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La Stampa Rassegna Stampa
15.05.2012 Siria, Assad non interromperà la repressione
Bassma Kodmani intervistata da Ludina Barzini

Testata: La Stampa
Data: 15 maggio 2012
Pagina: 17
Autore: Ludina Barzini
Titolo: «Assad non lascerà mai. Teme soltanto la forza»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 15/05/2012, a pag. 17, l'intervista di Ludina Barzini a Bassma Kodmani, membro del consiglio nazionale siriano, dal titolo "Assad non lascerà mai. Teme soltanto la forza".


Bassma Kodmani                      Bashar al Assad

Bassma Kodmani, 54 anni, vive a Parigi dove dirige il centro Arab reform initiative ed è membro fondatore e nell’esecutivo del Consiglio nazionale siriano nato l’1 settembre 2011 collegato con una folta rappresentanza di persone sul territorio. «Siamo nati per portare fuori la voce della rivoluzione e per mandare aiuti umanitari alla popolazione in difficoltà perché non si senta abbandonata».”

Chi sono i responsabili delle azioni terroristiche di questi giorni?

«Il regime ha forti ragioni per organizzare simili attacchi perché vuole creare un deterrente contro possibili interventi internazionali. Gli osservatori sono una fonte di minaccia per il regime e di speranza per gli oppositori. È ragionevole pensare che il regime vuole creare il maggior numero di pericoli e ostacoli per questa nuova missione delle Nazioni Unite così com’era successo per gli osservatori della Lega araba. Sui luoghi degli attentati c’erano i cadaveri di prigionieri politici di cui conosciamo l’identità. Alcuni prigionieri vengono portati sul luogo dell’attentato vivi, altri morti, per disfarsi dei corpi di quelli uccisi in carcere. Il regime sostiene che sono vittime innocenti dei terroristi dell’opposizione. Quando troviamo questi cadaveri allora sappiamo che non è stata l’opposizione a organizzare questi atti terroristici. È opera di qualcun altro».

Si dice che Al Qaeda è responsabile per alcuni atti di terrorismo, perché le tecniche sono simili, è così?

«Quando ci sono gruppi che cercano disperatamente armi e munizioni come mezzi per sopravvivere e si sentono abbandonati, allora forse possono essere sensibili a coloro che cercano di infiltrarsi. Ma sospettiamo che il regime incoraggi questa gente, per confondere le carte e dire che ci sono terroristi dappertutto e giustificare il loro modo di governare. È un gioco pericoloso».

È difficile pensare che il presidente Bashar Assad sia la sola mente dietro a questi atti criminali, ci devono essere dei complici. Come suo fratello, il generale Maher al-Assad. E gli altri chi sono?

«Quando parliamo del regime di Assad intendiamo il regime delle famiglie Assad-Makhlouf. È una combinazione importante perché i Makhlouf (famiglia della madre di Bashar) sono molto potenti sia sul piano del controllo dei servizi di sicurezza sia su quello degli affari. Dopo la morte del padre, il regime di Bashar al-Assad si è consolidato attraverso un’implicita trattativa, poiché il neo presidente non è il fondatore del sistema di sicurezza, né della rete di alta finanza mafiosa, e ha dovuto scendere a patti. L’apparato dei sistemi di sicurezza è andato sotto il controllo dello zio Mohammed Makhlouf, dei cugini e del fratello. I cugini: Rami è a capo di un impero finanziario e Hafez Makhlouf è il vice capo dei servizi dell’Intelligence, il cui comandato è nelle mani di Ali Mamlouk».

Al presidente Assad che ruolo è rimasto?

«Questi accordi hanno poi permesso a Bashar di governare cercando di mettere una faccia civile sul regime, spendendo miliardi in pubbliche relazioni, esperti di comunicazioni, consiglieri. È un uomo debole e il suo entourage lo ha convinto che deve lasciar fare a loro. Sembra distaccato dalla realtà e ha una consolidata reputazione di bugiardo. Mente a tutti. Molti leader hanno sperimentato le sue bugie come, per esempio, quando dice che introdurrà le riforme economiche, che ha un progetto per le elezioni municipali oppure che riformerà la Costituzione. Non ha nessuna intenzione di cambiare lo status quo. Penso che ci sia qualcosa di patologico nel presidente. E che quelle menzogne siano un mezzo per perpetuare i crimini. È un criminale. Leggendo le e-mail fra lui, una donna e sua moglie sembra proprio che vivano in una specie di bolla. Mi si dice che i documenti scritti per lui sono vaghi e neutrali, così può continuare a credere che le cose vanno bene e che le crisi possono essere superate».

Che cosa vede nel futuro della Siria?

«Giudicando da quello che dicono persone vicine al regime il messaggio è: “Quelle persone non andranno mai via, se non con l’uso della forza”. Ciò è preoccupante, perché la comunità internazionale non intende intervenire con la forza. Per ora la Corte internazionale di giustizia dell’Aja non è ancora stata chiamata in causa, anche se è pronta ad agire perché in possesso di tutti i documenti e i fascicoli completi con le prove dei crimini. Il Consiglio nazionale siriano pensa che la procedura presso la Corte dovrebbe essere avviata, perché da quel momento in poi diventa impossibile per gli uomini del regime nascondersi o ottenere salvacondotti. Hanno ucciso circa 12mila persone. Abbiamo i nomi».

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