun altro stato ha riportato una proporzione civile-militante più bassa. Israele si è ritirata dal Libano e da Gaza per perseguire la pace e ha ricevuto in cambio guerra.

Gli israeliani ne 1973 vedevano la creazione di uno stato palestinse come una minaccia mortale, mentre ora è la politica ufficiale del governo israeliano. Una volta erano uomini ebrei di origini europee a dominare in Israele, mentre ora sono sefarditi, arabi e donne i membri più importanti della società israeliana. Israele è un Paese dove tre giudici della Corte Suprema, di cui due donne e un arabo, hanno condannato il presidente dello Stato per reati sessuali. È l'unico stato del Medio Oriente con una popolazione cristiana che cresce. Anche a fronte del continuo stato di emergenza, Israele non ha mai conosciuto un istante di governo non democratico.

Nel 1967, Israele aveva offerto di scambiare i territori occupati durante la Guerra dei Sei Giorni in cambio di trattati di pace con Egitto e Siria. Gli stati arabi hanno rifiutato. Israele evacuò poco dopo il Sinai, un'area grande 3,5 volte la sua intera estensione, in cambio di pace con l'Egitto e ha concesso terre e fonti d'acqua in cambio di pace con la Giordania.

Nel 1993 , Israele ha riconosciuto il popolo palestinese, che la rivista Life aveva ignorato assieme all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che perpetrava quegli "attacchi terroristici". Israele ha facilitato la creazione dell'Autorità Palestinese in Cisgiordania e a Gaza armandone le forze di sicurezza. Nel 2000 e nel 2008 Israele ha offerto ai palestinesi uno stato a Gaza, quasi l'intera Cisgiordania e Gerusalemme Est. In entrambi i casi i palestinesi hanno rifiutato. Ciononostante, e nonostante il sostegno dell'Autorità Nazionale Palestinese al terrorismo, la stragrande maggioranza degli israeliani è a favore della soluzione di due stati.

Israele ha costruito colonie (alcune prima del 1973), evacuandone alcune per avanzare la pace, compresi 7,000 coloni per arrivare alla pace con l'Egitto. I palestinesi hanno rifiutato la pace con Israele non a causa degli insediamenti, la maggior parte dei quali sarebbe rimasta comunque in Israele e che ammonta al 2% della Cisgiordania, ma a causa del fatto che non riconoscono lo Stato ebraico. Quando Israele ha evacuato gli insediamenti da Gaza, compresi i 9,000 residenti, il risultato è stato un'ondata di terrorismo organizzata da Hamas, un'organizzazione votata a uccidere ebrei in tutto il mondo.

Ciononostante Israele ha trasferito ampi territori all'Autorità Palestinese e molte competenze di sicurezza alla polizia palestinese. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rimosso centinaia di checkpoints, alleggerito il blocco di Gaza e si è unito all'invito del Presidente Obama a riprendere i negoziati diretti senza precondizioni. Netanyahu ha dichiarato, parlando al Congresso, che la nascita di un stato palestinese lascerà alcuni insediamenti oltre i confini israeliani e che "con creatività e buona volontà si può trovare una soluzione" per Gerusalemme.

Considerato tutto ciò, perché espressioni anti-israeliane erano prima relegate a gruppi di odio e ora sono invece diventate linguaggio come dei media? Come si possono spiegare affermazioni secondo cui un'insidiosa "lobby israeliana" compra voti al Congresso o secondo cui Israele opprimerebbe i cristiani? Perché il record israeliano nella tutela dei gay è liquidato come il mascheramento di altre discriminazioni?

La risposta sta in una sistematica delegittimazione dello stato ebraico. Fallita la via militare i nemici di Israele si sono allineati in una tattica ancor più minacciosa che impedisce a Israele non solo mi difendersi ma anche di giustificare la propria esistenza.

È incominciata con il discorso del presidente dell'OLP, Yasser Arafat, nel 1974 all'ONU, quando ha ricevuto gli applausi per aver paragonato il sionismo al razzismo, paragone divenuto parte di una risoluzione dell'Assemblea Generale l'anno successivo. Ha acquisito credibilità nei campus universitari con i corsi anti-israeliani e con le "Israel Apartheid Weeks" ( settimane di manifestazioni contro l'apartheid israeliano). Si è ingigantita con i boicottaggi accademici, culturali e economici contro i professori, gli artisti, gli atleti e i prodotti israeliani. Si è riproposta col lavoro dei giornalisti che pubblicavano foto falsificate e false testimonianze palestinesi su presunti massacri israeliani.

Israele deve affrontare i gravi pericoli della delegittimazione così come in passato ha affrontato eserciti e terroristi. Oltre a celebrare la nostra tecnologia, l'innovazione scientifica e l'avanguardia in medicina, dobbiamo anche attenerci ai fatti del nostro passato. Lo "spirito di Israele" non si è affievolito dal 1973, al contrario, è fiorito. Lo stato della Vita, prima esaltato, vive oggi ancora più intensamente.

Michael Oren è l'ambasciatore israeliano in Usa


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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